domenica 9 marzo 2014

"Con gusto. Storia degli italiani a tavola" di John Dickie

"Vi è l'abitato di Trabia nei quali si fabbricano i vermicelli [itriyya]" ovvero lunghi e sottili fili di farina essiccata cotti in acqua bollente. Pasta dunque, in Sicilia, al tempo dei Normanni. Retaggio della presenza araba come molti credono o prima testimonianza dell'uso del grano duro da parte delle genti autoctone per la produzione del cibo che avrebbe caratterizzato la cucina italiana nel mondo? Ed è possibile datare la comparsa di alcuni dei prodotti più riconoscibili della tradizione gastronomica italiana? A sfatare miti e ricostruire le origini della cucina nazionale ci prova l'accademico inglese John Dickie in un lavoro tanto interessante quanto coinvolgente: un viaggio nella storia italiana degli ultimi otto secoli che arriva a noi con un brio e una curiosità che affascinano.
Dalla cucina speziata e agrodolce medievale al fasto della tavola rinascimentale, dall'avvento di nuovi prodotti dalle Americhe -cioccolato, patate, pomodori, patate- sulle tavole della penisola alla trasformazione della pasta in alimento per le masse sul finire del '700; dall'unificazione dell'Italia che passa anche attraverso la cucina e le ricette di Pellegrino Artusi che codificano le tradizioni gastronomiche locali gettando le basi della cucina tradizionale alle ristrettezze economiche degli anni a cavallo delle due guerre e poco oltre; dalla diffusione oltreconfine della cucina italiana sintesi del melting pot regionale per il tramite degli emigranti al boom economico degli anni '60 e ad una nuova concezione di distribuzione e fruibilità del cibo; dall'affermarsi della dieta mediterranea alle mode in tavola degli anni '80 fino ad arrivare alla cucina del territorio che coniuga tipicità a genuinità. Di mezzo la civiltà di un paese che ha saputo fondare anche la sua ricchezza su una certa idea di cibo come identità.
Bravissimo l'autore nel contestualizzare i vari passaggi storici temporali, nel richiamare episodi, dare spessore a nomi di grandi cuochi, lasciar emergere dal territorio odori, colori, sapori. Così come perdersi in dettagli che appaiono necessari: dal sontuoso banchetto nuziale per 104 invitati in quel di Ferrara il 24 gennaio 1529 alla consuetudine dei servizi di credenza (freddi) e di cucina (caldi) serviti quotidianamente nel corso del conclave del 1549 che vide tra i suoi protagonisti quel Bartolomeo Scappi considerato il più grande cuoco del Rinascimento e ancora la comparsa dei torchi a vite per la preparazione della pasta a Napoli dove pure i maccheroni si mangiano non conditi con quella salsa di pomodoro che debutterà in una prima ricetta approssimativa solo nel 1884. C'è tempo di declinare ricette e osservare come già nel 1661 comparisse un primo provvedimento volto a tutelare i produttori bolognesi di mortadella per proteggere il famoso salume dalle contraffazioni così come spendere qualche riflessione sul ricettario messo su da alcuni militari nei campi di prigionia in Germania nel primo conflitto mondiale, confrontando ricordi rimpianti e desideri.
Un libro quello di Dickie che racconta di noi, dell'amore per il cibo che è occasione di stare insieme; è attenzione alla nostra storia, al nostro territorio; è opportunità di crescita; è forma d'arte.

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