martedì 28 dicembre 2021

"Sembrava bellezza" di Teresa Ciabatti

"Questa è una storia di scomparsi, di giovinezze spezzate - in un modo e in un altro. E in queste giovinezze rientriamo tutti."

A dispetto di un'adolescente difficile, vissuta all'ombra dell'amica più cara, Federica, una scrittrice di successo ritorna ad abitare luoghi e persone della giovinezza. Non è una scelta ma quasi un obbligo morale prendersi carico anche di Livia, la sorella maggiore di Federica, vittima di un incidente domestico, la caduta da un terrazzino di casa. Nei ricordi l'istantanea di una bellezza perfetta, nella realtà una fragilità mentale che la blocca ad un'età acerba, a ricordi che si mescolano a realtà artefatte. Per la protagonista un tempo sfalsato che agita il suo essere, sempre in bilico tra senso di inadeguatezza e voglia di riscatto, gesti di bontà a omissioni, piccole cattiverie mosse da una rabbia antica, ritrosie e trasgressioni, in un tentativo nemmeno poi così inconscio di punirsi. 

"Sembrava bellezza" è un libro dolente e doloroso, che dal particolare, dal vissuto della protagonista -alter ego della scrittrice- arriva all'universale, a tutti i lettori, a quel dolore comune che appartiene ad ognuna delle nostre vite, alle fantasie represse dell'adolescenza, ai sogni infranti, ai silenzi colpevoli o conniventi, alle invidie, alle frustrazioni, alle aspettative disattese, alle cattiverie subite e inflitte.

La Ciabatti parla alle nostre coscienze, agli anni passati e perduti, ai successi adulti che non compenseranno mai le mancanze dei compagni di vita dell'adolescenza, dove, come con la bella Livia, sembrava bellezza e invece era fragilità, dolore, disperato bisogno di aiuto. Un libro che pure in mezzo a tanta inadeguatezza, rabbia, dolore, eccessivo indugiare sul bisogno di espiare colpe, riluce della possibilità di perdonarsi, riscattare i rapporti, ricucire legami importanti: madre-figlia, amiche.

Una narrazione, quella della Ciabatti, che scava nelle vite dolenti senza filtri. E arriva dritta al lettore senza fare sconti.

domenica 12 dicembre 2021

"Vita mortale e immortale della bambina milanese" di Domenico Starnone

Mimì è un bambino. Ha fantasia, l'ardimento degli piccoli eroi, la trasognata idea di mille avventure da vivere nel cortile sotto casa per impressionare la bambina che abita nel palazzo dirimpetto. La vede ballare, fare piroette, sporgersi dal balcone. La sente parlare in italiano, lui che indossa il dialetto come l'abito di tutti i giorni, complice la nonna che amorevole fin quasi soffocante si occupa di lui e della famiglia. Il suo amico Lello, chiama la bambina: la milanese. Per lei, un suo sguardo, una parola, il suo amore Mimì è pronto a tutto, a duellare con Lello che scalpita per portargliela via. Piccole schermaglie tra bambini, eppure Mimì prende tutto sul serio. Fino al tragico epilogo che incastonerà la bambina milanese nei ricordi di una vita, tornando a chiederne conto più e più volte per riacquistare concretezza, per mischiarsi all'amore viscerale, durevole, della vecchia nonna, punto fermo dall'infanzia alla giovinezza di Mimì, che saprà raccontarle dell'amore devoto per il marito perso in giovane età, del mondo dei morti che reclamano attenzione, di un dialetto -il napoletano- che si fa lingua animata, accorata, densa. E fa da viatico alla vita vera, saluta gli inciampi della giovinezza, le disillusioni d'amore, antiche e nuove, fugge i lutti.

"Ho imparato da un pezzo che persino le persone che ci vogliono bene fanno fatica a ricacciare indietro se stesse per lasciare spazio alle nostre smanie di centralità".

Eros e thanatos nell'ultimo libro di Starnone, che affonda nella lingua madre del dialetto per colorare il bianco e nero dei ricordi ed emozionare con l'"io bambino" a cui dà voce con struggente tenerezza, lasciando che sia l'amore a colmare i vuoti del tempo perduto.

venerdì 10 dicembre 2021

"La vita è un romanzo" di Guillaume Musso

Flora Conway non si dà pace. Giocava a nascondino con la figlia di tre anni, Carrie, in casa quando la piccola è scomparsa.

Nessuna effrazione, nessuna traccia che lasciasse pensare ad un rapimento. Nessuna presenza rilevata dalle telecamere di sorveglianza. Nulla. Come ne 'I delitti della rue Morgue' di Poe i detective devono capire cosa sia accaduto nell'appartamento del vecchio edificio di New York riadattato ad ospitare appartamenti di lusso. Oppure interrogarsi sulla Conway, scrittrice di successo estremamente riservata. Eppure a distanza di mesi la scomparsa della piccola sembra ancora avvolta nel mistero. L'unico ad avere percezione del dramma della Conway sembra essere un altro romanziere, Romain Ozorski. A Parigi, si strugge per la fine del matrimonio e la perdita del figlio, Theo, affidato alla madre. Sull'orlo della disperazione Romain si affida alla scrittura, ai suoi personaggi ed è allora, che Flora prende vita nella sua storia. Ma..

Chi scrive la storia di chi? Romain è il creatore di Flora o il contrario? E cosa è davvero accaduto alla piccola Carrie? È mai davvero esistita, come Flora? Eppure esistono suoi libri, editi e di successo. E Romain.. Romain ha rinunciato alla scrittura ma ha ritrovato Theo.

Se 'la vita è un romanzo' è anche vero che i romanzieri "interrano sassolini e piantono semi per pianificare, a distanza di anni, capovolgimenti di situazioni che interessano la tua stessa vita, e che t'investono nel momento in cui meno te l'aspetti". Così Romain rivela il mistero di Flora, Carrie e della scrittura. Della straordinaria, necessaria volontà di uno scrittore di inventare storie, farne mescita con la realtà, innervare vite, lasciarsene vincere, riempire, sommergere.

Fare il pieno di sentimenti, gioie, dolori, amori, rinunce, tradimenti, sconfitte e riscatti e trovarli su una pagina scritta, impastati di inchiostro e lacrime.

La storia di Musso è talmente ben congeniata da risultare un giallo perfetto, con l'aggiunta di un'autenticità narrativa e un microcosmo di personaggi e piccoli svelamenti di tecniche di scrittura da ingolosire i lettori. È al tempo stesso un romanzo appassionato, di sentimenti, che dosa sorprese sino all'ultima pagina.

"È una mia risorsa, forse il mio unico talento, in ogni caso ciò che so fare meglio degli altri: captare nelle persone quello che esse stesse ignorano".

mercoledì 17 novembre 2021

"Piccoli piaceri" di Clare Chambers

"Egregio direttore, posso affermare che mia figlia, che oggi ha dieci anni, sia nata senza che nessuno uomo fosse coinvolto".

Londra, 1957. In città si avvertono ancora i disagi della guerra eppure un giornale locale cerca di essere al passo con i tempi raccontando di nuovi studi scientifici come la partogenesi, secondo cui i maschi non servirebbero più per la riproduzione.

La signora Gretchen Tilbury sembra asserire che sia verità esponendosi al punto da rendere pubblica la sua storia. Sua figlia, Margaret è stata concepita quando era vergine, in un tempo in cui, gravemente malata, era ricoverata in clinica, costretta a letto, vegliata costantemente da suore e infermiere. Incaricata dal direttore di approfondire la storia della Tilbury, è Jean Swinney, giornalista quarantenne, dalla vita monotona illuminata da piccoli piaceri quotidiani, una passeggiata, una piacevole lettura, un dolce. Tutto per spezzare una vita in cui l'amore è una illusione amara, e quel che resta della famiglia è un impegno reso a volte gravoso dall'egoismo dell'età. La famiglia in apparenza perfetta della Tilbury diventa presto più che lavoro per Jean, al punto da esserne affascinata, risucchiata perché rappresenta il sogno ricercato, negato. Eppure Jane non può disattendere il suo incarico, scoprire la verità su Gretchen. Possibile davvero che la piccola Margaret sia nata per partogenesi? Cosa è davvero accaduto nella clinica che ospitava Gretchen? Cosa ricordano le pazienti della clinica? E chi è davvero Gretchen? Così perfetta da sembrare irreale? E quanta devozione nel marito Howard, un uomo gentile e premuroso, che sembra spezzare i dubbi di Jane sulla possibilità di essere felici ancora.

In un tempo spezzato da rimorsi, ricordi smarriti, nuovi inizi, coincidenze scorre una storia di un'intensità emotiva che spiazza per la veridicità dei suoi personaggi, su tutti Jane. 

La narrazione della Chambers evoca suggestioni di una società ancora condizionata da pregiudizi in un tempo scandito dagli sguardi indagatori della gente, dove le legittime aspirazioni di una donna devono essere soffocate.

L'espediente narrativo della Chambers, ispirato da un fatto di cronaca, è occasione per descrivere la Londra del dopoguerra, la condizione femminile, la società tutta. Intanto nello straordinario caso di Gretchen tutto si rivela un terribile inganno del destino.

Un romanzo appassionato.


lunedì 1 novembre 2021

"Non dimenticarlo mai" di Federica Bosco

"Non dimenticarlo mai".

Qualcuno dovrebbe ripeterlo a Giulia, ogni giorno, non solo quello del suo quarantanovesimo compleanno, quando l'oppressione del tempo che passa, le occasioni mancate scottano più del caffè bollente che beve. Non dimenticare mai quello che siamo, quello che valiamo, meritiamo.

Giulia non lo sa. A dispetto di una carriera da giornalista di costume di successo, e un gruppo di amici e parenti più o meno presente, tutto viene meno a fronte del bisogno improvviso, improcrastinabile, irrinunciabile... di essere madre. Lei che non ha mai voluto figli e che ha avuto una madre terribile, assente, egoista e a tratti crudele, Teresa, desidera la maternità come primo punto fermo della sua vita. Nel percorso dolorosissimo che porterà alla gravidanza, fatto di visite mediche, controlli clinici, cure ormonali, app per monitorare la fertilità, consulti e supporto psicologico, Giulia avrà modo di scoprire se stessa. Un viaggio lunghissimo e periglioso di analisi, che la porterà a capire quanta poca fiducia in se stessa ha spinto a farle accettare soprusi, tradimenti -del compagno e di quelle che credeva essere le sue amiche- rinunce, cattiverie. A comprendere le necessità, le problematiche degli altri, e mai le sue. Giulia si è sempre sabotata, carente dell'amore della madre, e di un padre che ha costruito altrove la sua famiglia buono al punto da necessitare di protezione dagli eventi della vita. Giulia si è emancipata presto, ha trovato nell'indipendenza economica e professionale, la chiave di fuga da un'infanzia negata e una famiglia assente, dove tutto è stato possibile grazie all'amore della nonna Nora.

Giulia ha retto finché la priorità di proteggere il figlio che aspetta non le ha messo di fronte la verità: la falsità delle amiche, le bugie patologiche del compagno, la cattiveria della madre. E l'amore incondizionato di altre: il giovane fratello malato, la cognata, la direttrice della rivista per cui lavorava, alcune inattese, come Aurelio e Arianna, conosciuti nel percorso per diventare madre e la psicologa che l'aveva spinta a prendere consapevolezza dei dolori passati per scoprirsi la persona che vuole essere, sicura dei propri bisogni, degli obiettivi, dei no da pronunciare, della felicità di ogni giorno, piccoli gesti, sorrisi, convivialità con chi ci è accanto senza chiedere nulla in cambio.

Giulia perderà tutto, per ritrovare se stessa, per non dimenticare mai, finalmente, che bisogna amare se stessi prima di tutto, che si è davvero infinito, meraviglia, epifania, sempre, ogni giorno, e nessuno può convincerci del contrario.

"Mi ci vollero due anni per attraversare l'inferno. Un minuto alla volta, un giorno alla volta".

C'è un tempo per ognuno di noi di stop forzato, un momento nella nostra vita che ci costringe a fare i conti con noi stessi, quello che desideravamo e quello che è stato. Non si è clementi con i propri errori, si è impietosi anzi e il senso di colpa dilaga fino a travolgerci. Ma capita anche che dopo tutto il dolore si riesca con estrema difficoltà a trovare il modo di perdonare, perdonarsi e accettare quello che può regalare serenità, una consapevolezza nuova che fa di noi persone finalmente in grado di rifuggire da relazioni tossiche che minano l'autostima. La Boschi ha raccontato con una veridicità e un dolore sotteso una storia che è specchio di tante fragilità, comune a molte donne. Il percorso per la ricerca della maternità è un abbraccio carico di pietas e la narrazione dell'amore delle coppie nel romanzo ne sfiora tutte le sfaccettature con attenzione.

Impossibile non empatizzare con la protagonista e trattenere le lacrime.

lunedì 25 ottobre 2021

"Il lettore sul lettino" di Guido Vitiello

"Il lettore sul lettino" di Guido Vitiello, è un libro delizioso. Il lettore ne centellina la lettura. È il libro che studia il lettore, allude, illude sornione, lo osserva da ogni pagina, da ogni parola. Ne è riflesso, espressione, anima, coscienza. È il racconto vivace di tutte le sue manie, vizi, virtù. Non lesina niente l'autore e il lettore, imbarazzato, finisce per ammettere ogni sua colpa. È di lui che parla, proprio di lui. Perché lui compra ossessivamente libri anche quando ce ne sono decine nella sua libreria da leggere ancora, certo che il tempo sia dalla sua parte. Compra diverse copie dello stesso libro. Non presta libri, sottolinea, si immedesima con i personaggi e come un camaleonte diventa esso stesso 'il personaggio', si isola dal mondo quando legge, gode annusando la carta, legge un libro alla volta o più contemporaneamente, fatica ad ammettere di non aver letto i classici o è pronto a tutto per accaparrarsi una prima edizione. 

Leggere ha regole ferree e al tempo stesso deroghe strambe, tutto è permesso. 

Zeppo di aneddoti, citazioni, rimandi letterari il libro di Vitiello è un prontuario terapeutico per lettori forsennati.

Un petit divertissement che incanta.

sabato 9 ottobre 2021

"Voglia di tenerezza" di Larry McMurtry

Houston, Texas, primi anni '60.

Aurora ed Emma sono madre e figlia. Aurora è una vedova di quasi cinquant'anni, seducente, sfrontata, bizzosa, irritante, con uno stuolo di pretendenti da tenere a bada, tra una colazione e una cena, un'aria d'opera e mazzi di fiori di ammiratori. Adora la sua bella casa, il Renoir appeso in camera, il giardino che ama guardare rincantucciata in un angolo con una tazza di tè mentre Rosy, la donna di servizio, rassetta casa e racconta dei tradimenti del marito. Di contro Emma, sua figlia, poco più che ventenne, scialba, un marito docente di letteratura che sembra aver già perso interesse per lei, un figlio in arrivo, accartocciata sui rimpianti. Unica certezza, il rapporto totalizzante con la madre. Un rapporto estremamente aperto, confidenziale, duro, eccessivo - Aurora non risparmia critiche aspre, rimproveri alla figlia - ma si percepisce un sotteso di amore, compassione, complicità che fa da collante in ogni situazione fino a quando si scioglierà in cura e profonda tenerezza nei momenti di bisogno e difficoltà.

Le figure femminili torreggiano nel libro di McMurtry. Aurora su tutte. Non è un caso, che ad esempio i pretendenti di Aurora siano caratterizzazioni più che personaggi, ognuno bloccato, asservito al suo fascino, alle sue stravaganze. E gli altri, il marito di Emma, sia un pavido che lascia correre la sua vita sui binari della piatta convenzione sociale. 

'Voglia di tenerezza' entra a pieno titolo nei classici contemporanei della letteratura americana per la vivacità della storia, l'attenzione a tutti i personaggi -meriterebbe un racconto a parte la storia di Rosy più che donna di servizio, amica e confidente di Aurora e seconda madre per Emma- la sferzante ironia   e proprietà di linguaggio della protagonista, Aurora, il travolgente dipanarsi di una storia affastellata di personaggi, che non cede mai il ritmo e si inchioda a fronte della forza dirompente di una donna, capace di restare in piedi in ogni frangente, anche quello più drammatico per una madre.

McMurtry è un maestro nel dare carattere ai personaggi, nel mascherare sentimenti dietro una battuta cinica, per rivelare alfine di quanta tenerezza possa celarsi nel più narcisista e dispotico di noi.

sabato 28 agosto 2021

"La vita anteriore" di Mirko Sabatino

'La vita anteriore' di Mirko Sabatino è un romanzo folgorante. È il romanzo italiano che mancava da tempo. Di più, un grande romanzo. Lo è per la trama, lo è per i personaggi. Lo è per l'attenzione speciale all'uso delle parole. E su tutto, il protagonista, Ettore, che irrompe nella vita della famiglia di Ottavio Maggio con l'irruenza di un bimbo inatteso che spariglia le carte, i piani di un capofamiglia abituato a gestire le sue donne: la moglie, le tre figlie femmine, le sorelle. Il nipote è il figlio maschio tanto desiderato, e pazienza che il padre non abbia nemmeno voluto vederlo, che sua figlia è una ragazza madre, Ettore è il suo orgoglio, il mondo, la ragione per rischiare l'investimento di una vita per aprire il più bel bar del paese, spaccarsi la schiena ogni mattina, ripagare i debiti fino al giorno in cui il destino spariglierà di nuovo le carte, lasciando Ettore solo, sopravvissuto ad un incidente assieme ad un altro bambino, Bruno con cui condividerà tutto, il dolore della perdita, i giorni di scuola, i silenzi, fino all'incontro con la coetanea Irene. Insieme saranno forza e debolezza, saranno l'uno il sostegno dell'altro, sapranno capire quando partire, quando restare, come contenere i tormenti di Bruno, i sacrifici di Irene per la sua famiglia, la necessità di libertà di Ettore. Vivranno spazi altri dal piccolo mondo antico del paese, per tornare quando tutto il mondo è lì dove sono le persone amate. Ettore cercherà il padre perduto ovunque, sopravviverà nell'unico modo possibile alle perdite devastanti della sua vita: scrivendo, raccontando, lasciandosi andare al prima, ad un ritorno su sé stesso che gli regala l'abbraccio paterno e forse l'unica donna mai davvero amata. La vita anteriore è lì, sul volto rugoso di un centenario che abita uno spazio sognato e racconta una storia di coincidenze sfuggita alle pagine di un romanzo che è la 'vita'.

sabato 14 agosto 2021

"È così che ci appartiene il mondo" di V. Callieri e 'Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo" di N.M. Aidt

Due libri di poche decine di pagine, eppure dense, pregne di sentimento, avide di attenzioni, ispiratrici di riflessioni. Se Callieri ci riporta indietro di vent'anni raccontando quei giorni terribili del G8 di Genova e l'orrore di Bolzaneto, raccontando di una umanità negata, la Aidt scava nel dolore più intimo, la perdita di un figlio, per descrivere con le parole che mancano, il respiro che si mozza, il dolore che si materializza e gela il sangue, quanto di più assurdo possa una madre sopportare, sopravvivere al figlio e trovare il modo di restituire in qualche modo il bene che animava l'amato perduto.

Callieri evita giudizi sui fatti di Bolzaneto, ricorda, cerca di capire, di fotografare un tempo, le intenzioni delle anime dei cortei di protesta, il suo è lo sguardo di un ragazzo imprigionato dal male del suo simile. La Aidt merita un'attenzione infinita, il suo è una raccolta di pensieri, anche frasi spezzate.. letteralmente spezzate dal dolore, ricordi, annotazioni sul lutto di scrittori del passato alle prese con la morte di un familiare, poesie, brevi frasi dei diari del figlio, e il racconto, un flashback preso e ripreso della sera del terribile incidente e dei giorni seguenti. Un pugno allo stomaco per chi legge ma anche la commovente presa di coscienza di una madre all'idea che non avrà più il figlio accanto, la famiglia, gli amici tutti che si fanno sostegno, comunità, continuità spirituale con i sentimenti del caro perduto e poi la strada per riprendere a sopravvivere prima, vivere poi, conservando la presenza di chi ci ha lasciato, il suo insegnamento, regalandolo, condividendolo con il mondo tutto.

E la Aidt regala parole preziose: "restituire ciò che i morti ci hanno dato quando erano vivi. Che l'essere dei morti, per così dire, può ancora trovare posto nella vita, che l'amore che ci hanno dato può essere ancora donato. Qui risiede una speranza. La speranza che ciò che mi hai dato crescerà in altri, se sarò in grado di condividerlo. Che il mio amore sia reso più forte e divenga più intenso, perché ora deve contenere il tuo. Il dolore non deve distruggerlo".

sabato 7 agosto 2021

"Quel che si vede da qui' di Mariana Leky


Una piccola comunità in Germania dove tutti si conoscono e si prendono, a loro modo, cura l'uno dell'altro. E pazienza alle stramberie di ognuno. Sono un collante per resistere a tutto, o quasi. Selma, sembra avere un che di terribile e straordinario insieme, quando sogna un okapi nel giro di ventiquattro ore muore qualcuno. Tutti lo sanno, tutti lo temono. A partire dalla nipotina Louise, di cui Selma si prende cura da quando il figlio è sempre in viaggio e la nuora tutta presa dal lavoro. L'ottico, il bottegaio, Elsbeth, Marlies che non esce mai di casa, il terribile Palm, l'adorato Martin sono il quotidiano di Louise, ma come in una fiaba d'altri tempi l'impossibile irrompe nella comunità, il sogno premonitore di Selma ghermisce una vita innocente lasciando tutti smarriti, traumatizzati. Solo il tempo rimarginerà le ferite, i gesti quotidiani verranno ripetuti, gli amori taciuti, i segreti nascosti, i folli compresi, gli addolorati abbracciati. Louise crescerà e avrà timore di allontanarsi dalla sua gente, paralizzata nel suo dolore, aggrappata al suo vecchio cane Alaska fino a che l'amore, inatteso busserà alla sua porta, irreale, irraggiungibile, impossibile. Frederik è bellissimo, gentile ma  indossa le vesti di un monaco buddista.

E in Luoise giorno dopo giorno, anno dopo anno partirà una trasformazione, una rivoluzione gentile che la porterà a farsi protagonista della sua vita, decisa a lasciarsi inondare dalla felicità, con l'accettazione delle perdite inevitabili, forte delle amicizie, ma pronta a spiccare il volo, per guardare da un altrove 'quel che si vede da qui'.

Il libro della Leky è uno scrigno di emozioni. Coinvolge piano il lettore ma quando ne conquista l'attenzione non lo lascia più, fino all'ultima pagina. Tutti i personaggi sono descritti con cura, si sente di fare parte di quella comunità. Si prendono a cuore Selma e il suo amore per la nipotina Louise, si percepisce il terrore consapevole di Martin al cospetto di un padre alcolizzato, Palm. Sale addosso l'ansia disperata di Marlies, l'amore devoto ma mai confessato  dell'ottico per Selma, la crisi matrimoniale dei genitori di Louise incapaci di parlarsi, si tengono per mano le lettere ritrovate da Elsbeth del tradimento del marito, e si viaggia nell'animo di Frederik diviso tra l'amore inatteso per Louise e il suo percorso religioso. La scrittura della Leky, la sua storia magica eppure così terrena perché pregna dei sentimenti umani, inonda il lettore e convince, commuove, strania.. proprio come l'okapi un animale strambo e meraviglioso che irrompe nei sogni di Selma.

Una rivelazione.

venerdì 16 luglio 2021

"Spatriati" di Mario Desiati

Claudia e Francesco sono due adolescenti in un paese di provincia del sud. Frequentano la stessa scuola e sono additati dai coetanei come due spatriati. Estranei, raminghi, incerti, semplicemente diversi. Francesco guarda a Claudia come un faro, ha la sfrontatezza di illuminare tutto benché indossi colori scuri, perché lei è luce, coraggio, volontà di spaiare le carte. Francesco le starà sempre un passo indietro,  in attesa. Lascerà che sia lei a partire, a studiare, vivere e lavorare a Milano prima, a Berlino poi. A sperimentare la vita, a buttarsi negli amori, a stordirsi di musica, a subire amori violenti o sbagliati prima di abbracciare il mondo intero, affrancarsi da categorie, stereotipi, pregiudizi. Non sarà facile dimenticare il paese natio, quel che resta della sua famiglia, la terra deiuri a secco e i tramonti infuocati. Nell'arco di più di vent'anni accetterà quel che non è possibile cambiare, si lascerà trascinare dai sentimenti sempre un passo avanti, protesa all'altrove. Francesco sarà per sempre incantato da Claudia, leggerà i libri di cui lei si nutre, parole che parlano a loro soltanto, musica, arte. Tutto per dare forma ad un'anima che Francesco sente affine, l'anima eletta, idealizzata, attesa. Volutamente adagiato nei territori conosciuti, nel paese, mediando vendite, schivando gli sguardi indagatori, restando accanto ad un padre ostile, fuggendo i soprusi per abitare finalmente il cuore di Claudia, la sua Berlino. Sarà una stagione di sperimentazione, speranza, disillusione, sregolatezza fino al rientro in Italia, alle soglie dell'età adulta. Tornare a casa, alla terra dei nonni, riappropriarsi di un tempo lento, forte di un cuore libero, della certezza che si può essere  felici, nella semplicità del fare, nella stessa immediatezza dell'incertezza, una decrescita consapevole.
Claudia e Francesco spatriati, cittadini del mondo, uniti da un amore fraterno, esperienze diverse, esempi di una generazione sradicata, decisa a non soccombere agli stereotipi, salvo trovare a proprio modo un abito di vita da indossare.

Un libro pregno di emozioni, una scrittura matura, vivida, a tratti necessariamente forte, torbida. La storia di due ragazzi, due unicità che esemplificano quelle di tanti. Un'accurata selezione di riferimenti di musica e letture formative, mai banali. Un romanzo completo, a tratti estraniante, letargico, di gioia e tristezza, con un finale che apre a tutti gli scenari possibili.

sabato 10 luglio 2021

"Scrittori e amanti" di Lily King

"Tutti i problemi della scrittura e della recitazione nascono dalla paura. Paura della vulnerabilità, paura della debolezza, paura di non avere talento, paura di fare la figura degli stupidi per averci provato, per avere anche solo pensato di poter scrivere. È sempre paura. Se non ci fosse la paura, immaginate quanta creatività nel mondo. La paura ci trattiene a ogni passo del nostro cammino".

Casey ha trentuno anni. Lavora fino a sfiancarsi come cameriera in un ristorante alla moda e scrive, scrive, scrive. Cerca di chiudere il romanzo che l'ha accompagnata negli ultimi dieci anni della sua vita. Ha scritto ovunque, nel corso dei suoi viaggi, delle sue relazioni, dei suoi studi, quelli che le sono costati i debiti che la assillano, un macigno sul cuore. Ma non è il solo: viene fuori da una breve relazione che l'ha delusa molto e dal dolore per la perdita della madre.  Casey riversa tutti i suoi sentimenti, le sue angoscie, le sue gioie nella scrittura. Ricorda dove ha scritto una pagina, l'emozione di una singola frase frutto di una notte insonne, i mille appunti sui tovaglioli del ristorante, l'evocazione di un'atmosfera, le ore passate a fare ricerca. Scrivere le ultime parole del libro prima di spedirlo a case editrici ed agenti le provoca uno stato di malessere fisico che la destabilizza più dello sfratto che incombe sull'ammuffito capanno che abita, più della sensazione di essere ad un bivio della sua vita: smettere il sogno di vivere di scrittura come capitato ai suoi ex compagni di studi o perseverare fino alla dissolvenza fisica ed emotiva.

È a questo punto che incontra due scrittori, Silas giovane e incasinato e il maturo Oscar, affermato, vedovo, due bimbi piccoli adorabili.

Casey comincia a frequentarli entrambi perché prova sentimenti contrastanti e tanta confusione, intanto si paventano seri problemi di salute, perde l'impiego, ripiomba dal passato il padre. Quando davvero tutto sembra perduto e il suo esaurimento la porta ad un passo da cedere alla disperazione, Casey ottiene i primi riconoscimenti, trova un lavoro più confacente ai suoi studi, comprende chi davvero le fa battere il cuore, perdona la sua disperazione, accetta limiti e dolori, e ringrazia dell'amicizia di Muriel ed Hanry.


Lily King in 'Scrittori e amanti' racconta l'ostinazione di una giovane donna che annaspa nella vita ma non rinuncia al suo sogno. Il personaggio di Casey è complesso, ha una storia familiare implosa dopo l'abbandono della madre e gli assurdi comportamenti del padre per cui esisteva solo in funzione del suo talento sportivo. Era fuggita indebitandosi per pagarsi gli studi e aveva trovato nella scrittura la ragione per stare al mondo. Di converso la lettura era stata necessaria, salvifica. La parola come cura. Fidarsi del prossimo non era stato facile così come lasciarsi amare, ma era capitato ed era stato il momento in cui liberare i sogni. 

"I baci sono lunghi e intimi, come se ci stessimo dicendo tutte le cose che vanno dette in questo mondo".

Pieno di descrizioni, citazioni, rimandi letterari il libro della King si legge con piacere e porta nella vita degli aspiranti scrittori e nella complessità del mondo dell'editoria. Interessante.

martedì 6 luglio 2021

"Il pane perduto" di Edith Bruck

"Tanto tempo fa c'era una bambina che, al sole della primavera, con le sue treccine bionde sballonzolanti correva scalza nella polvere tiepida".

In piccolo paese di provincia in Ungheria, nei primi anni quaranta del Novecento, Edith, per tutti Ditke, pensa alla scuola, adora scrivere, corre spensierata, ignara che un pericolo incombe sulla sua famiglia. È ebrea e la primavera della vita scivolerà nell'inverno dell'orrore dei campi di concentramento dove verrà internata con i suoi genitori e due dei suoi fratelli.

L'abisso del male ha il volto dei nazisti, delle kapò, delle compagne di sventura disposte a tutto per sopravvivere, è nel fumo che consuma i corpi delle vittime, nelle violenze, nelle privazioni, freddo, fame, nei corpi che cercano il filo spinato o elettrificato perché il suicidio è una liberazione a fronte del male che consuma corpo e mente. Pochi sprazzi di umanità illuminano nel cuore di Edith la speranza e, complice la forza della sorella maggiore, la sopravvivenza, ma è solo il primo passo verso un viaggio nel cuore dell'Europa fino alla terra promessa, Israele, tra parenti e nuovo conoscenti che rifiutano di ascoltare Edith, la sua storia, che invece chiede di essere raccontata, condivisa come chiedevano i compagni nei campi di concentramento.

Edith fuggirà più paesi, la sua stessa famiglia, per approdare in maniera rocambolesca, in Italia, un paese che la accoglie con l'allegria di un sorriso e la possibilità di ricominciare senza giudizi e pregiudizi.

Sarà l'incontro con un poeta a permetterle di liberarsi delle paure e cominciare a vivere davvero facendo l'unica cosa che le riesce semplice: scrivere, raccontare, raccontarsi.

"Mi sentivo rinata. Avevo un nome, esistevo".

 A dispetto del tempo che passa Edith parla ancora di quella bimba sensibile e allegra che correva  e cercava lo sguardo del prossimo reietto alla società, e a Dio chiede il pane perduto, il cibo per nutrire l'anima al punto di mettersi al servizio della storia, della testimonianza alle nuove generazioni, perché solo i sopravvissuti possono raccontare quel che è stato l'Olocausto e sperare che non succeda più.

Una scrittura semplice, emotiva, un racconto orale che si fa parola scritta e si incide nei cuori dei lettori.

Immensa, Edith Brick.

sabato 3 luglio 2021

"Il cuore segreto delle cose" di Madeleine St John

La fine di una storia d'amore scorre via in poche parole. Senza alcuna emotività, coinvolgimento.

Jonathan attende che la compagna, Nicola, rientri a casa dopo una piccola commissione per chiederle di andar via, lasciare l'appartamento a Notting Hill che da sola, con il suo lavoro, non potrebbe permettersi. Lui è un avvocato, può rilevare la sua parte di proprietà.

Le lascia il weekend per liberare casa. Non aggiunge altro, non c'è altro.

Nicola non capisce, non comprende cosa sia accaduto, come non si sia accorta di nulla, come non abbia ricevuto segnali della crisi.

L'indifferenza di lui è peggiore di una sberla.

È ferita, stordita, si ostina a rileggere la loro storia d'amore, gli ultimi mesi insieme, in alcuni momenti è sembrato che lei fosse percepita come un'estranea in casa ma nulla più.

Possibile che non fosse andata oltre la superficie delle cose, della quotidianità? 

Anche chiedere altre spiegazioni a Jonathan non era servito, lui aveva semplicemente smesso di amarla, e il sesso tra loro, che era continuato gioioso e appassionato, fino a pochi giorni prima, non c'entrava con l'amore. Nicola non riusciva a crederci. Per lei era impensabile lasciarsi andare al sesso senza amore. 

Sentiva di aver sbagliato qualcosa. Ma non poteva restare a Notting Hill, si era fatta forza, si era trasferita da un'amica, aveva inviato domanda per un nuovo lavoro, fuori città, aveva preso ad uscire con un amico, pian piano lasciandosi andare, provando giorno dopo giorno ad inquadrare il suo recente vissuto riappropriandosi di forza, spazio, indipendenza.

Aveva parlato con la sua famiglia, si era aperta con le persone intorno, aveva arredato una camera in affitto da conoscenti e indossato abiti colorati, ritrovando il sorriso nello specchio.

Jonathan si era pian piano sentito smarrito, la libertà riconquistata, la convinzione di essersi risparmiato patimenti peggiori in futuro, quella intimità che finalmente sentiva protetta, si perde nell'appartamento vuoto, le  porcellane di lei assenti sul bordo del caminetto, la dispensa vuota, le sue camicie da stirare, la camera da letto lasciata intatta. Lui era fermo, il barattolo di marmellata di arance intatto, l'anello di rubini che sua madre aveva pensato potesse servirgli per la proposta di matrimonio a Nicola, che non c'era mai stata, la bellezza di lei quando l'aveva rivista, la prova che era andata avanti, a dispetto della loro storia, lo schiaffo che lei gli aveva dato alla firma della cessione della casa. Tutto intorno a lui, parlava a Jonathan di Nicola, tutte le cose gridavano quanto sciocco fosse stato, a scambiare la paura di una unione stabile, una famiglia nella fine di un amore. Ad anelare la libertà e scambiarla per sapersi al sicuro da domande che ti scrutano dentro.

Doveva rimediare, rivelarle tutto l'amore che solo poche settimane prima le aveva negato. E Nicola l'aveva guardato come fosse un pazzo prima di partire per un nuovo lavoro e forse una nuova vita, smarrita per le rivelazioni di lui e profondamente triste, sebbene avesse sperato a lungo in quelle parole. 

Tardi, forse. Ora che aveva imparato a conoscersi davvero, ad apprezzarsi, ad amarsi.

"Il problema delle donne è che non smettono mai di parlare, mentre quello degli uomini è che non parlano affatto".

Madeleine St John racconta con maestria la fine di una storia d'amore. Il punto di vista di lui, di lei, gli amici di lei, di lui, i familiari, i colleghi di lavoro. Una rete solidale per lei, un fastidio per lui. Modi diversi di riconoscere limiti e potenzialità di un amore consumato all'interno di un grazioso appartamento di Notting Hill. Approcci romantici e razionali per riconoscere i veri sentimenti nel cuore segreto delle cose, come recita il titolo.

Un libro che si legge tutto d'un fiato, per necessità, bellezza, forza empatica. La St John ha una scrittura ammaliante, capace di andare a fondo nell'agire umano.

Imperdibile.

"Volevi davvero correre questo rischio?" "Sì, io ti amavo. E amare qualcuno vuol dire essere disposto a correre quel rischio" "Vuol dire che l'amore è una specie di follia".

mercoledì 30 giugno 2021

"I famelici" di Davide D'Urso

"Forse è questo il punto, le parole non sono una questione di forma, ma una questione di coraggio, quello che occorre per guardare in faccia la realtà".

Padre e figlio.
Il primo appartiene alla generazione dei famelici, di quelli che hanno aggredito i sogni per realizzarli, quelli che per necessità, sfrontatezza, hanno lasciato paese, famiglia, amici per emigrare, spezzarsi la schiena in fabbrica, studiare, risparmiare e poi acquistare TV a colori, macchina, mobili, casa in paese, casa per la villeggiatura, un aurea di rispetto al cospetto di quanti erano rimasti in paese.
Il secondo ha respinto l'arrivismo del padre, le amicizie, lo scambio di piaceri, il denaro, la posizione in società, gli sguardi in apparenza compiaciuti della gente. Il tutto per trovare, a fatica, un posto nel mondo, studio, letture, lavori nell'editoria mal pagati, una silente incertezza in un'età in cui suo padre si era già affermato. Convivere con l'ignoto per conservare quel poco di conosciuto.
Ma è davvero tutto così lineare? Solo il tempo spinge i due a confrontarsi, ascoltarsi, guardare oltre le apparenze. Vi è così l'occasione di ritrovarsi e ritrovare le motivazioni sottese alle scelte di vita, al bisogno di affermarsi dell'uno, di trovare la propria strada dell'altro e soprattutto di comprendere l'importanza e la solidità dei rapporti tra uomini, amicizie che durano per una vita intera, che sostengono, segnano il tempo.
Il racconto di una famiglia, del difficile rapporto padre-figlio, degli ultimi cinquant'anni del Novecento italiano, le vite straordinarie di gente comune che ha morso la vita masticando sogni e perseveranza.
"Sarebbe bello affrontare la vita con leggerezza, una leggerezza da fiction. La realtà è un'altra cosa, però. E le parole dei romanzi non bastano a renderla migliori. O forse sì. Forse a questo servono i libri, ad alleviare le ferite. A sollevarci dalla mediocrità di uno scialbo quotidiano, e insieme, a offrirci il sogno di una vita diversa, con un altro finale. Un finale positivo, in qualche modo". E l'autore, D'Urso, riesce nell'intento.

domenica 27 giugno 2021

"Febbre" di Jonathan Bazzi

Febbre. Poche linee ogni sera. Qualche picco, poi intermittente e di nuovo costante, ogni sera. Spiazzante. Jonathan insegna yoga, studia, scrive, è molto impegnato ma quella febbre lo destabilizza, deve essere il sintomo di una malattia che sta per minare la sua vita, irrompe nel quotidiano, il compagno, gli amati gatti, gli amici, la famiglia. Dopo un paio di mesi di visite, esami clinici la diagnosi. Positivo al test dell'HIV. La notizia è quasi una liberazione, temeva un male incurabile Jonathan. La malattia si cura, ci si convive. Eppure seguono giorni, settimane di scompenso, di stanchezza, di apatia. Forse che il suo malessere è da attribuire ad altro?

Jonathan è spinto a riavvolgere il nastro della sua vita sin lì, ad elaborare tutto, la nascita in una famiglia presto disgregata, la vita in un quartiere di periferia dove la bellezza è ostaggio della brutalità della povertà, della cattiveria di certa sopravvivenza, della sopraffazione, dell'abbrutimento dell'omologazione. Dove un ragazzino solo, balbuziente, fatica a trovare la forza di resistere, alle angherie dei compagni, alla mancanza di affetto di alcune figure parentali, sogna ad occhi aperti, cerca la perfezione, sfida i limiti per essere il migliore, per essere riconosciuto, apprezzato, semplicemente, percepito dalla famiglia. E non accade, mai, quasi mai. Difficile pure confrontarsi con la sessualità, i primi innamoramenti, le delusioni fino all'emancipazione dalla famiglia, da certi ambienti claustrofobici della periferia per scoprire la città, Milano, studio, lavori, nuova vita sociale e l'amore per Marius. Dal periodo di stallo ne esce quasi senza accorgersene, sarà stata la cura della psicologa, la presenza della madre, un nuovo lavoro, l'affetto del compagno. Giorno dopo giorno, passo dopo passo nelle vie del quartiere, di Milano, Jonathan riprende a vivere e decide di condividere la notizia del suo essere sieropositivo scrivendone, raccontandosi, guardando in faccia tutti senza nascondersi, non l'ha mai fatto, non comincerà adesso. Sensibilizzare è importante. Parlare, aprirsi al mondo, raccontare e raccontarsi è l'accettazione di sé, è la normalizzazione dell'eccezione, è abitare le paure, fino a vincerle. Non sarà facile per Jonathan, riprenderanno gli insulti, gli attacchi sui social ma ha il cuore saldo, l'animo coraggioso di chi sa farsi valere.

'Febbre' è un romanzo autobiografico, eppure è al tempo stesso una storia universale. Con una scrittura diretta, forte, a tratti violenta rivela paure e fragilità degli uomini, ribalta stereotipi, combatte l'anarchia della paura e racconta una malattia ancora duramente stigmatizzata, l'HIV, spingendo a riflettere: non si è la malattia, mai. 

domenica 20 giugno 2021

"Le piccole libertà" di Lorenza Gentile

Oliva ha trent'anni. Lavora nel marketing ma è ancora precaria, sta per sposare Bernardo, giovane avvocato in carriera e mettere su casa ma l'ansia la attanaglia la notte, dovrebbe perdere qualche chilo in previsione delle nozze ma divora snack piccanti, vorrebbe essere la figlia perfetta per i suoi genitori ma tutto le sfugge. E quando la zia Vivienne la invita a raggiungerla a Parigi, per una volta Oliva agisce d'istinto e parte, pur non avendolo mai fatto prima. Sono sedici anni che non vede la zia, ostracizzata dalla famiglia per motivi che Oliva ignora, ma è importante partire prima che il mondo le si richiuda addosso relegandola nel ruolo di figlia, moglie, madre perfetta.

Ma Vivienne mancherà l'appuntamento presso la famosa libreria 'Shakespeare & Company' e Oliva si lascerà adottare dalla stramba famiglia che la abita accettando di lavorare un po' e leggere un libro al giorno in cambio di ospitalità. Complice il sorriso di Victor, la dolcezza di Julia, la solida presenza di Sylvia Whitman.

È l'inizio di un'avventura dirompente per Oliva, sempre in attesa della stramba zia che le lascia messaggi invitandola a restare a Parigi. Un'avventura che ha come primo evidente risultato quello di trasformarla in una ragazza libera, di girovagare lungo la Senna, ubriacarsi di dolci, appassionarsi alla lettura, tornare a sognare di recitare, aprirsi con degli sconosciuti, fare autostop, dormire  per terra, vincere alle corse, bere vino da pochi spicci, mangiare cibo in scadenza, affrancarsi dai sensi di colpa, correre dietro a un furetto, guardare i fenicotteri rosa, indossare abiti che sua madre avrebbe disapprovato, sentirsi giorno dopo giorno leggera, consapevole di quello che non avrebbe più voluto.

Ecco il punto da cui partire, sapere cosa non voler essere, fare, accettare. Per riacquistare forza, coraggio in se stessa e soprattutto libertà, su tutto, libertà di essere felice.

Non sarà facile, la assaliranno i dubbi, i rimorsi e poi la zia Vivienne, non si farà trovare nemmeno nel suo magnetico, coloratissimo, eccentrico appartamento che racconta la sua vita, il cui unico imperativo recitava di rispondere solo a se stessa, sempre libera, eppure nel suo ultimo messaggio vi è il viatico per rivelare segreti e regalare la libertà, la gioia di vivere.

"Quando stai bene non lo puoi ignorare, la felicità emerge come un tappo di sughero nell'acqua. Trapela dagli occhi, dai pori della pelle. Se sai come essere felice, come fai a rinunciarci? Niente è così importante da costringerci a farlo. Ed è giusto essere felici, perché solo così si può essere utili al mondo".

Oliva è un personaggio delizioso. In cui è facile immedesimarsi. Perché spesso, troppo spesso si è schiacciati dal peso delle responsabilità, dai condizionamenti, dalla paura di non essere abbastanza, di non corrispondere all'idea che gli altri hanno di noi. Costretti in un quotidiano di obblighi, dimentichiamo le piccole libertà che possono rivoluzionare il nostro essere, indicandoci la strada per essere felici con poco, riacquistando fiducia nelle nostre potenzialità, per abitare i sogni realizzandoli.

Un libro che fa bene al cuore e regala positività.

sabato 19 giugno 2021

"Loro" di Roberto Cotroneo

Ci sono libri che disvelano pagina dopo pagina il loro potenziale, 'Loro' di Roberto Cotroneo invece conquista subito l'attenzione, la ghermisce trascinando il lettore nella storia di Margherita. Le tiene la mano, come fa con le gemelle Lavinia e Lucrezia. Ci porta nella grande villa dei nobili Ordelaffi alle porte di Roma, la casa di vetro così la chiamano, ampie vetrate che guardano sul curato giardino, poco oltre il tempietto con la statua di Ecate che scruta un tempo altro, oscuro, che libera presenze, "loro". Tutto è strano nella grande villa, lo sono la coppia che la abita, le gemelle che ipotecano l'uno la vita dell'altra in movenze, ambizioni, prepotenze, sguardi vitrei verso il giardino, l'Ecate che lambisce il territorio dei vivi e dei morti, lo è il personale al servizio della casa, su tutti il giardiniere Gaetano, custode di tanti segreti, un deus ex machina che smuove e custodisce al tempo stesso la grande casa. 

Margherita arriva nella villa degli Ordelaffi come istitutrice. È estate e cerca una via di fuga dagli studi. Interessante l'esperienza, così crede. Affascinata dalla padrona di casa, la bella Alessandra, dalle gemelle, identiche, di cui dovrà prendersi cura, dalla grande villa, frutto del genio di un grande architetto. Eppure sin dalle prime ore, qualcosa la atterrisce, presenze. Visibili solo a lei, o frutto della fantasia malata di chi abita la casa. Margherita non sa a cosa credere, né a chi credere, troppe storie, racconti, versioni di una stessa verità, "loro", le presenze sono lì e reclamano attenzione.

Ma è poi vero? 

Questa è solo una storia, quella che viene presentata, raccontata al lettore, la verità è da cercare altrove, al fondo delle nostre paure, delle nostre fragilità, più drammatica delle stesse presenze, è il 'loro' che abita la nostra mente, e travolge con l'inquietudine sottile del male.

Cotroneo affabula con una narrazione compiuta sin dalle prime pagine. È un magnifico esercizio di stile che occhieggia al  romanzo gotico e per la crescente attesa, al  feuilleton inglese di Wilkie Collins.

"Ma lo sguardo non è di questo mondo. È lo sguardo di chi conosce più cose in terra e in cielo di chiunque altro: di chi sa, di chi veramente sa".

Un romanzo intrigante, assolutamente da leggere.

venerdì 18 giugno 2021

"Senza offendere nessuno" di Giovanni Scifoni

Bello scoprirsi un ornitorinco, come Giovanni Scifoni. L'unico animale al mondo che sfugge a ogni genere di classificazione. 

È più semplice essere come altri, essere "di parte", o "parte di" un gruppo. Lasciarsi concupire da idee condivise, da emozioni partecipate da tanti, che il tutto generi da un post su facebook o da una manifestazione di quartiere, che cavalchi l'onda di indignazione per un fatto di cronaca o l'euforia di una marcia di pace. Muoversi lungo un confine labile dove esprimersi senza rischiare di offendere qualcuno, deludere magari chi crediamo amico da sempre o sviare il pregiudizio negli occhi di chi incrociamo diventa difficile.

Scifoni ha il pregio di fare riflettere conservando sempre una dolcissima ironia. Brevi capitoli ispirati dalle sue esperienze personali, incontri, amicizie, lavoro - è davvero un bravo attore - che stimolano in chi legge attenzione. Davvero crediamo di sapere chi ci è di fronte "da che parte sta?" E soprattutto è davvero così importante saperlo? È davvero indispensabile essere omologati ad un pensiero unico di parte e non scollinare per il solo fatto di essere un essere pensante? 

Ecco che si fa strada l'ornitorinco...

domenica 6 giugno 2021

'La donna gelata' di Annie Ernaux


"Fra le numerosi ragioni per voler crescere c'era anche quella di avere il diritto di leggere tutti i libri".

Un paese di provincia nella Francia anni '40. Una bambina intelligente ma fuori dagli schemi, cresciuta nella drogheria bistrot dei genitori dove lei fa i conti e solleva casse di vino e lui cucina, spazza e serve. Tutto l'inverso della famiglia 'classica', dove lei sta in casa a cucinare e il papà lavora e torna a casa a rivendicare la cena e le pantofole accanto alla poltrona. 

È davvero così importante rassettare casa ogni giorno o ritagliarsi il tempo per leggere un libro o passeggiare? È la polvere sui mobili a pesare sul cuore o sapersi diversi in una società che ritaglia stereotipi e non figure vere? La scuola dalle suore, le ragazze tutte in tiro, liete di compiacere, sempre, così diverse da chi ama studiare per il piacere di farlo, per sete di conoscenza, per fuggire da una storia già scritta. Ribellarsi, vivere l'adolescenza alla scoperta dell'altro sesso, sorrisi rubati, paure, silenzi, omologazioni fuggite, derise e infine condivise fino all'università, alla necessità di trovare una propria realizzazione, in un tempo e in una società in cui tutto sembra già definito: lavorare, guardare la città dal finestrino del bagno per scoprire quello che agli altri sfugge, immagazzinare emozioni, archiviare ricordi, viaggiare in Europa, aprire la mente con lo studio, i confronti all'università, gli incontri e fuggire dal conformismo, dalla provincia, dagli sguardi giudicanti, salvo trovarsi invischiata in un matrimonio scambiato per esperienza, gioco, a un passo dalla laurea e ivi confinata in tutto quello che si era fuggito per una vita, l'uomo che pur illuminato, userà parole di biasimo per la cena mancata, il letto non rifatto, il bambino solo nel box, perché alla donna si chiede sempre e comunque la cura come elemento caratterizzante, prima di tutto, prima del lavoro, dei suoi stessi bisogni. E allora superare un concorso, riuscire ad insegnare e tenere tutto in piedi diventa una sfida e al tempo stesso una necessità. Eppure è lì che la donna si trova gelata, congelata, costretta in scelte forzate, in ruoli consegnati dal tempo, una impalcatura di convenzioni e conformismo che rischia di sgretolarsi all'ennesima frase infelice.

La Ernaux ci porta nel suo mondo, nella sua piccola provincia francese, bicchieri di vino, chiacchiere al bancone, il vestito della domenica, sogni, segreti, disillusioni. Un memoir autobiografico che sciorina descrizioni di interni familiari, case, volti sciupati dalla fatica e dal tempo, canzonette, letture proibite, studio, corriere perse e treni, balli, crinoline, polvere in controluce, rimproveri e risate.

Una narrativa vera, che sprofonda nei ricordi comuni e libera il cuore. 

domenica 30 maggio 2021

"La signorina Crovato' di Luciana Boccardi

"Mi allontanai con un nodo di gioia alla gola. Era quella sensazione che mi ha accompagnato tante volte nella vita -e forse mi accompagna ancora: la consapevolezza, nonostante tutto, di essere una persona fortunata".

Luciana non ha ancora quattro anni quando il suo piccolo mondo ordinato di affetti e cure si sgretola. Siamo a Venezia, è il 1936 e il giovane padre, musicista ribelle e antifascista, si è ustionato al punto di essere per mesi in pericolo di vita. Benché il suo sia stato un gesto coraggioso, sedare un incendio in un cinema, evitando che si propagasse ai caseggiati popolari confinanti, per molti è stato avventato ignorare moglie e figlia, da cui avrebbe potuto non tornare. Luciana saprà con il tempo la verità, per tenerla lontana dal dolore del padre malato, a tratti morente, è stata mandata in campagna da certi lontani parenti. Da lì in poi la Luciana imparerà a cavarsela da sola, acquisendo responsabilità, maturando prima del tempo. Aiutando in casa, studiando con profitto, prendendo lezioni di musica dalla figura spettrale che rispondeva al nome di suo padre e che cieco e sfigurato cercava conforto nella musica e svago nell'alcol per fuggire la morte che ogni giorno rivendicava la sua anima tormentata. Fame, freddo, sacrifici, rifiuti, disillusioni, emarginazione, non avevano svilito l'animo buono, generoso ed empatico di Luciana, che aveva conosciuto tante persone sperando in piccole occasioni per rendersi utile, lavorare sin da bambina, alleviare le sofferenze della famiglia, della mamma che lavorava da mattina a sera, e del fratellino Giorgio che soffriva la solitudine e le angherie dei compagni di scuola, a cui lei era ormai abituata. Fidando nell'aiuto dei nonni materni, Luciana aveva studiato come potuto, dattilografia, stenografia e atteso che la guerra finisse per lavorare.
Una maturazione forzata che pure non aveva spento la felicità di una ragazza decisa a farcela, a gioire delle cose semplici, a sentirsi fortunata per aver trovato un lavoro e la prospettiva di una serenità per la sua famiglia.
Un racconto di una tensione emotiva pura, la prossimità di una storia comune al passato di tantissimi italiani, la fatica e la felicità di un cuore puro, la bellezza tenera e dolorosa di una bimba che si trasforma con orgoglio ne 'la signorina Crovato'.
Un romanzo di formazione, una storia di forza, coraggio e determinazione.

sabato 22 maggio 2021

"Corpi speciali" di Francesca d'Aloja

A noi estranei, sconosciuti alcuni corpi rivelano storie, vite speciali, che meritano di essere ricordate, raccontate, condivise, perché suggeriscono approcci positivi all'esistenza, forza, perseveranza, ragione, consapevolezza, e parlano alle nostre anime mettendo a nudo fragilità, paure, dolori e al tempo stesso sogni, attese, speranze.

Una carrellata di storie, ognuna a suo modo poco conosciuta pur quando il personaggio è noto perché a rivelarne un aspetto nuovo è il legame diretto o indiretto dell'autrice. Che ci racconti di Gassman o Risi o della passione per la tauromachia la d'Aloja impone il pregio di una narrazione sfrondata da personalismi e impone l'attenzione di chi con curiosità racconta storie in cui si ritrova a volte quasi per caso ma che non si può smettere di approfondire, soffermandosi sulla unicità di uomini e donne, sulla straordinarietà di caratteri, personalità, sulla determinazione di alcuni di opporsi al conformismo, al conosciuto, per tentare nuove esperienze, intraprendere viaggi al limite delle possibilità umane, attraversare luoghi ignoti, confrontarsi con culture, religioni estranee aprendosi ad un nuovo modo di vivere, mutuando stili di vita che poi avrebbero conquistato l'Occidente. Che sia un musicista italiano idolatrato in Argentina o la figlia malata di nervi del grande Joyce, il grande esploratore o il primo occidentale diventato Lama il racconto è sempre unico.

Verità, bugie, sogni infranti, promesse e grandi insegnamenti racchiusi in corpi speciali, in vite in parte sconosciute o dimenticate che tornano a parlare per noi lettori, illuminando i nostri cuori delle potenzialità insite in noi.

sabato 8 maggio 2021

"Borgo Sud" di Donatella Di Pietrantonio


"Parlava con frasi brevi, ogni parola cadeva sul letto lucida e dritta come un coltello".

L'Arminuta... è tornata.

Migliaia di chilometri di distanza non sono sufficienti a riparare dal dolore, dalle amarezze stridenti della città natia, Pescara, della famiglia, di un matrimonio fallito.

Tornare quando non se ne può fare a meno. Perché a imporlo è il senso di dovere, forse solo l'atavica appartenenza a un luogo, ad una persona. A lei, Adriana. A quella sorella minore, solo per età, che ha da sempre riempito il suo cuore, imposto la sua presenza, strappato odio e amore a lei, ai genitori aspri e aridi come la terra, ribelle come il mare di Borgo Sud che le aveva strappato il cuore con Rafael, bello e tenebroso, iracondo e funesto. Ma Adriana era così, travolgente, impavida, estrema, irrispettosa. Bussava alla porta di casa con in braccio un figlio di pochi mesi, costringendola a prendere contatto con la realtà di un matrimonio che celava tradimenti e segreti, portandola al capezzale di una madre che non si era lasciata andare mai ad un segno di affetto se mai maledizioni, eppure c'era stata sempre e forse un poco l'aveva invidiata, perché Adriana aveva riempito di vita ogni luogo abitato, aveva amato, sfidato i pregiudizi, lottato per essere felice, si era inventata un lavoro, era sopravvissuta alle asperità del quotidiano con la sfrontatezza di un sorriso, della pelle baciata dal sole e un vestito colorato. Fino a che un terribile incidente l'aveva portata in fin di vita. Ma si era trattato davvero di un incidente? Forse era il passato che tornava a reclamare attenzione, ma l'Arminuta è tornata.. e troverà la forza di guardarsi indietro.

Un romanzo potente, che cattura le intermittenze dell'amore, le costrizioni familiari, le difficoltà della vita, il tutto con una scrittura vincolante, essenziale.

"Mia madre l'aveva indovinato il futuro delle sue figlie femmine, lo presentiva dentro di sé in quel suo modo viscerale, fisico, come una colica, una turbolenza dell'intestino. Mia madre era nei presagi".

Per rileggere la recensione de 'L'Arminuta':

http://lestanzedialba.blogspot.com/2017/09/larminuta-di-donatella-di-pietrantonio.html?m=1

sabato 1 maggio 2021

"L'arte di legare le persone" di Paolo Milone

 

"I matti sono nostri fratelli. La differenza tra noi e loro è un tiro di dadi riuscito bene -l'ultimo dopo un milione di uguali- per questo noi stiamo dall'altra parte della scrivania".

L'esperienza di uno psichiatra, quarant'anni di lavoro, molti in ospedale, vite passate, un'umanità che affolla reparti, corridoi, stanze: umori, silenzi, grida, dolori taciuti espressi da occhi umidi di lacrime o accesi di eccessi, follie, speranze, drammi, resistenze, assenze, la morte che ti cammina accanto, la rabbia silente o aggressiva, odori e pulsioni, passioni e paure, tutto estremo, forte, parole, di più, fiumi di parole che raccontano strazi, aspirazioni negate, visi esangui, sguardi languidi, un dolore che si fa violenza, che costringe, lega, tiene stretto corpi, infligge silenzi che abitano mondi altri, che pure raccontano di noi, della nostra fragilità, della nostra dolente esistenza, della ricerca di un modo per provare a stare al mondo.

"Non cercare la consapevolezza totale di esistere: ognuno vive nella nebbia più o meno fitta. Scegli il tuo posto sul pendio, e tira su la casa".

Brevi ritratti che ricordano volti e storie, così Milone come in un diario intimo, racconta la sua esperienza di psichiatria, malati, medici, infermieri, un mondo così forzatamente bollato come altro dal normale, e invece così sentitamente emozionale da toccare il cuore del lettore e non lasciare indifferenti.

domenica 25 aprile 2021

'Mia sconosciuta' di Marco Albino Ferrari

"Questo libro è il racconto che mi sono fatto di te, anche se so che in parte mi sei ancora sconosciuta".

Bella, sorridente, figlia ribelle di una famiglia borghese, abile pianista, anima controcorrente, amò la montagna e l'uomo che le insegnò a scalarle.

Attraversò gli anni di guerra abitando le valli e suonando il suo amato pianoforte. Sfidò le convenzioni, conservò il tormento, frequentò artisti e pittori, volle essere madre nubile in un tempo di giudizi e pregiudizi, amò suo figlio incondizionatamente, gli insegnò a diffidare della forma, dei riti, delle feste, regalandogli consapevolezza, l'amore per la montagna, la libertà.  Attraversò silenzi e sfuriate improvvise, apatie e tormenti per poi tornare a sorridere, a riempire gli spazi di abbracci, scalate e fughe verso il cielo azzurro, fino ad una nuova alba. 

E se il tempo aiuta a fare luce nei ricordi, un figlio racconta sua madre, con un amore che riempie il cuore e libera la mente.

Un romanzo intimo, di dolcezza infinita, che profuma di libertà.

sabato 17 aprile 2021

"Il quaderno dell'amore perduto" di Valérie Perrin

"Bisogna ascoltare, sempre, subito, perché il silenzio non è mai troppo lontano".

Justine ha imparato ad ascoltare da quando lavora in una casa di riposo. Ha poco più di vent'anni e non ha mai pensato di lasciare il piccolo paese di Milly. Le sue giornate sono in apparenza sempre uguali, le storie degli ospiti della casa di riposo riempiono le sue ore, danno forma al suo tempo vuoto: abitato dai nonni con cui vive, il cugino Jules che considera suo fratello da quando i suoi genitori e quelli di Jules sono morti in un incidente stradale.

Tra gli ospiti della casa di riposo c'è Helene, la sua storia con Lucien è quanto di più prossimo al sentimento di devozione, amore assoluto, che Justine possa desiderare. Un gabbiano sorveglia Helene, si posa sui tetti, aspetta che il suo racconto coinvolga Justine, le dia la forza di scrivere, raccontare quella storia, di sacrifici, attese, rinunce, riconquiste e così forzarla a vivere, a farsi domande sui suoi nonni, spettri consumati dal silenzio, da segreti indicibili, avvolti nella nebbia del rimorso. 

Helene e la sua storia scritta su un taccuino azzurro daranno a Justine la voglia di imparare ad essere felice, liberarsi dall'imperfezione del dubbio, semplicemente credere nel prossimo, nella forza dell'amore, nell'imperscrutabile mano del destino, che riempirà come per Helene, la valigia blu di sogni aiutandola a vivere appieno.

"Il quaderno dell'amore perduto" segna l'esordio nella narrativa di Valerie Perrin, ed è un libro che coinvolge sin dalle prime battute. La giovane protagonista Justine è un piccolo uccello ingabbiato, si sente in obbligo verso i nonni che l'hanno cresciuta ma percepisce intorno a sé dolore, rinuncia; desidera liberare il cugino più giovane assicurandogli studi e un futuro a Parigi, e per sé trattiene briciole di piacere e spensieratezza, barattandole con la storia di Helene e Lucien, in un tempo scandito dalla seconda guerra mondiale e gelosie che armano i più miti rivelando quanto l'amore possa essere prossimo alla follia di un sentimento totalitario. Il tempo perdona, monda le coscienze, restituisce il mal torto e ridisegna famiglie, felicità.

Così per Justine, che imparerà a perdonare, liberare se stessa dalle costrizioni, dagli obblighi morali, per amare e lasciarsi amare.

Un inno che dall'amore perduto vira al possibile, finanche all'amore eterno, di certo all'amore per se stessi.

sabato 27 marzo 2021

"La figlia unica" di Guadalupe Nettel

 
Laura e Alina sono amiche da tanto tempo, sin da giovanissime si sono riconosciute come anime affini, hanno viaggiato e si sono ritrovate a Città del Messico. Entrambe da ragazze si dichiaravano estranee alla maternità, ma se Laura ha mantenuto fede all'intento, Alina trovato l'amore di Aurelio ha deciso di diventare madre, con sacrificio. Laura prima titubante ha finito per supportare la scelta dell'amica, rivedendo, complice la presenza problematica del bambino che da poco abita l'appartamento accanto al suo, Nico, l'idea di prendersi cura di un'altra persona. La maternità di Alina rivela però un dramma: la piccola rischia di morire alla nascita per una grave malformazione. Eppure a fronte dell'impossibile, l'impossibile accade. La figlia di Alina, Iris sopravviverà mettendo a nudo tutte le fragilità dei protagonisti, costringendo a rivedere decisioni e convinzioni, rivelando le strade possibili che l'amore percorre per fare breccia nei cuori dei più riottosi, regalando gioie inattese, insinuandosi tra le le pieghe del dolore, trovandovi il modo per resistere e vivere, a dispetto di tutto, perché "andrà come deve andare".

La prosa di Guadalupe Nettel è intensa, fortemente partecipativa. Non ci si stacca dalle pagine del 'La figlia unica'. Le sue protagoniste, Laura e Alina, compensano attese e disattese reciproche. Sono così umane, così prossime a chi legge, da sentirle amiche, sorelle.

"Esiste il destino, ma c'è anche il libero arbitrio, e consiste nel modo in cui prendiamo le cose che ci tocca vivere".

E a Laura tocca rassegnarsi all'idea che Alina abbia tradito il proposito comune di non avere figli, accettare che degli uccelli facciano il nido sul balcone di casa, dando vita, e che un bambino si disperi picchiando contro la parete di casa, pianga, inveisca furente contro la madre, e che la stessa donna, Doris, accetti il suo aiuto, e che persino la sua anziana madre all'improvviso diventi interessante ai suoi occhi, ricordandole che "quanto più amiamo una persona, tanto più fragili, più insicuri ci sentiamo a causa sua".

Un romanzo al femminile, tante voci di donne, da Laura alla piccola Ines, sferzata dalla potenza dell'amore, "spesso illogico, incomprensibile". Un romanzo che scalda il cuore, che riempie l'anima di un sentimento di assolutezza, che può tutto.

sabato 20 marzo 2021

"Il libro dei nomi perduti" di Kristin Harmel

"Stelle e puntini sono i nomi perduti, nomi dei bambini che erano troppo piccoli per ricordare, nomi che fummo costretti a cancellare perché loro potessero sopravvivere. Speravo che un giorno a guerra finita avrei potuto aiutarli a reclamare la loro identità. Ma non siamo definiti dal nome che portiamo, dalla fede che pratichiamo. Adesso lo so. Ci definisce come persone quello che siamo nel cuore, chi scegliamo d'essere su questa terra".

Sono passati sessant'anni da quando Eva ha tenuto tra le mani per l'ultima volta un piccolo libro di preghiere che cela un codice segreto. Era nella biblioteca di una chiesa in un paesino francese. Era in fuga da Parigi con la madre, scampate ad un rastrellamento di ebrei che aveva ghermito l'amato padre. E celava il frutto di lavoro di mesi, decine e decine di nomi di bambini a cui aveva preparato nuovi documenti d'identità per fuggire in Svizzera, mentre l'Europa bruciava nel secondo conflitto mondiale e i tedeschi annientavano gli ebrei nei campi di sterminio. Eva aveva trovato un modo di sopravvivere, sentirsi utile, salvare vite per soffocare la perdita del padre scomparso chissà dove in un lager polacco, e aveva contraffatto documenti, ridato speranza agli occhi di bimbi innocenti ma non era bastato a tenere insieme la sua famiglia, a ritrovare Remy, l'uomo amato sfidando la morte, l'uomo con cui aveva condiviso il codice segreto del libro dei nomi perduti. L'aveva atteso giorni, mesi nella Parigi liberata sui gradini della biblioteca Mazarine, invano. Sessant'anni dopo, a Berlino, in un'altra biblioteca il libro era stato ritrovato e due persone lo reclamano, Eva e...
"Se muoio per la Francia non sarà una vita perduta, ma un Paese salvato. Rimpiangerò solo di aver pagato rinunciando alla possibilità di un futuro con te".
Romanzo storico interessante, il libro della Harmel racconta il dramma del secondo conflitto mondiale, la fuga disperata degli ebrei dalla Francia occupata dai nazisti, in particolare il tentativo disperato di mettere in salvo i bambini cancellando spesso del tutto le loro identità per garantirgli la sopravvivenza, l'occupazione capillare del paese, la fame, la lotta armata e l'incredibile lavoro dei falsari dei documenti, e la silenziosa disperata collaborazione di migliaia di cittadini che rischiarono ovunque la propria vita per salvare ebrei o dar rifugio, protezione agli uomini della resistenza.
Sullo sfondo, da collante, la storia di Eva e il suo amore per Remy, taciuto per sessant'anni tra le pagine di un libro, come la sua vera vita, ignota al figlio, negata per troppo tempo alla sua stessa coscienza che reclama alfine attenzione, cura, riconoscenza.
Una prosa leggera, un quadro storico preciso, una lettura piacevole.

sabato 13 marzo 2021

"Un'amicizia" di Silvia Avallone

"Raccontare serve a questo: a rendersi conto".

Elisa scrive, d'impulso, come un bisogno inarrestabile, per raccontare Beatrice Rossetti: non la donna, protagonista dei social media, la cui immagine è potente al punto da calamitare l'attenzione di tutti, ma l'adolescente che le è stata amica, per lunghi anni, condividendo tutto con lei, la casa, la scuola, la famiglia.

Famiglia.. Beatrice l'aveva rifiutata dopo la morte della madre e lei, Elisa, non ne aveva forse mai avuta una o no, due, tante, strampalate, alternative, estreme e al tempo stesso statiche, ma a ogni modo presente. Elisa scrive, giorno e notte, sino alla vigilia di natale, pochi giorni per ricordare quella che sembrava l'amicizia, l'unica possibile, indissolubile, di due ragazze così diverse tra loro da sfidare tutto e tutti.

E aveva funzionato nonostante i dolori, le invidie, lo studio pazzo, i sogni soffocati, si erano alternate a desiderare il futuro che avrebbero voluto vivere insieme, come era stato con il primo amore, la scuola, l'università. Elisa solo in apparenza un passo indietro a Beatrice, così determinata, in apparenza, e poi fragile, decisa a rubare un po' di quella felicità semplice che Elisa aveva intorno ma non sapeva riconoscere, la madre rocker che faceva l'operaria per mantenere la famiglia, un padre ingegnere preso dai nuovi media, un fratello fuori dal mondo. Ed Elisa a volte l'aveva odiata, viverle accanto significava sempre essere sul punto di scottarsi perché Beatrice bruciava di vita, consumava quello che aveva intorno, come una fiamma accesa, e poi era precipitato tutto, una sera d'estate mentre ovunque si festeggiava.

E la scrittura in quei giorni di dicembre era stata catartica, a aveva portato l'epifania, lei Beatrice, di nuovo, nei loro luoghi d'infanzia, nel loro rifugio, e tutto aveva ripreso la giusta forma, la giusta dimensione, la giusta distanza: la parola a fronte dell'immagine, il potere della parola evocativa, dirompente e costruttiva contro l'immagine, immediata, furente, decisiva.

La realtà della parola contro la forzatura, la finzione dell'immagine. Fino all'oblio, all'accettazione, al punto di svolta per entrambe le ragazze ormai donne, il primo giorno dell'anno, un nuovo inizio, che cela lo sguardo diverso sulla loro amicizia, una delle tante possibili, un tassello in una vita che si accetta, si conquista, si vive giorno dopo giorno in una quotidianità di sentimenti che riempie il bagaglio di ogni donna.

La Avallone tratteggia due protagoniste vere, che crescono con il lettore pagina dopo pagina, e sviscerano tutte le loro fragilità, la loro bellezza, le loro paure. Un romanzo che prende per mano e finisce per vincere la resistenza iniziale a individuare nel conflitto tra Elisa e Beatrice, il conflitto insito in ognuno: il vero e il verosimile, la felicità delle piccole cose e l'ostentazione di sorrisi finti a uso di social.

Raccontarsi per esistere, esistere per raccontarsi, una dualità che cresce e irrompe nella scrittura di Elisa che si mescola a quella dell'autrice, se ne fa interprete, e convince, fino all'ultima pagina, l'ultima parola.


giovedì 4 marzo 2021

"Le città di carta', Dominique Fortier

"Emily scrive sul mondo che abita, sapendo benissimo che se nessuno lo abitasse sarebbe più bello".

Emily Dickinson e il suo mondo. Tutto interiore. Raccontarlo, trattegiarlo andando allo spazio abitato, la sua casa, il giardino amato, la sua stanza dove infine trascorse gli ultimi anni scrivendo, limando le sue poesie, riducendole all'osso, parole su una carta che tratteneva tutte le emozioni, negandole al mondo, e a sé stessa, perché poco o niente basta. L'orizzonte dietro la finestra, i fiori pressati tra le pagine di un libro, gli ospiti respinti alla porta, intrusi in un mondo che è così altro da sé. E più la magra fanciulla guarda all'essenziale lasciando che ad abitare il mondo siano le sue parole, più la curiosità su di lei si accende e nel tempo agiterà il mondo, perché "nei libri ci sono tutte le stelle del cielo".

Il piccolo libro della Fortier è una carezza lieve, un omaggio alla potenza espressiva della poesia della Dickinson e alla sua vita. 

domenica 21 febbraio 2021

"Disturbo della pubblica quiete' di Luca Bizzarri

Pattuglia di polizia. Fine turno.

Chiamata per disturbo della quiete pubblica.

Centro storico di Genova. Un ragazzo di colore che cerca di sfondare a calci e pugni la porta di una casa. Alle domande degli agenti, risponde ossessivamente 'portatemi in galera'.

Mamadou, per tutti Ibra, per il suo fisico gigantesco, non è aggressivo con i due poliziotti, Pieve e Rossetti, vuole solo andare in galera. 

Ne spiega le motivazioni a tarda notte dopo estenuanti ed inutili tentativi dei poliziotti di liberarsi di lui per evitare ore di attese e pratiche da sbrigare, perché questo è un arresto, carte da compilare e l'amaro in bocca che di lì a breve l'arrestato sarà di nuovo libero per strada.

Pieve e Rossetti sono, entrambi, due disillusi, arrabbiato il primo, apatico il secondo. Agenti di polizia per scelta, stanchi di un ordinario familiare e lavorativo che spegne ogni volontà, smorza la voglia di fare bene: un mantenersi a galla che di giorno in giorno si fa più faticoso. Un malessere strisciante che esplode la notte in cui si imbattono in Mamadou e la sua storia.

L'impossibilità ad aspirare alla felicità, ad una vita normale: la certezza di essere diverso dall'uomo che lo aveva incantato con denaro e l'illusione della parola; una stasi che era deflagrata al cospetto dell'innamoramento e alla perdita di una persona cara, la cui unica colpa era stata desiderare di vivere, tornare ad essere libera.

Questo era precluso a quelli come Mamadou, persone in fuga, costrette a rinunciare ai sentimenti, in lotta perenne per non morire. Erranti in un mondo abitato da figuranti malati di rabbia, rinunce, egoismo.

In una notte fredda che gela i pensieri e anestetizza le coscienze, si dipana il dramma di tre uomini in fuga dal male di vivere, spinti al limite delle proprie forze emotive per bruciare in pochi secondi anni di silenzi e soprusi taciuti.

"Ricorda che tu non sei abituato ad avere qualcosa, e non essendo abituato non conosci la paura che ti viene quando rischi di perdere qualcosa".

Il libro che non ti aspetti. Bizzarri esordisce nella narrativa con una scrittura convincente, che lega il lettore fino alle ultime pagine in un crescendo d'attesa che non delude. 

domenica 14 febbraio 2021

'Adesso che sei qui' di Mariapia Veladiano

Zia Camilla cammina con il cappotto nella piazzetta deserta del paese nel primo pomeriggio di un giorno assolato d'estate.

Strambo.

No, zia Camilla ha più di settant'anni e il cavaliere inesistente che l'accompagna è il dottor Alzheimer.

Un tedesco antipatico, un mostro.

Le dice sua nipote Andreina.

Figlia, più che nipote. Dacché è stata cresciuta da zia Camilla che di figli non ne aveva avuti.

Quel pomeriggio assolato era stato l'esordio. Di una malattia che all'improvviso era diventata nota a tutti, parenti, piccola comunità di montagna.

E piano piano Andreina, madre, moglie, insegnante, aveva preso a convivere con la fragilità tutta nuova della zia, i tempi da rivedere per assisterla, nella sua casa, nel suo mondo che sembrava sgretolarsi.

Non era stato facile, vincere la diffidenza di quanti pensavano di ricorrere ad una residenza per anziani, a medicine ad orario per svegliare, calmare, stimolare, dormire, ai consigli di familiari smarriti al punto di occuparsi della malata come di una pratica da sbrigare; nemmeno confrontarsi giorno dopo giorno con una malattia che ruba ricordi, volti, emozioni salve rivelarne di nuove. Complici un gruppo di figure femminili che abitano il nuovo mondo di zia Camilla, Andreina può occuparsene con il cuore più lieve.

Non contrapponendosi alla malattia ma camminandogli accanto, riempiendo le giornate della zia di piccoli gesti di autonomia, consapevolezza, dell'allegria di due bambini, di donne straniere con un vissuto di dolore eppure aperte alla vita, alla cura reciproca, protagoniste della nuova vita di relazione della zia Camilla, sorridente nella sua amata casa di campagna, fiera del suo orto, leggera al passo del cane Pedro che le scodinzola intorno, delle ragazze del Progetto Alzheimer che avevano finito per diventare complici della zia Camilla e del clima di serenità che irradiava il suo piccolo mondo antico.

Andreina ha accettato di non combattere né avere la presunzione di vincere la malattia, ha solo deciso di vivere con la zia i suoi nuovi giorni, 'adesso che sei qui', senza lacrime o rimpianti, un nuovo tempo fatto a misura sulla zia, parole, conferme, e tante piccole bugie per viverle accanto quanto più possibile con leggerezza.

Complicato apprendere il nuovo linguaggio della malattia, più semplice se lo si interpreta come un linguaggio d'amore, universale, per chi ci ha amato ed ameremo sempre.

Un romanzo che è come una carezza gentile al cuore di chi cura una persona amata da un male ostile.

Non un viatico ma una strada possibile da seguire nel quotidiano di chiunque,   accettare la fragilità come parte di noi, la fallibilità come punto di partenza, la diversità come ricchezza. Il mondo dei malati di Alzheimer ad esempio da abitare, accettare, ove possibile.

Una scrittura empatica quella della Veladiano che scopre il velo della malattia rendendola per il tempo della lettura parte di noi, senza fingimenti, un dolore prossimo, misurato, da comprendere, condividere, fare proprio, come le protagoniste del romanzo, una piccola comunità di donne che fa della cura reciproca il punto di forza.

Perché zia Camilla regala a loro e ai lettori l'insegnamento più importante: fermarsi, prendersi del tempo, sfuggire agli obblighi, agli impegni che la società impone, per vivere, semplicemente, vivere: 'Erano giorni felici, fatti di tempo presente, che nessuno ha più. Tempo che non correva avanti strizzato da quel che sarà da fare. Pieno di senso perché era allegro. Di libertà. Senza programmi. Gli orologi dalle lancette obbedienti solo alla nostra improvvisazione".