sabato 29 novembre 2014

"Smith&Wesson" di Alessandro Baricco

"Tutti saltano nello stesso modo via dalla loro vita, oltre se stessi, rischiando tutto per sentirsi davvero vivi". Rachel Green sceglie un modo tutto suo per sentirsi viva, per scalzare il destino, sfidarlo, tentare qualcosa che nessuno ha mai fatto: lasciarsi cadere dalle cascate del Niagara in una botte. Trasformare un luogo di morte nel trionfo della vita.
Il 21 giugno 1902, complici due improbabili e scanzonati geniacci, Tom Smith e Jerry Wesson, davanti ad una folla gremita di spettatori giunti da ogni dove, Rachel tenta la sorte lasciandosi portar via dal fiume.. 
Accade una notte, accade che.. un pescatore di cadaveri perfetto conoscitore della geografia dei fiumi meno dell'anima degli uomini, e un meteorologo con un passato da inventore fallito, si lascino convincere da una giovanissima giornalista desiderosa di dimostrare il suo valore a cogliere l'ultima occasione per battere la noia della solitudine e la discriminazione dei vincitori: sopravvivere alle cascate del Niagara, all'abbraccio della natura selvaggia.
Con un battage pubblicitario senza precedenti e la folle determinazione di una ragazza disposta a tutto per conquistare la propria indipendenza, Smith e Wesson tenteranno l'impossibile, sfidando la ragione e l'assennatezza. Quello che verrà sarà il ricordo di un'impresa e un monito a raccontare del coraggio di una donna e della straordinaria e magica follia dei sogni, realizzati ad ogni costo. Raccontare per ricordare che "seminammo immaginazione, e follia, e talento".
Un testo teatrale breve e intenso che tratteggia personaggi strani, folli e divertenti al limite della caricatura ma ricchi di pathos. Una strana coppia che nel nome porta inciso il marchio dell'esplosiva vivacità, ed una giovane protagonista indomita.
Una narrazione, quella di Baricco, che stranamente svia il lettore. Tutto sul filo del lezioso, del costruito, quasi troppo controllato, dosato. Persino le parole, vero è come lascia dire a Smith che "le parole sono piccole macchine esatte.. se uno non le sa usare, tanto vale che non le usi". 

giovedì 6 novembre 2014

"Guardati dalla mia fame" di Milena Agus e Luciana Castellina

8 marzo 1946. Andria.
La piazza è piena di gente, giunta da ogni dove per il comizio di Giuseppe Di Vittorio.
La guerra sembra alle spalle ma è un'illusione. La guerra vera, quella che si combatte ogni giorno, da sempre, per milioni di affamati e poveri cristi, non è mai finita, tanto più in terre svuotate di tutto persino della speranza, come le campagne pugliesi, ostaggio di latifondisti.
Ma in quell'otto marzo  1946 "la fame si fa violenza e chiede vendetta".
La gente aspetta solo un pretesto per rivoltarsi contro i padroni, quei proprietari terreni, quei nobilotti di paese che da sempre li affamano, e accade.
Dal tetto di Palazzo Porro che si affaccia sulla piazza principale del paese si avvertono spari, e la folla, inferocita, reagisce.
E' un momento e il palazzo è accerchiato, assaltato e gli occupanti stanati e colpiti, alcuni fino alla morte.
Ma a Palazzo Porro non ci sono uomini né alcuno che possa o voglia aggredire la povera gente. Il palazzo è di proprietà delle sorelle Porro, pie donne nubili la cui vita "disabitata" è ai margini di un racconto corale di paese dove i gesti sono ripetuti, i silenzi colmi di significato e le attese sospese.
Non c'è nulla nella loro quotidianità che non sia regolato, non leggono altro che fede nei gesti della gente e ne ignorano difficoltà, sogni e speranze. Sono avulse dalla società, rintanate nella loro casa fatta di merletti, preghiere e ricami, risparmi e implicite mortificazioni dell'anima, loro che escono solo per andare in chiesa di cui sono benefattrici, certe che quel bene venga condiviso con chi ha bisogno davvero, loro che "non protestavano e non domandavano niente più che di esistere".
Il giorno dopo l'assalto a Palazzo Porro ovunque ad Andria è silenzio, in piazza come nelle case della gente, silenzio assertore di un fatto di irrevocabile evidenza: le sorelle Porro sono morte, ree come tutti gli altri proprietari terrieri di "non avere fame" ma "affamare", di provocare con la loro solo presenza. Giustizia, o meglio, vendetta è compiuta, del resto "era gente soddisfatta di sé e invece.. se c'era qualcuno di cui diffidare, era proprio la gente soddisfatta di sé".
Il processo che seguirà, individuerà i colpevoli tra la gente, corpo indistinto, denunciando l'atavico problema di una discriminazione sociale senza tempo, arma crudele.
A raccontare la storia dell'omicidio delle sorelle Porro in due parti volutamente distinte le penne della Agus e della Castellina in una narrazione che confronta e colma la storia di pathos emozionale tipico dei romanzieri all'analisi lucida e ricca di dati del giornalismo.
La scrittura bifronte è palpitante e pregevole e di disarmante lucidità nel raccontare pagine della nostra storia moderna forse forzatamente dimenticata per edulcorare i drammi di una nazione come la nostra frammentata e problematica mai giunta a maturità sociale.




giovedì 2 ottobre 2014

"Colpa delle stelle" di John Green

"I veri eroi comunque non sono quelli che fanno le cose; i veri eroi sono quelli che notano le cose, quelli che prestano attenzione ".

E' tutto qui il segreto di 'Colpa delle stelle'. John Green, l'autore, ha saputo notare le cose: l'inquietudine, l'impossibilità di raccontare la malattia senza scivolare nel drammatico raffazzonare di luoghi comuni, l'agile stordimento dell'amore che basta a illuminare giornate di infinita tristezza perché lieve e spontaneo, coraggioso e appassionato, bastevole a se stesso, e non solo.. deciso a smuovere le coscienze, a costringere impietose analisi o sferzanti ribellioni, dare volto e voce alle professionalità tutte spese ad assistere, curare, sostenere i malati e le loro famiglie. Ma a dispetto della malattia che corrode le esistenze dei giovani protagonisti, 'Colpa delle stelle' racconta di speranze, saggezza e maturità in corpi imprigionati per sempre nell'adolescenza. Una maturità che permette di comprendere, accettare il male e vincerlo nel momento in cui si sa di non potevo battere, emendato; liberando il corpo da ogni costrizione, di ogni dolore terreno. Hazel e Augustus decidono di vivere, accettare quello che non possono cambiare, prendere quel che possono, ringraziare di quello che hanno avuto.
L'indicazione che ne viene ai lettori tutti è di rivedere i propri personali bisogni, accettare le imperfezioni della vita e prendere, godere di quello che si ha, notare l'infinito che si cela nella finitezza delle cose.
La delicatezza con cui l'autore racconta l'amore dei due giovani fa bene al cuore. "Mi hai regalato un per sempre dentro un numero infinito, e di questo ti sono grata".
Una volta tanto una narrazione semplice, disincantata ma leggera come una carezza gentile ispira pensieri profondi. "A volte sembra che l'universo voglia essere notato".

martedì 23 settembre 2014

"Il segreto della bambina sulla scogliera" di Lucinda Riley

"Tutti mi chiedono sempre come mai sembra che io non abbia paura. Perché mi sembra che troppo spesso sia proprio la paura a impedire alle persone di essere felici".
Aurora ha il nome di una principessa delle favole ma la sua storia non è scritta per avere un lieto fine. Grania la incontrerà una notte di tempesta su una scogliera, lo sguardo perso nel buio, il corpo intirizzito dal freddo. Viene da una vecchia dimora di cui tutti parlano con timore. Nella sua famiglia, disgrazie e storie di fantasmi, l'ultima sulla bellissima e giovane madre della piccola, morta suicida.
Ma Grania, in fuga dalla perdita del suo bambino e dall'amore della vita da cui si sente tradita, vede nella piccola solo un essere in cerca di aiuto, affetto. Sarà lei a donarglielo, a conquistare la sua fiducia, a farla sentire una bambina come altre, a regalarle la famiglia che le è sempre mancata. E Grania scoprirà che Aurora in fondo fa già parte della sua famiglia, lo dice il suo cuore e un mucchio di vecchie lettere che raccontano di una donna straordinaria, del suo coraggio e del suo amore indiscusso per una bambina venuta da lontano. Attraverso le due due guerre mondiali, tra Londra e la vecchia Irlanda, nobili famiglie e domestici dal cuore d'oro, sacrifici, sogni e passioni dolcissime Grania ricostruirà il passato della sua famiglia, perdonerà colpe taciute, aprirà il suo cuore all'amore più puro, fino a scoprire che è possibile perdonare, perdonare se stessi per troppo orgoglio, vincere la paura e l'insicurezza per donarsi alla speranza di un futuro carico di promesse.. perché per amore si è in grado di fare qualsiasi sacrificio.

Un lunghissimo romanzo costruito pagina dopo pagina per attanagliare il lettore in una narrazione complicata, dove ogni minimo particolare non può essere lasciato al caso a rischio di apparire forzato. Una storia che a prescindere dalle intenzioni dell'autrice si perde nell'anonimato di una scrittura troppo simile a tante altre. 

lunedì 22 settembre 2014

"La donna è un'isola" di Audur Ava Olafsdottir

"Sono molti, gli eventi carichi di conseguenze che possono accadere a una donna nel breve arco di una giornata. La maggior parte degli errori si commettono in un attimo, si contano nell'ordine di secondi: una curva sbagliata, il piede sull'acceleratore anziché sul freno, un sì al posto di un no, o di un forse. Invece, è molto raro che gli errori siano il risultato di un concatenarsi di decisioni logiche. Ci sono donne, ad esempio, che si ritrovano a un pelo dall'amare con tutta la loro anima, essere proprio sul punto estremo, senza averci riflettuto neanche per un istante".
Così ad una donna inarrestabile, caotica, a volte un po' originale, può capitare nella stessa giornata di lasciarsi convincere di consultare una chiaroveggente, pensare di poter tenere insieme amante e lavoro, piegata dal senso di impotenza e al tempo stesso bisogno di riempire un vuoto che non ha nome e accettare di essere lasciata per una donna che presto sarà quello che lei non desidera essere: madre. Salvo ritrovarsi pochi giorni dopo a rimettere insieme i cocci della sua vita con un viaggio insolito e improvvisato, quasi una fuga, con un compagno inatteso: un bimbo di quattro anni, un bimbo speciale, con piccole disabilità fisiche, un bambino di cui prendersi cura, di cui essere responsabile.
Un viaggio in apparenza senza meta, di libertà, esperienze, errori, incontri fortunati, magici, irreali. Un viaggio che sa di rinascita e riconciliazione. Un viaggio per fare pace con il proprio passato e luce sul presente. Un viaggio per imparare il senso della parola cura. Un viaggio per volersi bene ed assaporare tutta la bellezza della vita, perché nessuno è sempre e solo un'isola.
Un romanzo inatteso, a tratti incerto nella scrittura, non sempre capace di rendere a meglio l'effimero di un tempo che consuma sentimenti e produce incertezze, con sprazzi di emozione e sensibilità che rivelano la bellezza di gesti semplici e condivisi, come la cucina o il cucito in una piccola comunità ai confini del mondo abitato che non ha dimenticato il valore dell'accoglienza.

domenica 21 settembre 2014

"La musica provata" di Erri De Luca

"La scienza cerca nei calcoli le regole che governano il pianeta. A Napoli s'impara che la macchina mondo è un'orchestra musicale. S'impara ad andare a tempo, stare in una partitura".
E la musica è in testa da sempre in Erri De Luca, mosso all'intonazione a forza di fatica, studio e infinito amore materno. E la musica accompagna consapevolmente e non la vita di ognuno di noi, di più cuce i ricordi, rimargina ferite, cura l'anima, illumina di sorrisi, si fa compagna, stordimento, lotta, stimola fantasie, giochi, pensieri. Di certo è sempre presente, provata, cercata voluta, necessaria a volte a dar forma e forza alle parole e sprovata, ovvero "urgente, che non chiede permesso, sta sopra le righe e sopra i toni, quella che svuota i polmoni e strizza gli occhi e l'anima, generosa e irriverente". Un po' come la vita.
Il progetto de "La musica provata", libro e dvd, è di una bellezza gentile. Le storie che De Luca ha tutte scritte nelle rughe del suo volto antico e negli occhi chiari come il mare della sua Napoli, riflettono a perfezione le note della musica, canzoni prestate da un secolo generoso di note e passioni e canzoni nate intorno a parole necessarie a raccontare storie spesso taciute dalla vergogna del nostro tempo: guerre, migrazioni, ingiustizie. Ma c'è anche il tempo della memoria privata, di una famiglia capace di trasmettere emozioni, desideri e impellenti moti di libertà.
Con voci amiche di attori, scrittori, cantanti il percorso corre veloce, improvviso "sono piovute le musiche, ognuna stava in grembo a qualche nuvola. Ogni canzone è stata prima scroscio e le sue note gocce".
La parole di De Luca si sposano alla musica di Di Battista, alla voce di Nicky Nicolai e si colorano di bellezza.

venerdì 12 settembre 2014

"Come fossi solo" di Marco Magini

"Sparo, sparo per non sentire più quelle urla, sparo perché non posso non sparare, sparo perché non voglio ricordare chi sono veramente, chi sono diventato".
Srebrenica, metà luglio 1995.
Dieci, cento, mille corpi scivolano per terra, ammonticchiati in un angolo come fossero meno che carne da macello. Ed è per coprire le voci strozzate di paura, rabbia, orgoglio, per salvare la propria vita e quella della propria famiglia che Drazen spara. Sa che è sbagliato, sa che quel gesto atroce segnerà la sua fine di uomo, mangerà la sua coscienza, irriderà la sua vita di lì in poi, sa che ipotecherà il futuro ma non ha altra possibilità. E' un uomo solo, vile, impotente.
Così Dirk, casco blu olandese, testimone del massacro degli innocenti che bagnerà di sangue la città sotto il controllo del contingente Onu e tingerà di vergogna l'Occidente tutto, silente e altero nei suoi palazzi di vetro. "Obbedire è non pensare", ripete ossessivamente Dirk, illudendosi di fingersi utile per sopravvivere al nulla di mani che non possono usare arma alcuna per difendere chi chiede aiuto, protezione.
Così tempo dopo Romeo Gonzales, giudice al Tribunale penale per la Ex Jugoslavia incaricato di far luce sui colpevoli dei crimini di guerra. Salvo scoprire che il crimine si cela nelle carte di una burocrazia sterile che non sa leggere le pene di chi non ha alibi per sottrarsi agli orrori della guerra.
In fondo "quella che noi siamo abituati a chiamare storia non è altro che l'insieme delle azioni di grandi uomini, siano essi esempio di grandezza assoluta o sintesi di malvagità estrema. Ma il motore della storia è un altro. Il motore della storia sono i milioni di uomini che lottano con le loro inadeguatezze, con le loro paure e le loro ambiguità. Persone che non prendono decisioni nette, ma che fanno del loro meglio. Magari sbagliano, magari reagiscono troppo tardi, ma comunque cercano di resistere ai loro istinti e, anche se non sempre l'hanno vinta, scelgono di andare controcorrente per continuare a sentirsi umani".
In quei giorni, mesi, anni nei territori della Ex-Jugoslavia in un tempo che credevamo di pace, molti, troppi uomini hanno smesso di sentirsi umani per essere vittime o carnefici, lasciando inquieti tutti quelli che pur imponendosi di non vedere hanno sentito lacerarsi qualcosa dentro.
Marco Magini trasforma i fatti in pagine di un romanzo che lacera dentro a distanza di tempo, costringendoci a confrontarsi con la banalità del male, a sporcarci duramente la coscienza con quelle scene di stupri e assassini di massa che credevamo relegati in un'epoca lontana. Lo fa indagando con semplicità, veridicità e pathos l'animo dei protagonisti di quei giorni, uomini, uomini lasciati soli, cui guerra e odio hanno strappato la speranza. Un romanzo intenso e necessario.


domenica 24 agosto 2014

"Ovunque, proteggici" di Elisa Ruotolo

"..diventando un Girosa non da subito ma a un certo punto, appena ho creduto alle storie di Ettore senza insospettirmi a prenderle per ciò che erano: bugie buone a moderare verità che addolorano. E' successo nel momento in cui ho creduto ai ferri e ai chiodi della nostra storia, a fulmini che scansano; a erbe che guariscono; a vergogne grezze, bisognose di tenersi per moglie una figlia; a soffi di fiato che schiudono orecchi; a verginità intatte dopo molti anni e uomini venuti a scompigliarle; a scottature e odori di cenere senza mai confonderli col peccato e l'innominabile".
Lorenzo Girosa cinquant'anni e una vita sfusa dal pacco come quella del padre Nicola alias Blacmàn, un imbroglione, un mago, un guitto... un bugiardo. Pur desiderando sfuggire al suo destino, emanciparsi da quel padre e da quel carico di angustie e stranezze Lorenzo finirà per somigliargli, riconoscersi nei suoi difetti, finanche nelle sue stesse colpe, salvo emendare in età adulta quando avrà il coraggio di confrontarsi con il passato, con la coscienza e dare forma ad una verità che spiega tutto, intrisa com'è di dolore e spavalderia, bisogno e pena infinita.
Ma questo è Lorenzo.. colpa e perdono, questo trasudano le mura di Villa Gerosa, e tutti i suoi ospiti venuti di generazione in generazione ad abitare una casa nel bosco, a rompere i silenzi, a lavorare campi, a sognare di far grande la famiglia limitandosi poi a sopravvivere, pezzi impazziti su una scacchiera dove il nero della sofferenza ghermisce il bianco della gioia e della speranza. Sognatori arditi e stregoni, contadini e viaggiatori, ombre silenti e vergini colpevoli, corpi di uomini e donne decisi a sfidare la sorte per amare chi non ricambierà l'amore se non con briciole di inutile possesso e sguardi di biasimo e sconforto. Eppure a dispetto di cuori infranti e malattie espiatorie Villa Girosa sarà sempre pronta ad accogliere, come la comprensione inattesa e l'abbraccio paziente di Mariano, un medico dei pazzi sui generis, intessuto di sconfinato amore, l'unico capace davvero di rimettere ordine sulla scacchiera della vita dei suoi parenti, pareggiare il bianco con il nero e restituire speranza e volontà per ispirare in chi oltrepassa il cancello della vecchia villa la preghiera Ovunque, proteggimi. 
Un viatico del cuore, questo è la scrittura della Ruotolo. Intensa, emotiva, strabordante di semplicità e passione come i personaggi di Villa Girosa. Al lettore sembra di abitare quelle stanze, immergersi negli odori e negli umori della casa, compenetrarsi con i dolori e i desideri di Ettore, Rachele, Rosaria, Mariano, Francesca, Eliana, Lorenzo, Ester e farsene carico per capire e riconoscere la forza della famiglia, dell'amore, su tutto e a dispetto di tutto. 

domenica 22 giugno 2014

"Solo una volta nella vita" di Timothy Lewis

"Osserva attentamente gli occhi di un uomo e vedrai le sue speranze e i suoi sogni"
Cartoline postali, a decine. Ecco l'inatteso strano tesoro rinvenuto in una casa in vendita. Adam, agente immobiliare, è abituato a spulciare nelle vite altrui, ma la storia che rivelano quelle vecchie cartoline postali sa di favola d'altri tempi, perché racconta un amore lunghissimo, parla di attenzione, devozione, rispetto tra un uomo e una donna. E lui, divorziato dal cuore spezzato, non crede a quel tipo d'amore, non crede possa essere mai esistito davvero qualcuno capace di comporre una poesia ogni venerdì per circa sessantanni e spedirla alla moglie. Ma quel qualcuno ha un nome: Gabe. E l'oggetto del suo amore è l'indomita, straordinaria Pearl. Insieme nelle difficoltà, imbrigliati dagli imprevisti del tempo, schiaffeggiati dalla cattiveria dei gelosi, cullati da un amore testardo e devoto, appassionati come due amanti, amorevoli nella cura reciproca.
Curioso e deciso a provare l'esistenza del vero amore, Adam ricostruirà la vita di Gabe e Pearl attraverso le cartoline postali.. ma il segreto, il segreto del grande amore lo troverà negli occhi di una giovane donna, Yevette. E' lei ad avere l'unica cartolina postale mai spedita a Pearl, lei a regalare ad Adam la forza per ricominciare: la speranza, perché "qualsiasi errore tu abbia fatto nelle storie passate, quando l'amore rinasce si riaffaccia anche la speranza". E' lì il segreto: il potere dell'amore attraverso la speranza.

Timothy Lewis imbastisce una storia romantica infiocchettandola con il nastro delle belle parole: su tutte, speranza. Il messaggio è credere nei sentimenti, impegnarsi per alimentare l'amore, desiderare, credere, sostenere, avere fiducia. E leggere così con attenzione i segni dell'amore per riconoscere l'anima gemella. Capita poi che di mezzo finisca anche un angelo custode così da tingere di surreale la storia, ma in fondo il messaggio di fondo è 'credere'. La narrazione però è lenta, forzata, imbrigliata, non brilla mai, non coinvolge, infine deraglia. Spunto interessante ma in conclusione occasione sprecata.

domenica 15 giugno 2014

"Un comunista in mutande" di Claudia Piñeiro

"..i ricordi ci appartengono, quindi in essi non c'è verità o menzogna. I ricordi sono nostri complici".
E una donna, Claudia, ricorda: gli anni dell'adolescenza, le giornate al mare o i lunghi pomeriggi in piscina, i giochi, il chiacchiericcio complice tra amiche, i sogni semplici, le prime angustie, la scuola, la nonna che bussa al mattino alla finestra per svegliarla, il bagno con poca privacy, il fratellino un po' strafottente, la madre che cucina ogni sera la carne sui carboni e su tutti il padre: ogni mattina lì in mutande in cucina a bere il mate, abitudinario e stralunato; un padre di cui essere gelosa, uno controcorrente, alternativo, da voler compiacere e combattere al tempo stesso, così ammirato e discusso, un ribelle a suo modo, un comunista in un tempo e in un luogo in cui esserlo poteva essere pericoloso, perché il tempo è il 1976 e il luogo è l'Argentina a un passo dal colpo di stato di Videla.
Ma si sa, "la resistenza a volte si fa con i piccoli gesti", magari uno strambo annuncio su un giornale, un gioco di parole sottile e ironico per irridere il potere costituito, un silenzioso rischioso scimmiottare sedicenti comitati cittadini decisi a tutto per rivendicare il primato del monumento alla bandiera. Stretta tra il desiderio di accettazione e omologazione con le compagne di classe e la reverenziale fascinazione verso il padre Claudia finirà per cedere alla lotta intelligente, un sorriso sul volto, l'atto ribelle nel cuore.
"L'altezza del proprio padre segna un limite, un termine di paragone con cui, bene o male, si misurano tutti gli uomini, quelli che già conosciamo e quelli che compariranno in futuro".
Un romanzo di poetica intensità emotiva, che fruga nell'intimità di un diario personale e scivola tra le pagine della storia, accartoccia pensieri e umori incasellando ricordi, rievocando emozioni, sensazioni, riavvolgendo il filo sul gomitolo di una storia scritta sui corpi della gente, una storia tanto personale quanto universale che fa male: il dramma della dittatura in Argentina.
Tra foto, aneddoti, ricordi personali, un muoversi tra le sezioni del libro che è un gioco delle parti figurato quanto reale, scorre la narrazione personale, vera e verosimile dell'autrice, Claudia Piñeiro e lo sconfinato amore per il padre Gumer: "un comunista dichiarato e con enfasi, ma non praticante, cioè l'opzione più assurda: correre il rischio di affermarlo senza aver fatto alcun atto eroico che giustificasse tale pericolo. Neppure attaccare un poster alla parete. Un comunista in mutande".

domenica 1 giugno 2014

"La piramide di fango" di Andrea Camilleri

"La tò è 'na bella storia di romanzo di mafia. Non hai nisciuna prova 'n mano"
"Vero è. Ma le provi abbisogna circarle"
Piove a Vigata. Piove da giorni. Nulla del paesaggio caro a Salvo Montalbano, l'azzurro del cielo che sposa quello del mare, abita il paese e il suo cuore. Piove, ancora, e le tinte scure del fango che impasta la terra stritola il suo umore e tutto il suo fare; i suoi pensieri sono lontani, a Boccadasse, da Livia, da tempo malinconica per la morte del loro figlioccio.
Salvo lavora, ma non è presente a se stesso. Non come dovrebbe, non come vorrebbe. Ma è necessario che lo sia, perché in un cantiere il fango ha inghiottito il corpo di un uomo, un ragioniere. Intorno alla sua morte, violenta, ruota il sospetto di loschi affarismi tra famiglie potenti e politici, appalti truccati e lavori pubblici eseguiti risparmiando sui materiali. Eppure per l'opinione pubblica imbeccata da certa stampa scandalistica è il solito delitto passionale. Il marito tradito, la moglie scomparsa nel nulla e l'amante improvvisamente reo confesso. 
Montalbano è troppo 'sperto per cadere nella trappola, per non farsi domande, per non conoscere la sua terra. Basterà la tranquillità d'animo ritrovata della sua amata Livia per riportarlo ad essere il poliziotto di sempre: acuto osservatore, instancabile sarto di storie ascoltate, segreti rapiti, mezze confessioni e rapide intuizioni. Al fianco dei suoi colleghi ed amici fidati Montalbano saprà venire a capo di una piramide di fango e ritrovare la verità.

Un Montalbano sempre più uomo, più 'umano', dal cuore sospeso per l'incertezza del malessere della sua compagna, sempre più dubbioso sulla sua età e capacità di essere ancora un buon poliziotto e nonostante tutto ancora in grado di sorprendere e sorprendersi. Sempre più desideroso di smascherare i mali della società, giusto non giustiziere.
Una scrittura, quella di Camilleri, come sempre ammaliante, ispirata e profondamente vera.

domenica 25 maggio 2014

"Bizzarrie della provvidenza" di Erri De Luca

"Allora restauro leggende".
Fa anche questo De Luca, e di più. L'ultima breve raccolta di poesie porta l'Antico Testamento in rima. E lo lega ad ispirate visioni di quotidianità prossima, cronaca, vulnerabilità dell'animo umano, bisogni primari e fortunose e fortunate necessità.
C'è tempo da dedicare a Noè come a Sansone, a Davide come a Giona e mischiarlo ad odori, umori, sentimenti scivolando in osservazioni non mediate.
C'è la vita e la morte, l'attesa e lo spasimo, l'arrivo e la partenza, l'amore e l'odio, la caduta e il riscatto, la mano che affonda nella terra, c'è la semina e il raccolto.
"Così è la bizzarria della provvidenza, la deviazione urgente di un singolo diventa apripista del percorso di tutti gli altri".
Parole accartocciate dietro un significato che riluce di bellezza algida nel cuore sofferente del mendicante di vita.

"La vita è un colpo secco" di Francesca Palumbo


"Sto in silenzio, ma dentro i pensieri continuano a bussare per uscire, io li respingo, e loro si accavallano, sgomitano, combattono. Pensieri e cielo che continuano a stare sopra di me, sospesi" e il lettore li raccoglie e li fa suoi.

Diario, cronaca, graphic novel. Una manciata di racconti lunghi, brevi e brevissimi. Alcuni densi, veloci, vivaci come un post o un twitter altri meditati, rubati a un momento, ispirati da un incontro, siglati da un ricordo riaffiorato per caso. Una voce racconta e parla di ognuno di noi, con la leggerezza di chiacchiere tra amiche e la profondità di un animo turbato. Storie, intuizioni, percorsi, parole. Tutto profondamente vero.
Per le strade di una città assolata e addormentata del sud, di qualsiasi sud del mondo, come nelle pieghe di un tempo sospeso che parla di desideri repressi, sogni infranti, amori perduti ma anche ansie di riscossa, meditate vittorie, positivi rimandi al futuro. Emozioni, sentimenti, apparizioni. E intime riflessioni, confessioni: "non ho voglia di niente, se non di te, della tua voce, della tua presenza qui, accanto a me".
In fondo, "le parole che non escono sono sempre le più vere".

sabato 10 maggio 2014

"Mentre le donne dormono" di Javier Marias

"I libri che non leggiamo sono pieni di avvertimenti; non li conosceremo mai, o arriveranno troppo tardi".
Sarà per questo che non riusciremo ad evitare le chiacchiere a notte fondo a bordo piscina con un tipo strano abituato a filmare la giovanissima compagna tutto il giorno salvo scoprire che la sua adorazione per lei è prossima all'esasperazione inquietante dai risvolti tragici o siederemo accanto alla vecchia Elena che legge al fantasma di Zapata o inizieremo a soffrire di claustrofobia chiusi in ascensore accanto ad un maggiordomo che racconta dell'assurdo comportamento della sua giovane datrice di lavoro o un giovane insegnante alle prese con un fantasma che abita la libreria di facoltà e lascia strani messaggi, e ancora.. uomini alla prese con il doppio di se stessi, in fuga da una realtà che ignorano già come appagante, in perenne ricerca di risposte a quello che non può essere spiegato, illogico, imperscrutabile, stupidamente o stupendamente anarchico.
La narrazione di Marias è capace di esplorare i sentimenti più nascosti dell'animo umano in poche pagine, lasciando avvinto il lettore con giochi di parole e vere e proprie rocambolesche iperbole di scrittura che ne testimoniano la grandezza.
Marias è spiazzante, plaudente, ironico, stringente, ipnotico in questo repentino cambio di lettura tra il sé e l'altro sé; fagocita parole descrivendo situazioni al limite eppure ancora legato con un filo al terreno, al possibile, al vero. Una dozzina di brevi racconti che rivelano al lettore tutta la magia della narrazione.

venerdì 25 aprile 2014

"L'artista" di Gabriele Romagnoli

"Era da sempre l'unico invitato a viso scoperto di un ballo in maschera e guardava l'orologio in attesa del momento in cui tutti sarebbero tornati, come lui, sé stessi".
Lo chiamano l'Artista, ma pochi conoscono il suo nome e nessuno se quel che fa sia magia o abilità. L'Artista sembra essere un uomo senza tempo, eppure legge il pensiero, sembra prevedere il futuro, fors'anche raggirare la morte, di certo sa salvare. La vita, al sedicenne Remo Gualandi in un paesino di campagna sul finire della seconda guerra mondiale, rubandolo all'esecuzione dei nazisti. In cambio però Remo sa di aver perso l'unico vero amore della sua vita, Marta. E non se ne darà pace.
Rimpiangerà per sempre quel sacrificio non richiesto, sfiderà il destino sparando al suo aguzzino, credendo così di pareggiare i conti ma sarà un inganno.
Il destino tornerà a reclamare pegno, e con lui l'Artista a salvarlo ancora o forse no? Se è vero che dove lui c'è dolore, c'è la morte.. e un tributo alto da pagare, nuovamente chi si ama.
Ma forse è tutto un inganno o l'ennesimo mistero di un uomo che recita un copione scritto da altri, da chi ignora quel che da sempre si sa: "Ogni vita è straordinaria: basta ammetterne la possibilità. C'è sempre una via per la salvezza: è nella responsabilità". Questo ha fatto l'Artista: ha avuto cura, responsabilità verso le persone che hanno segnato la propria vita, restituendo quanto ricevuto. Perché "L'amore non è abbastanza se non dà salvezza. L'amore lo bestemmi quando non basta a salvare chi ami. Diventa soltanto uno scrigno vuoto, dentro una cassetta di sicurezza: apri e riapri per scoprire che non è rimasto niente". Non c'è mistero alcuno se non la semplicità del perdono. Una lezione di vita che giungerà in tempo a restituire pace a un padre e a suo figlio, tempo per la straordinarietà della lezione più umile e vera: la possibilità del fare, la gioiosa grandiosità di scegliere quello che vogliamo essere.

Il romanzo di Romagnoli, restituito al pubblico in una nuova veste editoriale, regala tutta la magia di una storia scritta bene. Le parole costruiscono sensazioni, evocano sentimenti, intrecciano accadimenti. Una lezione di vita che il lettore percepisce pagina dopo pagina, che pure accartoccia lo stesso il cuore in momenti di dolorosa pietas e gioia ritrovata, speranza e smarrimento. Nel racconto di Romagnoli c'è un piccolo mondo antico, generazioni a formarsi su dolori mai spiegati, segreti taciuti, colpe inesistenti ma volutamente macerate nell'incapacità di accettare la storia prima ancora che gli accadimenti familiari che a volte tutto stritolano. Partigiani e rivoltosi, guerre reali e battaglie di piazza, cuori in rivolta, e la necessità impellente di sapere e lasciarsi andare: "con la precisa intenzione di fare quello che feci, che non aveva senso ma lo feci, perché ogni tanto si può intuire invece di ragionare, scegliere l'incredibile e fare ammenda alla propria storia sprecata dicendo che sì, può essere, tutto può essere, anche quello che abbiamo escluso fino a quel momento, precludendosi la gioia". Un romanzo quello di Romagnoli di vibrante e reale bellezza. Una di quelle storie che appartengono al lettore, da sempre, per sempre.

domenica 20 aprile 2014

"Dieci dicembre" di George Saunders

"L'amore è quando uno ti piace com'è e in più fai delle cose per aiutare a migliorarlo".
Mettete un narratore fuori dal comune, mettete dieci piccole storie di umana cortesia e follia, mettete uno stile spiazzante e intessuto di emozioni, mettete la descrizione delle miserie e delle grandezze tutte dell'animo umano, mettete i sogni più semplici e i desideri più arditi, e ancora la conflittualità tra pensiero e fare, tra sconcertante, irriverente contestazione delle regole e l'agire spasmodico e necessario per la conservazione della vita stessa, per il raggiungimento della felicità, il superamento delle difficoltà quotidiane, le asperità smussate della volontà in essere; mettete tutto questo e molto di più e avrete una vaga idea della scrittura iperbolica, a tratti surreale, ma vivace e intensa dell'americano George Saunders.
I suoi personaggi sono fortemente disturbanti, esilaranti e vivi, le sue storie con una soggettiva narrante a tratti persino spiazzante sono pensanti e autentici, ma imbevuti di una tragica umanità che accalora: "Il bambino si accostò alla recinzione. Se avesse potuto dirgli, solo con uno sguardo: Non è detto che sarà sempre così. All'improvviso la tua vita potrebbe diventare stupenda. Può succedere. A me è successo". Impossibile restare indifferenti. 
Trai più apprezzati autori americani contemporanei Saunders segue la linea di rottura nella letteratura moderna già segnata dal coetaneo Percival Everett, grandiosamente immaginifico: una scrittura capace di evidenziare le brutali contraddizioni del mondo lasciando rilucere preziosi atti di singolare gentilezza.


sabato 12 aprile 2014

"Non volare via" di Sara Rattaro

"Gli eroi sono le persone che fanno le cose quando devono essere fatte, incuranti delle conseguenze".
Alberto osserva gli eroi che ha intorno da anni: sua moglie Sandra, sua figlia Alice. Vorrebbe somigliare loro, ma non sempre gli riesce, se mai combina guai, rischia di spezzare il legame più importante, quel nucleo familiare forte e coraggioso che ruota intorno al piccolo Matteo, audioleso. Un figlio così amato, speciale, che ha fatto della diversità un'occasione per rivelare l'incanto della sensibilità, dell'attenzione al prossimo, di più se quel prossimo è il padre incasinato dall'amore di gioventù che ricompare imprevisto nella sua vita. Si assolve Alberto, dalle mancanze, dai silenzi, dalle bugie. Si assolve e si aspetta il perdono quando viene scoperta la sua fedeltà. Perché Sandra non può spezzare il cerchio magico della famiglia, né colpevolizzarsi come donna ma capisce, di più si immedesima quando capita a lei di innamorarsi di un altro, all'improvviso.. amata, amante e non più madre, moglie. Di mezzo, straordinariamente presente, a bilanciare le intemperanze emotive e sentimentali dei genitori, a governare il tempo e reclamare attenzione per Matteo, lei Alice, precocemente adulta. Spazi, bisogni, regole, rispetto dei ruoli questo chiedono tutti, minori ed adulti e soprattutto comprensione, capacità di leggere nel cuore dell'altro.
Incapaci di lasciarsi forse per Matteo, Alberto e Sandra proveranno a vivere i loro nuovi amori solo per scoprire di appartenersi davvero, di "essere" in quanto reciprocamente amati. Finalmente davvero liberi di accettare gli ostacoli della vita improvvisamente lucide occasioni per vivere a pieno la libertà e l'amore, perché "L'amore ha tanti difetti ma non ammette distrazioni perché non riesce a perdonarle. Non è vero che non sai dove si trova chi ami, che qualunque cosa dica o faccia per te è lo stesso, e non è vero che basta una piccola evasione per farti credere  che sia tutto a posto. L'amore è un respiro che ti soffoca, un nome che non riesci a smettere di ripetere, la pioggia sotto il sole, un silenzio che non può zittire, una corsa per la vittoria, una cosa che non riconoscerai più, una pagina strappata o semplicemente qualcosa che ti dà il tormento. Ma per quanto la nostra passione bruci e la nostra ragione si sia persa in un luogo oscuro, l'amore è sempre una scelta".
Un romanzo coinvolgente, di sentimenti e passioni, di cadute e ostinazione nel rimettersi in piedi, occasione per guardarsi dentro e fare delle proprie fragilità, delle umane debolezze opportunità per crescere, per spezzare il disincanto delle illusioni perdute a fronte delle concrete realtà, così belle da illuminare il destino più buio.

sabato 5 aprile 2014

"La felicità è un battito d'ali" di Wendy Wallace

"Mi avete dimostrato che solo la volontà di Dio può distruggermi. Non mi hanno distrutta i vostri farmaci, il trattamento della sedia, le docce fredde, le porte chiuse a chiave, le miserabili crudeltà. Non mi uccideranno né la lama di un un rasoio né l'isolamento né le bastonate. Né la noia né la disperazione. Mi ucciderete soltanto assassinandomi".
Seconda metà dell'Ottocento. Lake House, a pochi chilometri da Londra nasconde un segreto. Quello che la gente desidera dimenticare: la diversità, l'insolenza della ribellione, forse la malattia di alcune donne. Semplicemente la difficoltà che può cogliere l'animo turbato di chi improvvisamente si vede estromesso da un affetto, provato da un lutto, spossato da un rifiuto. Malattie nervose spesso inesistenti per giustificare l'allontanamento, per tacitare scelte inappropriate, di rado tutelare chi sta male. Di certo un istituto psichiatrico per donne della buona società come vuol essere Lake House brutalmente guidato da Querios Abse non è il luogo per la giovane Anna Palmer, ivi condotta con l'inganno dal marito, un reverendo deciso a tutto per sbarazzarsi della moglie. La colpa che si attribuisce ad Anna sta nell'avventatezza di aver lasciato il marito per soccorrere i superstiti di un naufragio, e tra loro uno in particolare: un ragazzino sognato a lungo.
Il mare per Anna era stato sin dall'infanzia luogo di vita, il vicino rumoroso a cui rivolgere lo sguardo ma anche il letto di morte del padre marinaio. "Il mare era terribile. Il mare esigeva il suo tributo. Inghiottiva quello che gli spettava, quello che gli doveva". Era stato così anche per la famiglia di Anna, sconvolta da quella perdita, condizionandola al punto da cercare altrove, in un marito l'occasione di fuga. Era stato un inganno, ma non l'aveva capito, non in tempo utile per sfuggire a quel luogo di tormento che si sarebbe rivelato Lake House, tra inquisitori, aguzzini e anime tormentate, tutte meritevoli di una seconda occasione nella vita, tutte bisognose di libertà.
Non era bastato cercare l'aiuto del dottor Lucas e della sua idea di usare la fotografia per migliorare la diagnosi delle malattie nervose, nemmeno tentare una rocambolesca fuga con la giovanissima Emmeline figlia degli Abse, né cercar rifugio nella casa della sorella Louise. Anna era tornata indietro per dovere, per tutelare Emmeline ammalata, e forse se stessa benché lì "la stessero disfacendo come si fa con un lavoro a maglia". Anna aveva capito che doveva resistere, sopravvivere.. perché sarebbe uscita dalle mura di Lake House.
Sarebbe stato così, Anna era sopravvissuta ad agghiaccianti torture, trovando conforto nelle anime sfinite e pure che condividevano con lei la pena in quel luogo di reclusione, riconosciute come bisognose di cure più di lei. E a dispetto della follia e del dolore che traspirava da ogni angolo di quella magione oscura aveva trovato coraggio in se stessa, lucidità per cogliere l'assoluta atrocità e ingiustizia di una società che non riconosceva dignità e diritto alcuno alle donne, e la determinazione a liberarsi, emanciparsi come persona, rivelando al mondo la sua verità e tutto l'orrore che quei luoghi di mortificazione e non di cura celavano.
Finalmente libera, dal suo stesso passato, da un marito sconosciuto e prevaricatore, Anna Palmer aveva riconosciuto a se stessa la possibilità di essere padrona della sua vita, conscia che "la felicità è un battito d'ali".
Un romanzo intenso, una carezza dolorosa al cuore, la fotografia di un tempo non molto lontano in cui le donne venivano tacciate di isteria e malattie nervose solo per costringerle al silenzio. La coraggiosa storia di una donna decisa a riprendersi la sua vita. Una scrittura emozionale e ruvida che mortifica la scienza ed esalta i sentimenti e la volontà del carattere.

sabato 29 marzo 2014

"Pietra è il mio nome" di Lorenzo Beccati

Genova 1601.
"..ha il timore di perdere tutto in un solo istante. E non sarebbe la prima volta"
Sembra passato tanto tempo, troppo ma è là che tornano i ricordi di Pietra, là dove tutto è cominciato: l'orfanotrofio di Albaro. Lì aveva dichiarato al mondo il suo dono e taciuto l'orrore più abietto imparando a sopravvivere. Così aveva fatto, ci aveva provato ma non era bastato. La gente intorno a lei da sempre aveva preso a maledirla, osteggiarla, temerla sebbene ricorressero a lei ogni giorno per dipanare piccole e grandi misteri, ritrovare cose perdute, persone, sventare cattivi accadimenti, perché Petra è una rabdomante. Agita un pezzo di legno, ma in verità Pietra inganna il mondo e se stessa per celare quello che non si può dire, quello che nessuno mai le riconoscerà: intuito, capacità, intelligenza. Non ad una donna, mai. Non ad un'orfana raminga di affetti e considerazione, per lo più accusata d'essere un'assassina. Capita dacché a Genova le notti di Carnevale sono turbate dal ritrovamento di cadaveri di giovani donne barbaramente assassinate, capita perché accanto ai corpi compare sempre una bacchetta da rabdomante. Una firma, un atto di colpevolezza per molti, una sfida per Petra che è costretta a tornare al tempo del suo soggiorno ad Albaro: "Nei suoi pensieri riemerge un fatto di sangue che ha coinvolto sei piccole orfane. E lei".
Pietra sa che deve salvare altre potenziali vittime e se stessa, spiegare la furiosa sete di vendetta dell'assassino che ha riservato per lei la fine peggiore, sa che il nemico si aggira furtivo per i carrugi della città e che un altro viene da lontano.. troppo lontano per sapere da dove colpirà ma lo farà e sarà spietato perché si approfitterà dei suoi bisogni più intimi, soffocati.
Trafelata, indomita, inarrestabile Pietra metterà a nudo la sua anima esponendosi al nemico per vincere la sua battaglia più grande: sfuggire al pregiudizio e affermarsi come donna in un mondo che non riconosce la spregiudicatezza delle personalità femminili: "Pietra è il mio nome".

Giallo con ambientazione storica che ospita un'eroina moderna ante litteram, maddonari, loschi marinai, beghine e birri di quartiere, inquieti assassini, per una narrazione coinvolgente e brillante che riserva interessanti sorprese. 

mercoledì 26 marzo 2014

"Il libro dell'amore proibito" di Mario Desiati

"Non tutte le cose belle sono giuste".
Forse anche l'amore. L'amore che si dice proibito, nascosto tra le pieghe di un capriccio o qualcosa che ancora non si sa dire, spiegare, semplicemente perché le parole rubate ai poeti non possono supplire al vuoto dell'esperienza.
Scorcio di un'Italia di provincia, di un sud assolato e odoroso tra ulivi e mare azzurro. Francesco, detto Veleno, ha solo tredici anni quando viene sorpreso tra le braccia della sua insegnante di educazione tecnica, Donatella Telesca, giovane brillante e appassionata. E' subito scandalo. 
Reato, abuso per la legge degli uomini, altro per quella del cuore, del cuore di Veleno che si dice innamorato.
"Proibitemi di amarla e l'amerò per sempre".
Parole di un vaneggiare sfrontato di vita imberbe e invece manifesto di vita di chi saprà svincolarsi dagli sguardi, dai giudizi e dai pregiudizi, da certe vite spente e impostate per reclamare amore, fidando solo nell'amicizia di un altro sopravvissuto al dolore, Walter, e alla carezza ruvida del compagno di un tempo, con cui condividere amarezze e il bisogno forzoso di emanciparsi dai sensi di colpa e dalle vendette che pure ci saranno. Non sarà facile e spesso sfuggirà il traguardo ma "non c'è amore senza ostinazione", amore per l'altra, amore per la vita tutta, amore per la giustizia, amore per la follia di quello che si desidera compulsamente perché per quanti tutti possano dirlo sbagliato il cuore sa quel che è imprescindibile avere.
L'attesa silente, sofferta ma dolcemente pura di Veleno per Donatella è la testimonianza che spesso l'amore sfida la ragione e vince perché a dispetto di tutto e tutti, "l'amore è una cosa che non si vieta".
Disarmante, semplice, emozionante la voce narrante di Veleno, un'arringa in difesa del verbo amare, per mano di un autore capace di congelare il cuore del lettore per anni al fianco del protagonista, spingendolo ad interrogarsi sul labile confine tra bene e male, morale e immorale, colpa e perdono.
"Ci sono regole che chi ti ama vorrebbe infrangere anche se in cuor suo pensa che siano giuste"
Un libro quello di Desiati che veicola temi difficili ed emancipa l'età per amare, che è pure età per sbagliare, soffrire ed essere felici.

lunedì 24 marzo 2014

"Inseguendo un'ombra" di Andrea Camilleri

"Ma tu chi sei?
Chi sono lo sai. Ti dirò chi sono stato e chi non sarò mai più"
Nissim Abul Farag è poco più di un adolescente, abita un piccolo paese siciliano e su di lui la famiglia e l'intera comunità ebraica ripongono speranze accese. E' il 1465 e Nissim conosce il suo valore:
"Era scritto che avrebbe avuto la capacità di studiare le fedi dell'uomo senza personalmente credere nemmeno in una.. era scritto che in lui il confine tra verità e menzogna fosse così amabilmente tracciato da essere di difficoltosa visibilità" e Nissim non pensa alla vergogna e alla disperazione della sua gente quando rinnega la fede ebraica per scegliere la protezione della chiesa cattolica e tutte le possibilità che cela: studio, denaro, gloria. Prenderà il nome del nobile siciliano che gli farà da padrino, Guglielmo Raimondo Moncada e come esperto in lingue orientali, in dottrina e abile oratore sarà tra i più accesi accusatori e persecutori dei suoi ex correligionari, ne avrà in cambio titoli e onori che lo porteranno a Roma, alla corte del papa. Tanto vicino al fuoco da bruciarsi, tanto abile, infido, violento nelle sue torbide passioni, succube dei vizi da scivolare nell'abiezione e macchiarsi di un omicidio.
In fuga da Roma, in giro per le corti europee vestirà i panni del valente umanista Flavio Mitridate, al soldo delle più nobili famiglie come mentore di futuri principi e maestro di Kabbalah del grande Pico della Mirandola ma finirà i suoi giorni nelle prigioni vaticane vittima del suo stesso ego, dei ricatti, di sordide nefandezze.
Tanto geniale quanto perfido, l'uomo che ebbe tre nomi e più vite, rinnegò le sue origini e si votò al male, fu comparsa di primo piano del primo rinascimento italiano.
Non romanzo storico ma cronaca, narrazione alternata di elementi ispirati da racconti altri e nuove considerazioni, vero e falso, 'Inseguendo un'ombra' è il tentativo riuscito di catturare l'attenzione del lettore in una tela di fatti che raccontano di un personaggio diabolicamente forgiato dal suo tempo, un momento prima di ghermirlo, lui l'appassionato e inquieto despota di vita che fu Nissim, l'uomo che voleva essere il più grande del suo tempo, lui che sapeva di esserlo:
"..'u valori di un omo è sempri relativo, cangia a secunna delle circostanze, 'na monita d'oro caduta dintra un munnezzaro non vali nenti. Se 'nveci quella stissa monita ce l'ha in sacchetta ti ci puoi accattare quello che vuoi".

sabato 22 marzo 2014

"That's (im)possible" di Cristò

"Le cose impossibili accadano continuamente".
Una piccola rete televisiva di provincia. Un programma su una lotteria che forse nessuno vincerà mai. Un contagio virale o una tentazione diabolica a cui milioni di individui nel mondo sottendono per sfidare la sorte e indovinare un numero, qualsiasi.. anche il più alto. E realizzare milioni di sogni.. o lasciarsi vincere dagli stessi.
"Qual è il numero più alto cui riuscite a pensare?"
45888883451246398574668978532156448955666642 forse sarà quello vincente ma Bruno Marinetti, l'ideatore di That's (im)possible ha idea che i numeri siano una forma di linguaggio, come per sua sorella Sofia, giovane autistica, di più lo strumento per riequilibrare il mondo imperfetto.
Eppure un momento prima che la rivoluzione cominci ecco che l'impossibile accade.. e un numero zittisce per sempre le voci di dentro.. o forse no?
Una manciata di pagine, una storia raccontata a più voci, echi immaginifici di scritture del nostro novecento da Bradbury a Saramago, un sogno anarchico di giustizia sociale annichilito dal peso sgraziato del vivere. Un libro di smagliante vivacità visionaria e grandi potenzialità.

domenica 9 marzo 2014

"Con gusto. Storia degli italiani a tavola" di John Dickie

"Vi è l'abitato di Trabia nei quali si fabbricano i vermicelli [itriyya]" ovvero lunghi e sottili fili di farina essiccata cotti in acqua bollente. Pasta dunque, in Sicilia, al tempo dei Normanni. Retaggio della presenza araba come molti credono o prima testimonianza dell'uso del grano duro da parte delle genti autoctone per la produzione del cibo che avrebbe caratterizzato la cucina italiana nel mondo? Ed è possibile datare la comparsa di alcuni dei prodotti più riconoscibili della tradizione gastronomica italiana? A sfatare miti e ricostruire le origini della cucina nazionale ci prova l'accademico inglese John Dickie in un lavoro tanto interessante quanto coinvolgente: un viaggio nella storia italiana degli ultimi otto secoli che arriva a noi con un brio e una curiosità che affascinano.
Dalla cucina speziata e agrodolce medievale al fasto della tavola rinascimentale, dall'avvento di nuovi prodotti dalle Americhe -cioccolato, patate, pomodori, patate- sulle tavole della penisola alla trasformazione della pasta in alimento per le masse sul finire del '700; dall'unificazione dell'Italia che passa anche attraverso la cucina e le ricette di Pellegrino Artusi che codificano le tradizioni gastronomiche locali gettando le basi della cucina tradizionale alle ristrettezze economiche degli anni a cavallo delle due guerre e poco oltre; dalla diffusione oltreconfine della cucina italiana sintesi del melting pot regionale per il tramite degli emigranti al boom economico degli anni '60 e ad una nuova concezione di distribuzione e fruibilità del cibo; dall'affermarsi della dieta mediterranea alle mode in tavola degli anni '80 fino ad arrivare alla cucina del territorio che coniuga tipicità a genuinità. Di mezzo la civiltà di un paese che ha saputo fondare anche la sua ricchezza su una certa idea di cibo come identità.
Bravissimo l'autore nel contestualizzare i vari passaggi storici temporali, nel richiamare episodi, dare spessore a nomi di grandi cuochi, lasciar emergere dal territorio odori, colori, sapori. Così come perdersi in dettagli che appaiono necessari: dal sontuoso banchetto nuziale per 104 invitati in quel di Ferrara il 24 gennaio 1529 alla consuetudine dei servizi di credenza (freddi) e di cucina (caldi) serviti quotidianamente nel corso del conclave del 1549 che vide tra i suoi protagonisti quel Bartolomeo Scappi considerato il più grande cuoco del Rinascimento e ancora la comparsa dei torchi a vite per la preparazione della pasta a Napoli dove pure i maccheroni si mangiano non conditi con quella salsa di pomodoro che debutterà in una prima ricetta approssimativa solo nel 1884. C'è tempo di declinare ricette e osservare come già nel 1661 comparisse un primo provvedimento volto a tutelare i produttori bolognesi di mortadella per proteggere il famoso salume dalle contraffazioni così come spendere qualche riflessione sul ricettario messo su da alcuni militari nei campi di prigionia in Germania nel primo conflitto mondiale, confrontando ricordi rimpianti e desideri.
Un libro quello di Dickie che racconta di noi, dell'amore per il cibo che è occasione di stare insieme; è attenzione alla nostra storia, al nostro territorio; è opportunità di crescita; è forma d'arte.

domenica 2 marzo 2014

"Per un giorno d'amore" di Gayle Forman

"Per sempre, e un giorno ancora".
Allyson è una ragazza americana. Ha diciassette anni e il futuro già programmato. Il tour in Europa prima dell'università è il regalo dei genitori per conoscere il mondo. Sarà invece l'occasione per conoscere se stessa, perché l'incontro con un attore che recita Shakespeare per strada, Willem, cambierà il suo modo di essere. Lascerà Londra, le amiche e tutta la sua compostezza per passare un giorno a Parigi con un ragazzo pressoché sconosciuto. Scoprirà che l'amore "è come un segno sulla pelle... è qualcosa che, per quanto ci provi, non puoi più cancellare" ma fuggirà ancora dalla paura dell'abbandono per rifugiarsi nel mondo di abitudini, regole e formalità che abitava prima. Eppure.. non si può obbligare il cuore a dimenticare, non si può fingere per sempre, e affrontare le bugie raccontate ai genitori per dire che la vita che hanno disegnato per lei non è più quella che desidera è solo il primo passo per l'emancipazione di una giovane donna decisa ad affrontare quel giorno di follia trascorso a Parigi e trovare risposte. Willem l'ha solo ingannata, illusa, o era davvero speciale per lui?
Così una ragazza normale torna a Parigi e in una ostinata, imprevedibile, coraggiosa ricerca del ragazzo dei suoi sogni perduto si ritrova per le vie di Amsterdam: "Shakespeare! Che Commedia è? E prima che lui abbia finito di pronunciare il titolo comincio a ridere. Perché è semplicemente impossibile. E' più impossibile che trovare un ago in un pagliaio. Più improbabile che trovare una stella solitaria nell'universo. Meno probabile che trovare quell'unica persona tra mille che potresti amare. Perché stasera la commedia che va in scena al Vondelparck è 'Come vi piace'. E io so, con una certezza che non sono in grado di spiegare, ma su cui potrei scommettere la vita, che lui reciterà là".
Trovarlo, affacciarsi nell'ignoto che è stato quell'anno di vita per lui, saperlo magari accanto ad un'altra significa più dell'amore ritrovato per Allyson, perché all'improvviso ha capito cosa ha rappresentato davvero per lei conoscerlo, vivergli accanto per quel solo giorno, cercarlo: "Che lo ami oppure no, che lui mi abbia mai amato o no, e a prescindere da chi ama adesso, Willem ha cambiato la mia vita. Mi ha fatto vedere come perdersi e, poi, io ho trovato da sola il modo in cui ritrovarmi. Forse, dopotutto, incidente non è la parola più appropriata. Forse è miracolo. O forse, non è un miracolo. Forse è solo la vita. Quando ti apri ad essa. Quando ti fai avanti per andarle incontro. Quando dici di sì".

Una narrazione semplice, per certi versi persino stereotipata - nella visione del viaggio, della Parigi da cartolina che la protagonista cerca, nelle dinamiche familiari- ma al tempo stesso gioiosa, di scoperta, crescita. 'Per un giorno d'amore' è il racconto di un'affacciarsi alla vita, è il primo disarmante, impacciato tentativo di indipendenza di una giovane donna. Allyson è "la ragazza normale che sta facendo una cosa abbastanza folle", in realtà sta fortemente decidendo di vivere, di essere se stessa.

venerdì 28 febbraio 2014

"Il gioco di Ripper" di Isabel Allende

"Cinque ragazzini e un nonno che si divertivano in un gioco di ruolo", questo è il gioco di Ripper.
Siamo a San Francisco e Ripper è il gioco di ruolo che riempie le ore libere di Amanda e altri ragazzi solitari, introversi e saputelli in giro per l'America. Ore ad analizzare prove, sospetti, minuzie nelle indagini che legano insieme alcuni casi di omicidi efferati dietro cui si nasconderebbe la mano di un serial killer. Nessuno prende molto sul serio le supposizioni dei giovani investigatori, nemmeno Bob Martin, ispettore capo della sezione omicidi di San Francisco e padre della giovane Amanda, almeno non fino a quando nella rete del serial killer finisce Indiana, bellissima trentenne, ex moglie di Bob e madre di Amanda.
Tanto timida, posata, razionale Amanda quanto spirituale, empatica, irruente e vitale la bella Indiana, esperta in cure olistiche, il cuore diviso a metà tra il ricco e affascinante Alan Keller e l'ex navy seal in perenne lotta con i propri sensi di colpa, Ryan Miller. Ma intorno ad Indiana si muove una stramba comunità di sofferenti e bisognosi di varia umanità, tra loro forse la persona che l'ha inserita nell'elenco delle sue vittime. Non un omicida qualunque ma un malato, ossessionato dal vendicarsi di quanti, sin da bambino, gli hanno negato cure ed amore. Persino Indiana, per tutti buona ed adorabile, sembra aver commesso l'errore di non accorgersi di lui, ed ora è lei, non altri, ad entrare forzatamente nel gioco di Ripper: "Mia madre è ancora viva, ma sarà uccisa Venerdì Santo a mezzanotte".
Poche ore per Amanda e i suoi amici per scoprire l'identità dell'assassino e vincere il gioco di Ripper.

Primo tentativo della brava scrittrice cilena di cimentarsi con il giallo, 'Il gioco di Ripper' risente di una certa schematizzazione tipica del genere e paga un conto alto alla caratterizzazione dei personaggi e all'attenzione maniacale dei dettagli, del clima narrativo e della scrittura a tratti ridondante in cui viene calata l'azione. E' un pullulare di figure femminili, di famiglie matriarcali, di personaggi stereotipati schiacciati in un cicaleccio di voci che si affastellano pagine su pagine di storia che poco o nulla aggiungono, al punto che il lettore avverte la necessità di arrivare alle ultime trenta pagine dove alfine si dipana il mistero.
Spiace che non si possa convergere su un giudizio migliore ma il racconto non prende mai del tutto, a dispetto del buon tentativo di raccontare il rapporto speciale di Amanda e Indiana più sorelle che madre e figlia, e l'attenzione che l'autrice riserva per i più deboli, gli emarginati, i diversi e ancora l'affezione alle tematiche dell'amore, in cui la Allende può dirsi maestra.

giovedì 20 febbraio 2014

"Magazzino 18" di Simone Cristicchi

C'è un posto nel porto di Trieste dove i ricordi fanno male solo a guardare. Sono imprigionati lì da sessant'anni. Quel posto oggi è il magazzino 18, prima c'è stato il 26, prima ancora il 22. Proprio come i loro proprietari nemmeno i ricordi hanno trovato requie. Vagano da troppo tempo ma reclamano attenzione, sfidano il silenzio. Quei ricordi passano attraverso oggetti: armadi, sedie, letti, libri, corredi, pezzi di vite sradicate all'improvviso, con brutalità, urgenza, rancore. Lì nel magazzino 18 sono stivate quel che resta delle masserizie degli italiani costretti a lasciare l'Istria, Fiume, la Dalmazia dopo il secondo conflitto mondiale; esuli dal 10 febbraio 1947 quando un trattato consegnò a Tito quel lembo di terra che va da Capodistria a Pola. Dieci anni di fughe, violenze, partenze forzate che videro sparsi nel mondo circa trecentocinquantamila persone. Nel cuore l'amarezza di aver perso per sempre il diritto alla propria terra, alla propria identità e di esser stati testimoni di quell'orrore ancora misconosciuto che va sotto il nome di foibe: più di 1700 cave, fosse carsiche che hanno ghermito la vita di migliaia di innocenti, unica colpa essere italiani, ovvero fascisti, oppressori, traditori. Torturati, violati, spogliati dei loro beni, costretti a dimenticare la propria lingua, la religione, ridotti a niente e beffati, umiliati da quella matrigna che si rivelò l'Italia stessa. Costretti in campi profughi che somigliavano ai campi di concentramento, privati della possibilità di emanciparsi dallo stato di fascista, ladro, nomade qual era considerato l'esule dalmata, si smarriva sugli occhi spersi dei più indifesi l'imprescindibile rispetto che si deve a qualsiasi essere umano. Non più persone ma identità scomode, testimoni delle ultime atrocità dell'uomo in guerra. 
La scrittura semplice ed evocativa di Cristicchi costringe a confrontarsi con il passato: "Riappropiarsi della verità, anche di quella più scomoda, è l'unico modo per separare i buoni ideali dalle cattive azioni. Per commemorare, per partecipare davvero però è necessario prima sapere. e per sapere bisogna ascoltare, non solo con l'orecchio, ma col cuore" e lascia un senso di inadeguatezza, una silente vergogna per quello che i nostri nonni hanno finto di non vedere, ovvero lasciare che nostri fratelli venissero trattati come bestie, ignorando la loro storia che poi è la nostra. Leggere di loro, delle loro vite, della loro necessaria ricerca di libertà e salvezza, impone attenzione e condivisione, per lasciare che almeno per un momento il cuore sia di nuovo leggero, con la speranza che non accada mai più.

sabato 15 febbraio 2014

"Limonov" di Emmanuel Carrère

"Perché vuole scrivere un libro su di me?
Sono colto di sorpresa ma rispondo, con sincerità: perché ha una vita appassionante. Una vita romanzesca, pericolosa, una vita che ha accettato il rischio di calarsi nella storia.
E a questo punto Eduard dice qualcosa che mi lascia di sasso. Con la sua risatina brusca, senza guardarmi:
Già, una vita di merda".

Un libro potente, Limonov.
Uno di quei libri di cui senti la necessità anche se fa male.
Perché leggere la storia di Limonov è come immergersi in acque profonde, buie, pericolose. E' sapere di dovere andare sempre più a fondo prossimi al punto in cui mancherà il fiato e si annasperà nella risalita. Limonov è quell'abisso, quel pozzo nero verso cui per un momento si è attratti, il fascino del male, pronto a ghermirti, a farti male, e lo farà, sicuro che lo farà.
Limonov è la storia del novecento russo, è la storia del comunismo e il suo declino, è l'orrore del nuovi oligarchi, è la spietatezza del potere, il silenzio delle democrazie, il romanzo delle disillusioni.
E' la guerra e il peccato.
E' la salvezza e la sconfitta.
E' l'ardore, la passione egocentrica, l'autolesionismo.
E' la ribalderia ruffiana, il rifiuto della normalità, l'oblio degli ideali.
E' tormento, paura, furore cieco, crudeltà.
E' la ricerca della felicità, la fuga da un tempo morto, la frenesia del vivere ad ogni costo, con ogni mezzo, a discapito del debole, persino dell'amico.
E' l'amore illogico e l'odio smisurato.
Limonov è tutto, è così e persino peggio.
Un eroe maledetto da se stesso, così tratteggiato nel libro che va scrivendo giorno dopo giorno; un visionario, un pazzo che ha attraversato mezzo mondo, vissuto mille esperienze e nessuna, lavorato per ricchi e sbandati, rubato le vite degli altri per costruire quella perfetta, la sua. E' stato ovunque si sia fatta la storia, tra attentati e manifestazioni, rivoluzioni e feste, ha letto poesie, amato tante donne, ha usato molti corpi e abusato del suo, ha creduto di poter cambiare il suo paese e lo crede ancora, ha scritto libri scandalosi perché quella era stata la sua vita: uno scandalo, un esempio da dimenticare. Osannato e vilipeso, condannato e idolatrato. Un protagonista mai un comprimario. Ha sposato cause sbagliate e sparato su innocenti, è stato combattente e condannato. Romanziere, saggista, giornalista, sempre, un folle. Ma non si è tirato mai indietro e ha pagato i suoi errori.
"Appartengo a quella categoria di persone che non si sentono perdute in nessun luogo. Vado verso gli altri, gli altri vengono verso di me. Le cose si aggiustano naturalmente"
Inquietante, aberrante, difficile, una personalità complessa, eppure profondamente onesto nel suo rapportarsi agli ideali di sempre, a quel bisogno assoluto di esistere, emergere, vivere. Quasi una dannazione, ma nel suo fare, c'è la presunzione di poter assistere al trionfo della verità, "perché quelli che mentono hanno paura, lui no".
No, "nessuno è capace di amare a quel modo, selvaggiamente, con intransigenza", la propria visione di vita. Al punto di sacrificarle tutto. Limonov è il male e l'idea astratta di bene, al tempo stesso.
"E' un individuo magnifico, capace di atti mostruosi".

Romanzo, saggio, biografia, cronaca Limonov è un concentrato di adrenalina, uno schiaffo in faccia. Un libro che tutti dovrebbero leggere, per capire se stessi e il mondo intorno a noi.

giovedì 6 febbraio 2014

"Una bambina e basta" di Lia Levi

"Lanciamo occhiate supplichevoli a nostra madre chiedendole, certo senza saperlo, di riconsegnarci il nostro lindo mondo, ordinato come i quaderni di bella copia che hanno un foglio bianco nella prima pagina in modo che ci si possa scrivere con cura nome, cognome e classe, dentro una bella cornicetta disegnata a piacere con foglie fiori".
Una bambina guarda agli adulti per capire cosa accade intorno a lei, l'infanzia ha perso i colori, i rumori, gli odori che le sono propri. Non più giochi spensierati, non più piccoli sogni, non più i rituali di sempre. Da Torino a Milano fino a Roma. Un viaggio che nasconde il bisogno di fuggire dagli sguardi di chi li vede diversi, lo dice una legge, lo impone il nemico alle porte. Ricordi soffocati in fondo al cuore, la propria identità taciuta, persino negata. 
E' l'Italia, è la guerra, è la persecuzione agli ebrei.
"Recitiamo noi stesse, mimiamo una fanciullezza che non c'è più, fingiamo occhi e scoppi di entusiasmo, ma stiamo solo costruendo un film per la nostra memoria di un tremulo domani".
La vita domestica si mescola alle corse nei parchi, le assenze alle presenze, i divieti ai premi fino a che il male prende forma, e ha il volto dei vicini di casa, di uomini in divisa, di tanti che si arrabattano per sopravvivere ad una guerra che disumanizza, aliena, disgrega i popoli.
Lunghi mesi in un convento a nascondersi a tutti e lì si mastica paura.
"La paura è qualcosa che ti stringe la gola e ti regala un sapore di ferro in bocca, come le peggiori medicine di quando eravamo piccole. La paura va e viene, ti fa sprofondare e poi un poco risalire, ma ti lascia più incerta, più traballante, come un insetto senza zampe"
Fino a che Roma libera, le porte dei conventi vengono aperte e migliaia di piccole anime silenziose, strappate alla loro età, tornano a respirare vita, profumi e speranze.
Così una madre potrà rispondere alla sua piccola: "Non sei una bambina ebrea. Sei una bambina e basta". E in queste parole sta tutta la storia del primo novecento.

Il racconto intimo di una donna che torna bambina per descrivere l'olocausto, una testimonianza necessaria, una carezza ruvida al cuore di tutti.
"Siamo il vento sul mare, nessuno ci ferma, nessuno ci prende".

domenica 2 febbraio 2014

"Un uso qualunque di te" di Sara Rattaro

"A volte ci si accorge delle cose che ti fanno male solo quando è troppo tardi".
Un uomo corre in auto nel cuore della notte. La voce strozzata dalla paura basta appena a lasciare un messaggio sul telefono della donna che avrebbe dovuto trovare al suo fianco al risveglio e che invece non c'era, sua moglie Viola: "Sono in ospedale. Ti prego raggiungimi".
La donna abita un altro letto, dorme accanto ad un altro uomo. Non sa dire perché, da tempo capita e basta. Bugie, tante, a coprire un segreto che si porta dentro da molti anni e che irrompe nella notte buia dell'anima trascinandosi dietro i ricordi. 
"Nessuno può convincersi di stare bene se non si trova accanto a chi ama".
A quel tempo l'amore di Carlo non l'aveva difesa dall'incontro con Massimo, né l'aveva messa al riparo da se stessa, dai suoi bisogni, dai suoi sogni di ragazza. "Esistevo solo io, perché non esiste nulla di più egoista dell'amore".
Una gravidanza inattesa, la rinuncia a Massimo, la rabbia per essersi così esposta, la certezza dell'amore di Carlo. Anni di vita trascinata. Anni di silenzi. Poi il dramma di una vita spezzata, quella di sua figlia, forse per sempre. Un'ingiustizia che merita pegno sulla bilancia della vita che a lei ha dato e ora toglie.
"Pensai alla felicità. Forse non siamo destinati ad essere felici. Forse la gioia ha a che fare con un certo quantitativo di cose ottenute, una famiglia, dei figli, un marito che ti sta vicino e magari un buon lavoro. Forse essere felici dipende da quanto riusciamo a essere consapevoli di questo e quindi grati".
Viola ha poche ore per ripensare alla sua vita, solo un'occasione per riscattarsi agli occhi di suo marito, meritarsi la sua Luce, salvarla, emendare la sua colpa.
Poche ore per vivere davvero prima di un gesto di amore estremo.
La confessione di una donna, il coraggio straordinario di una madre.

"L'amore è una dipendenza".
Una storia che coglie impreparato il lettore, un personaggio femminile che si fatica ad amare semplicemente perché incapace di mostrarsi per quel che è davvero, una donna prigioniera delle sue colpe, delle sue paure, una fragilità che si fa forza e dirompente trascina il lettore in pagine di forte coinvolgimento emotivo. Impossibile non ritrovarsi nelle parole che rivolge alla figlia, un augurio speciale alla vita, o in quel suo accorato appello al marito "perdonami se non ti ho amato come avrei dovuto, ma solo a modo mio. Non smetterò mai di portarti con me".
E il lettore non smetterà mai di portare nel cuore il personaggio di Viola e la sua storia.
Impagabile descrizione dell'animo umano, folgorante la scrittura semplice ed emozionale della Rattaro.

"Curarsi con i libri" di Ella Berthoud e Susan Elderkin


Sarà che sin da bambina sono stata affetta dalla "più fortunata malattia cronica che ci si possa augurare di contrarre, la lettura" ma Curarsi con i libri è il libro che ogni lettore sogna di avere tra le mani.
La Berthoud e la Elderkin, avvalendosi per l'edizione italiana dell'ottimo lavoro di Fabio Stassi, confezionano un manuale di medicina dove trovare declinate tutte le affezioni del corpo e della mente, minuziosamente corredate di sintomi, diagnosi e va da sé, cure speciali: libri al posto dei soliti farmaci, "balsami balzachiani, lacci emostatici tostoiani, pomate di Saramago e purghe di Perec e Proust".
Articolata per voci la piccola enciclopedia medica, circa 600 pagine, pullula di disarmanti quanto mai appropriati farmaci e dosaggi librari; che siano patologie conclamate o malesseri saltuari, dolori fisici o paturnie, mancanze o piccole incapacità a relazionarsi con il mondo esterno quando non con se stessi, che la malattia sia stata appena diagnosticata o sia cronicizzata, le autrici propongono sempre una cura perfetta, ineccepibile, inappellabile e soprattutto senza effetti collaterali, se non l'auspicabile dipendenza dalla lettura. E' così poetico curarsi con le buone letture, abbandonarsi al piacere della pagina scritta che quasi quasi si vorrebbe sperimentare ogni forma di malattia per lasciarsi affabulare dalle mille e più storie proposte.
E' un sogno che si realizza questo libro. Bisognerebbe averne più copie da tenere in borsa, lasciare in auto, nel secondo cassetto della scrivania dell'ufficio, dal parrucchiere, insomma ovunque serva a distrarre da inutili incombenze, chiacchiericci isterici, attacchi d'ira o sbalzi d'umore, che dica cosa fare o non fare un momento prima di cacciarsi in qualche situazione imbarazzante, che spinga a riflettere, a sorridere per sdrammatizzare, smorzi il mal di testa e dissipi i dubbi sulle situazioni più disparate.
Serio e semiserio il libro della Berthould e della Elderkin si può non leggere come un romanzo, anche se per certi versi ne ha tutto il fascino, semplicemente è strutturato per assecondare tempi e bisogni del lettore consentendogli di saltare di voce in voce a seconda delle necessità rallegrando il cuore.
E' un dono speciale imbattersi nelle citazioni, nei suggerimenti d'autore, nei rimandi letterari, confrontarsi con voci sconosciute quanto con i grandi della letteratura di tutti i tempi, uno stimolo a cercare. E come non ritrovarsi nei disturbi della lettura: cosa fare per chi legge compulsivamente, per chi lascia un libro a metà, per chi dice di non avere tempo, per chi si isola dal mondo quando legge, per chi si vergogna di mostrare quel che legge, per chi non riesce a metter ordine nella biblioteca, per chi accatasta libri senza nemmeno leggerli e così via. E come non confrontarsi con le liste di libri buone per ogni occasione: per età, condizione, bisogno? Bellissime, una sfida. 
Curarsi con i libri è un gioioso tormento per i grandi lettori, una grande occasione per i non lettori. Un libro da regale per chiunque nella lettura riconosca uno strumento di felicità. Semplicemente perfetto.

venerdì 24 gennaio 2014

"Il piantagrane" di Marco Presta

Giovanni è un vivaista. E' un uomo mite, rispettoso, timido.
Cura le sue piante con la stessa gentilezza con cui si approccia al prossimo. Ama da lontano Nina, una bella operatrice ecologica, e comprende con affetto le preoccupazioni di sua madre Emilia.
La sua sembra la vita di un uomo qualunque, forse persino in apparenza di un pavido, eppure inaspettatamente un mattino come tanti qualcosa irrompe nella sua quiete quotidianità per trascinarlo in un'avventura pericolosa e senza senso.
Una macchia umana accartocciata su se stessa, detto il Granchio, un figuro che grugna parole in un linguaggio tutto suo, lo trascina via dalle sue piante per metterlo al sicuro e spiegargli che deve imparare a controllare il suo potere, sì perché Giovanni non si è mai reso conto di un evento strano che si innesca in sua presenza: "ovunque fosse passato, s'era registrato un cambiamento, magari minuscolo ma essenziale, nella coscienza di un privato cittadino come nei meccanismi perversi di un'Istituzione".
Ovvero la gente semplicemente tornava a comportarsi civilmente, con giustizia, sensibilità, rispetto, faceva del bene, era altruista.
Giovanni, costretto a essere suo malgrado motore di un cambiamento, in fuga perenne, finisce per essere schiacciato dalle forze dell'ordine, i servizi segreti e e i potenti che speravano di servirsene prima, costretti a contenerlo poi, con ogni mezzo.
In un viaggio di crescita emotiva e brutale stordimento in una realtà sociale che soffoca qualsiasi cenno di dissenso, e fagocita chi forza l'omologazione, Giovanni finirà per essere un rivoluzionario a suo modo: "essere sempre originali e coraggiosi, senza pretendere di cambiare la realtà che ci circonda con una scelta ideologica, ma facendolo in concreto, con la qualità del proprio lavoro e la novità delle proprie idee".
Perché in fondo, Giovanni come tanti sperimenta che "le vere rivoluzioni sono spontanee e inevitabili, in poche parole, inconsapevoli e accidentali".

Una spietata allegoria dei tempi moderni, un'ironia graffiante che a tratti svia il lettore preso a capire il delirante viaggio di Giovanni e del suo mentore/angelo custode Granchio, chiare accuse al sistema, velate prese in giro a famosi personaggi pubblici e l'auspicio che una nuova coscienza si faccia strada nel cuore della gente, che ognuno sia un rivoluzionario a suo modo. 

mercoledì 22 gennaio 2014

"Mani calde" di Giovanna Zucca

E' una sera di fine estate.
Davide e sua madre Giulia sono in auto, insieme. Anche se a Davide non va, devono acquistare il materiale di cancelleria per la scuola che riaprirà di lì a pochi giorni.
E' un momento. Un auto li investe in pieno.
Dall'impatto tragico Davide arriverà in ospedale in fin di vita. Sua madre, Giulia, sotto shock, si dirà responsabile: di aver insistito per compere che potevano essere rimandate, per essere sopravvissuta, per non aver pensato come era giusto fare a suo figlio, per non averlo protetto. E mentre Giulia piange disperata tra le braccia del marito Paolo, qualcuno si avvicina al corpo di Davide, che tutti credono perduto. E' un uomo orribile secondo il personale medico. Antipatico, incapace di relazionarsi con chi hai intorno, discutibile a livello personale eppure.. straordinariamente capace.
Pier Luigi Bozzi, neurochirurgo, si lascia conquistare dalla presenza di Davide, da quel corpicino devastato dall'incidente che reclama vita, che traspira gioia e che in un modo tutto suo riesce a farsi sentire da chi è lì per aiutarlo.
E operazione dopo operazione, giorno dopo giorno, mentre i genitori di Davide rabberciano il cuore ferito e si perdonano mille disattenzioni, scoprendo forze insospettabili in se stessi e nella famiglia, il terribile medico Bozzi si trasforma in persona, mette a nudo la sua anima tormentata e avvinto dalla semplicità del suo piccolo paziente impara a percepirsi come essere umano.
"Non è straordinario che attraverso un bambino questo dottore fa pace con se stesso? Grazie al bambino lui prende per mano quell'altro bambino, quello della casa del lago, sempre solo e taciturno, lo prende per mano e lo porta con sé, attraverso quello che è diventato. E soprattutto fa pace con senso di estraneità ed amore".
Perché per quanto terribile possa essere l'immagine di un bambino malato e di un medico che lo cura, Davide e Pier Luigi si sono trovati, hanno avuto fiducia l'uno nell'altro, si sono voluti bene sinceramente, inaspettatamente e come un miracolo si sono aiutati rivelando al mondo la bellezza di due bambini che si incontrano e si tengono per mano.
Davide tornerà alla sua famiglia, ai suoi giochi, alla sua vita ma non dimenticherà i giorni in coma, i giorni di forzato silenzio e quel suo strano modo di farsi intendere dagli infermieri e dai medici che si prendevano cura di lui, su tutti non dimenticherà Bozzi, l'odiato cafone come lo chiamavano tutti, quello che però aveva le mani calde e il cuore deciso a saperlo ascoltare, un cuore che avrebbe ritrovato la forza di amare, amare se stesso, quella figlia lontana e creduta perduta, quella strana donna apparsa nella sua vita e perché no, i suoi colleghi di lavoro perennemente bistrattati.
No, Davide non avrebbe potuto dimenticare Bozzi, non il suo eroe.

Un romanzo lieve come una carezza, vibrante come una scossa. 
"Ma l'amore è altro. E' la certezza che puoi contare sulla persona che hai accanto".
La fragilità della vita, l'insondabile fiducia nel prossimo, la straordinaria umanità delle professioni mediche, la struggente storia di un bambino che in fondo è parte di ognuno di noi.