sabato 28 luglio 2018

"Magari domani resto" di Lorenzo Marone

"La mia vita è da sempre un percorso a ostacoli su una strada lastricata di sampietrini che alle prime piogge scoppiano come tanti popcorn..".
Così descrive la propria vita Luce. Giovane avvocatessa napoletana in bilico tra un passato di affetti negati - un padre che ha abbandonato la famiglia per poi morire in terra straniera e una madre tenace che pure ha lesinato gesti di affetto - un presente di rabbia per la relazione d'amore chiusa e un lavoro incerto e poco soddisfacente e un futuro che riserva mille dubbi.
Luce tra i vicoli dei quartieri spagnoli ha imparato sin da piccola a farsi rispettare, ha tenuto fuori dai guai il fratello e strappato un po' d'amore dalla nonna che ha colmato i vuoti affettivi di una famiglia disgregata come tante. Luce ha creduto nell'istruzione come strumento di emancipazione in un territorio dove è facile lasciarsi prevaricare o finire a fare le mogli a vent'anni eppure il disincanto dei mille sacrifici si infrange nell'immagine che guarda allo specchio - quasi un maschiaccio che mortifica la femminilità - e un pensiero fisso che la fa sentire ormai fuori posto nel suo stesso quartiere. Eppure tutto può cambiare all'improvviso. Basta guardare chi ci abita accanto, incrociare lo sguardo di un vicino e dimostrarsi aperti al cambiamento. Così una causa improbabile la spinge a mettere a nudo la sua anima femminile e materna; un bimbo, un anziano uomo saggio che la spinge a vivere con leggerezza e a credere in sé stessa, e un uomo conosciuto per strada daranno a Luce la voglia di scoprirsi una persona diversa, fiduciosa e un pizzico folle e il miracolo dell'amore scatenerà una serie di eventi concatenati che la porterà a fare pace con il passato, a perdonarsi e perdonare, ad accogliere una famiglia che credeva perduta, nuove amicizie, e la voglia di provare tutto, viaggi, un nuovo lavoro, oppure riconsiderare il proprio vissuto al punto da dire "magari domani resto".
Un personaggio travolgente quello di Luce Di Notte. Irruente, vera, simpatica. Una donna in cui ritrovarsi. Empatica senza nemmeno saperlo. Autentica nei sentimenti e sincera. Una storia che si legge con la bellezza nel cuore. Scritta per parlare a tutti di un sentimento capace di rivoluzionare il mondo: l'amore.
"È meglio aspettare sempre qualcosa, l'attesa è comme 'a speranza, come un sogno, ti tiene in piedi".

lunedì 23 luglio 2018

"Il club delle lettrici" di Renate Dorrestein

"Ci piace da morire, leggiamo, leggiamo, leggiamo sempre".
Un gruppo di lettrici appassionate di mezza età, il loro gruppo di lettura, l'idea avvincente di un viaggio in compagnia del loro autore preferito e una serie di imprevisti degni del miglior libro di avventure.
Le lettrici sono Leonie, Tillie, Johanna, Barbara, Willemien, Martha, Annabel. Lo scrittore il pluripremiato ed eccentrico Gideon de Wit, sulle orme del capolavoro di Melville, 'Moby Dick'. Ognuna delle intrepide lettrici ha una prerogativa: c'è chi veste sempre di beige confondendosi con la parete, c'è chi va in giro con una pistola giocattolo dorata, chi prepara tutto con attenzione maniacale, chi cucina divinamente anche col niente. Tutte vivono per leggere. Traggono diletto, sfida, insegnamento nella lettura. Tutte organizzano la propria vita per trovare il tempo da dedicare alla lettura e al loro club perché leggere è passione, amore. "Speriamo che ci rendano persone più complete". 
E incontrarsi, leggere, condividere è un modo per raccontare la mezza età, bisogni sopiti e nuovi, saggezza, esperienza e ancora tanta voglia di fare, di essere, esprimersi con ogni mezzo. 
E l'incredibile viaggio con l'autore Gedeon de Wit riserva ben più di una sorpresa. Bisognerebbe non conoscere mai i propri miti letterari. Bisognerebbe star lontani da autori ubriachi e saccenti e soprattutto dalle isole scozzesi nelle giornate più piovose di sempre. E...
fidare in un buon whisky e nell'animo indomito di un gruppo di donne.
Un piccolo manuale di sopravvivenza per lettori quello imbastito da Renate Dorrestein. Delizioso e divertente.

giovedì 19 luglio 2018

"Le stanze dell'addio" di Yari Selvetella

"Ci accorgiamo di essere felici, stanchi e felici certo, ma non è quasi mai il primo pensiero e passa il tempo, sera dopo sera, giorno dopo giorno, senza che ce ne rendiamo conto".
E poi improvvisamente l'oggetto amato se lo porta via una malattia canaglia e si resta invischiati in un dolore che reclama attenzione, che abita luoghi fisici e mentali che strabordano dal quotidiano di attenzioni e cure che chi resta, ricerca, pretende e allora si mortificano bisogni, si mettono a tacere sensi di colpa, si rifuggono i perché, le domande che dovevano o potevano essere poste ai medici, ma sarebbero davvero servite a qualcosa? E si avanza nel limbo dei ricordi, imprigionati in un luogo che sospende la pena dell'assenza - l'ospedale - salvo tornare al mondo, e perdersi ancora in ogni gesto che ricorda   la persona amata.
Le vite di due uomini si incrociano così in un ospedale. Il dolore li fa riconoscere tra tanti. Il dolore col tempo li salva dall'indifferenza del mondo e di se stessi.
Non serve raccontare più di tanto del romanzo di Yari Selvetella. Ogni parola aggiunta rischia di sciupare la bellezza fragile di un testo che declina l'amore e lo struggimento dell'elaborazione del lutto che è cosa intima, personalissima. Si può e si deve dire però che "Le stanze dell'addio" sono e possono essere abitate da ognuno di noi, perciò essere fatte proprie con la sensibilità che abita i nostri cuori.
Nelle parole di Selvetella c'è cura, pudore, infinita attenzione. È come una liturgia. È la mano protesa. È la prossimità di chi si lascia invadere dal bene. È la forza stessa della vita.

martedì 3 luglio 2018

"Il metodo Catalanotti" di Andrea Camilleri

Vero, simile e similvero.
Tutto è teatro. La vita stessa finanche.
Il cadavere che forse cadavere non è, il tentativo di gambizzare un giovane sull'uscio di casa, i silenzi dei parenti, la gente.. la gente che vede e nulla sa.
Così Mimì Augello in una delle sue sortite notturne in casa della bella di turno si imbatte nel cadavere di un uomo e non sa come denunciarne il ritrovamento salvo rivelare il tradimento alla moglie.
Montalbano invece è alle prese con un altro cadavere, tale Carmelo Catalanotti, personaggio assai controverso: in apparenza persona perbene, solitario, metodico. Si scoprirà poi essere usuraio e filantropo, appassionato di teatro al punto da aver elaborato un metodo per scandagliare l'animo dell'attore e predisporlo al meglio al ruolo da interpretare. Un metodo pericoloso, inquietante, al limite dell'abisso per chi lo subisce.
Montalbano indaga.
Al suo fianco una presenza femminile inattesa, il nuovo responsabile della scientifica Antonia Nicoletti. Una bellezza dotata di intelligenza stimolante per Montalbano che all'improvviso si interroga sui suoi sentimenti per Livia, dopo l'ultima sciarratina, mentre intorno irrompe il reale: il dramma della disoccupazione, gli slogan allarmistici dei politicanti, le occasioni mancate di una terra - la Sicilia - che evoca bellezza ad ogni suo angolo.
Un romanzo di forza e stupore quest'ultimo di Camilleri che attinge al suo primo e grande amore: il teatro, alla poesia, alla narrazione dei grandi del passato per disegnare un quadro di intensità per un giallo che rivela l'ambiguità e la fragilità dell'uomo al cospetto di una società che muta i suoi riferimenti culturali e perde di vista l'umanità.