domenica 14 febbraio 2021

'Adesso che sei qui' di Mariapia Veladiano

Zia Camilla cammina con il cappotto nella piazzetta deserta del paese nel primo pomeriggio di un giorno assolato d'estate.

Strambo.

No, zia Camilla ha più di settant'anni e il cavaliere inesistente che l'accompagna è il dottor Alzheimer.

Un tedesco antipatico, un mostro.

Le dice sua nipote Andreina.

Figlia, più che nipote. Dacché è stata cresciuta da zia Camilla che di figli non ne aveva avuti.

Quel pomeriggio assolato era stato l'esordio. Di una malattia che all'improvviso era diventata nota a tutti, parenti, piccola comunità di montagna.

E piano piano Andreina, madre, moglie, insegnante, aveva preso a convivere con la fragilità tutta nuova della zia, i tempi da rivedere per assisterla, nella sua casa, nel suo mondo che sembrava sgretolarsi.

Non era stato facile, vincere la diffidenza di quanti pensavano di ricorrere ad una residenza per anziani, a medicine ad orario per svegliare, calmare, stimolare, dormire, ai consigli di familiari smarriti al punto di occuparsi della malata come di una pratica da sbrigare; nemmeno confrontarsi giorno dopo giorno con una malattia che ruba ricordi, volti, emozioni salve rivelarne di nuove. Complici un gruppo di figure femminili che abitano il nuovo mondo di zia Camilla, Andreina può occuparsene con il cuore più lieve.

Non contrapponendosi alla malattia ma camminandogli accanto, riempiendo le giornate della zia di piccoli gesti di autonomia, consapevolezza, dell'allegria di due bambini, di donne straniere con un vissuto di dolore eppure aperte alla vita, alla cura reciproca, protagoniste della nuova vita di relazione della zia Camilla, sorridente nella sua amata casa di campagna, fiera del suo orto, leggera al passo del cane Pedro che le scodinzola intorno, delle ragazze del Progetto Alzheimer che avevano finito per diventare complici della zia Camilla e del clima di serenità che irradiava il suo piccolo mondo antico.

Andreina ha accettato di non combattere né avere la presunzione di vincere la malattia, ha solo deciso di vivere con la zia i suoi nuovi giorni, 'adesso che sei qui', senza lacrime o rimpianti, un nuovo tempo fatto a misura sulla zia, parole, conferme, e tante piccole bugie per viverle accanto quanto più possibile con leggerezza.

Complicato apprendere il nuovo linguaggio della malattia, più semplice se lo si interpreta come un linguaggio d'amore, universale, per chi ci ha amato ed ameremo sempre.

Un romanzo che è come una carezza gentile al cuore di chi cura una persona amata da un male ostile.

Non un viatico ma una strada possibile da seguire nel quotidiano di chiunque,   accettare la fragilità come parte di noi, la fallibilità come punto di partenza, la diversità come ricchezza. Il mondo dei malati di Alzheimer ad esempio da abitare, accettare, ove possibile.

Una scrittura empatica quella della Veladiano che scopre il velo della malattia rendendola per il tempo della lettura parte di noi, senza fingimenti, un dolore prossimo, misurato, da comprendere, condividere, fare proprio, come le protagoniste del romanzo, una piccola comunità di donne che fa della cura reciproca il punto di forza.

Perché zia Camilla regala a loro e ai lettori l'insegnamento più importante: fermarsi, prendersi del tempo, sfuggire agli obblighi, agli impegni che la società impone, per vivere, semplicemente, vivere: 'Erano giorni felici, fatti di tempo presente, che nessuno ha più. Tempo che non correva avanti strizzato da quel che sarà da fare. Pieno di senso perché era allegro. Di libertà. Senza programmi. Gli orologi dalle lancette obbedienti solo alla nostra improvvisazione".

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