lunedì 30 settembre 2013

"Novemila giorni e una sola notte" di Jessica Brockmole

"Le parole non sono che immagini dei nostri pensieri".
E' la primavera del 1912 quando inaspettata e insolita inizia la corrispondenza tra un giovane studente americano e una poetessa scozzese. Parole che evocano immagini di vita, che instillano curiosità, che parlano di sogni e passioni comuni.
Sono Davey e Sue. Sono un uomo e una donna affini nei sentimenti e nell'agire. Entrambi coraggiosi e indomiti. Ignorano a lungo quel che è già chiaro ai loro cuori ovvero che l'amicizia nasconde l'amore. Non basterà l'oceano né l'orrore della prima guerra mondiale che vedrà partire Davey come volontario a separarli se mai il contrario, darà loro la possibilità di incontrarsi e allora né i pregiudizi, né le macerie del conflitto in corso, né la violazione delle convenzioni sociali o il rispetto degli obblighi morali impediranno al loro amore di essere vissuto né alla passione di travolgerli.
"Sei il mio respiro, la mia luce, l'unico verso cui vola il mio cuore"
Eppure un segreto fra loro minerà il loro amore. Fino a che un'altra guerra e una figlia in cerca di risposte reclamerà attenzione su una vecchia corrispondenza e un uomo e una donna che dicevano di volersi amare per sempre.
"Di tutte le cose al mondo, in questo momento, ciò che provo per te è l'unica di cui sono certo"
Seduta come sempre tra i banchi di una chiesa, dopo novemila giorni di attesa una donna ritroverà il coraggio di guardarsi accanto, e un uomo saprà per chi vale la pena tornare.
"C'è una parola che significa 'più che per sempre'? Ecco quanto ti amerò. Ora, per sempre e oltre"
In tempi di anaffettività e violenza verbale leggere una storia d'amore struggente e romantica come quella di Davey e Sue rincuora. E' il prototipo di tutte le storie d'amore e per questo, a dispetto di una scrittura non propriamente eccelsa o originale, funziona. Di più la Brackmole incastona la storia a cavallo tra le due guerre mondiali dando un'idea di massima delle condizioni dei soldati e dei volontari di guerra, di più si concentra su una certa introspezione psicologica dei personaggi: la difficoltà tra fratelli, Finley e Sue (Elspeth), a perdonarsi le reciproche mancanze, i tradimenti, a dispetto di anni. Ancora, descrive la forzatura della borghesia americana che va reclamando spazi nella società spingendo le nuove generazioni verso le professioni disdegnando le arti; racconta dell'assenza di prospettive nelle isole, piccole comunità chiuse da dove tentare la fuga diventa necessità persino per le donne, Sue (Elspeth) è pioniera nel suo alimentare il sogno di libertà scrivendo poesie, e su tutto la forza di una personalità femminile che reclama felicità a dispetto della convenienza di un matrimonio immalinconito dal silenzio e l'abitudine.
La storia di Davey e Sue apre il cuore alla speranza.
"I ricordi sono una bella cosa ma è la prospettiva di crearne nuovi che aiuta a tirare avanti".

domenica 29 settembre 2013

"Storia di Irene" di Erri De Luca

"Scrivo storie e le vendo al mercato. Apro la valigia di commesso viaggiatore, mi metto a strillare i miei titoli buffi che nessuno ricorda e che richiamano l'attenzione per mezzo minuto".
Così uno scrittore parla di sé, lo fa ad una ragazzina su un'isola greca. Un posto di silenziosa e selvaggia bellezza dove ritrovarsi e ritrovare il senso della vita, magari guardando il mare, che è madre e matrigna, possibilità infinita, chiusura probabile. E la ragazzina a cui parla, Irene, orfana del tempo e del mondo, ha occhi luminosi, viso aperto e una saggezza infinita. Ha solo quattordici anni e un figlio in grembo, agli occhi della piccola comunità dell'isola è sospetta, straniera, diversa. E' così silenziosa da esser creduta muta ma Irene "sa le risposte a cose che non fanne domande", le trova tutte in mare che per lei è madre, è famiglia, è tutto. Lì ci sono i delfini, suoi compagni di vita, tra loro Irene non è altro, non è diversa, non è straniera. In mare Irene ha la sua origine, ha la sua forza, ha il suo essere e allo scrittore che ascolta trattenendo il fiato perché "stare in ascolto è immergersi in mare" e che le prospetta vita nuova sulla terraferma, dove sfiorare la neve, sperdersi tra i giovani come lei, lottare per salvare i suoi amati delfini, impegnarsi, ballare, ridere tra la gente, lei oppone dubbio, resistenza. E' un momento, Irene si scosta dal corpo dello scrittore come si scosta dalle lusinghe di una vita altra, che non le appartiene, perché lei che è bellezza, che è vita, che è fiera purezza appartiene al mare.
"Le storie sono un resto lasciato dal passaggio. Non sono aria ma sale, quello che resta dopo il sudore" e lo scrittore rievoca così la figura del padre Aldo, poco più che un'istantanea della sua storia. Nel settembre '43, per lui il mare segna "la libertà a vista" dopo la segregazione di una guerra senza perché, che non lascia scampo, che obbliga a vivere. O ancora la struggente mimica di un vecchio nei bassi di Napoli nel dopoguerra, don Saverio, che  "..si tuffa a mare, la vita che aspettava un'ora di felicità per togliere il disturbo" perché in case abitate dalla povertà, sfiorate dall'egoismo poca alternativa riserva la lotta per la sopravvivenza.
De Luca incide le parole nel cuore e nella mente del lettore. Frasi brevi, quassi massime di vita. Saggezza popolare e forza espressiva in un linguaggio che identifica la sua scrittura, forzando a pensieri nuovi, a riflessioni, prese di coscienza. Ed è emozione, bellezza, intensità.

sabato 28 settembre 2013

"Parlo d'amor con me" di Paola Calvetti

"Io non avevo idea di quanto una famiglia sbagliata possa avvelenare".
Poi... "accade qualcosa, di colpo, che svia la sorte degli uomini" e Ada, una ragazzina sopravvissuta alla morte dei genitori in un paese di provincia, silenziosa ombra gigante, per via del suo corpo già così adulto, coglie l'opportunità di una mano tesa e inizia a dar forma a un sogno.
Ada, domestica in Casa Verdi, "un luogo dove si diventa vecchi in modo tutto diverso", alla vigilia di un matrimonio tra due attempati musicisti, guarda negli occhi uno ad uno i suoi amati ospiti e complice delle loro confidenze ne annota in un diario le vite di straordinario coraggio: rinunce, studio, viaggi, incontri, partenze e ripartenze, falsi attacchi, inciampi, applausi, silenzi.
Per Ada in tanti anni di servizio la possibilità di leggere sul volto degli altri l'alternarsi dei sentimenti, di sfuggire alla solitudine, forzare la ritrosia e convincersi che riempire il silenzio con la melodia del canto è l'unica cosa a farla davvero felice, beh quello e lo sguardo su di lei dell'accordatore.
Sarà così che sfidando il cieco terrore Ada canterà per gli ospiti di Casa Verdi rivelando al mondo una verità che a lei pare ormai ovvia: "Io sono un'artista".
 
Impossibile non amare Ada e i suoi amici speciali. Lo straordinario sta nell'autentica semplicità di ogni singola vita e questo traspare dalle parole dei personaggi, ispirati agli ospiti che attualmente abitano Casa Verdi. La penna dell'autrice corre lieve come una carezza, rispettosa, ironica, semplice e per questo vera. La vita degli altri permette ad Ada di rivelare la sua, alimentare un sogno, viverlo.
"Gli ci vorrebbe una che lo amasse un po'. Non essere stati amati, o poco amati, o mal amati, mette voglia a chiunque di fracassare le porte che la vita gli ha sbattuto in faccia".
Rivelando ancora che ogni età è propizia a parlar d'amore, ogni cuore è abitato dal sentimento, ogni vita ha bellissime potenzialità. E se tutto questo è cadenzato musicalmente come in Casa Verdi c'è possibilità di abitare già un piccolo paradiso, perché in fondo il paradiso è il posto in cui ci si sente bene.
Una lettura preziosa, un canto di gioia che riempie il cuore e illumina il viso di un caldo sorriso.

domenica 15 settembre 2013

"Attraverso il tuo corpo" di Alberto Bevilacqua


'Erano partiti con l’idea di darsi reciprocamente una lezione, poi se l’erano data insieme, la più semplice lezione della vita’
Spotorno, riviera ligure, uno scrittore rintraccia l’uomo che a detta della critica letteraria viene considerato ‘il più famoso e misterioso amante del secolo’, è Angelo Ravagli l’ispiratore de ‘L’amante di Lady Chatterley’ di D. H. Lawrence. I due uomini rievocano una storia che Ravagli aveva in parte volutamente relegato al passato stanco delle banalizzazioni e forzature dei tanti postulanti. Il racconto che segue alle confidenze fra i due è il romanzo di una stagione d’amore e di un ritorno alla vita.
 
La recensione completa qui:
https://app.box.com/s/ief78owab0b24iug65up

domenica 8 settembre 2013

"Ragazze di campagna" di Edna O'Brien


"Piangi e piangerai da solo".
Caithleen ha solo quattordici anni quando resta orfana dell'amata madre. Nel piccolo paese irlandese in cui vive tutti sembrano tristi per lei, persino l'odiata e amata amica di sempre Baba, con le sue smorfie, il fare altezzoso e sprezzante di chi può avere tutto pur sapendo di non aver davvero nulla, se non la meschineria di inutile invidia e gratuita cattiveria. Del resto Caithleen è cresciuta vedendo il padre alcolizzato sperperare la fortuna di famiglia e sua madre soffrire e spegnersi per le violenze sempre taciute, eppure non ha mai lesinato sorrisi, impegno nello studio, attenzione al prossimo. Ma non deve piangere, come le ripeteva sua madre, se mai fuggire dal paesino per afferrare la libertà, e la libertà dopo anni in un collegio di suore ha il volto della ribellione dell'adolescenza, ha il volto del primo amore proibito, del lavoro in città, delle notti a bere e far chiacchiere con Baba, dell'irruenza della passione e di sentimenti sconosciuti. Da brava ragazza Caithleen veste i panni di enfant terrible ma è solo forma esteriore, il cuore è quello di una ragazza innocente che chiede solo un poco di felicità: "È l'unico momento in cui sono contenta di essere donna, quell'ora della sera in cui tiro le tende, mi spoglio dei soliti vestiti e mi preparo per uscire. L'eccitazione cresce, minuto per minuto. Mi spazzolo i capelli alla luce della lampada e hanno i colori delle foglie d'autunno sotto il sole. Metto un po' di ombretto scuro sulle palpebre e mi stupisco dell'aria misteriosa che dona ai miei occhi. Non mi piace essere una donna: vanitosa, frivola, superficiale. Basta dire a una donna che sei innamorato di lei e quella ti chiederà di metterlo nero su bianco, per farlo vedere alle amiche. Ma a quell'ora della sera mi sento sempre felice. Provo tenerezza per il mondo intero"
Ma piangerà Caithleen, piangerà ancora per le prime disillusioni d'amore, perché forse diventare adulti non è così semplice e la tenerezza della sera si mischia alla malinconia per il paese lontano, le persone che ci hanno voluto bene e il futuro incerto, ma non si torna indietro, la sfida di una ragazzina nell'Irlanda degli anni '50 è con se stessa prima che con la società spesso bigotta e chiusa: crescere e.. desiderare. Desiderare ardentemente la vita.
Primo libro di una trilogia, "Ragazze di campagna" scandalizzò la cattolicissima Irlanda nel 1960; cronaca disarmante dei bisogni delle nuove generazioni, mondate da pudori e pregiudizi. Scrittura limpida e dirompente per la O'Brien che ricevette il plauso della critica e il riscontro del pubblico. A distanza di cinquant'anni si legge con piacere e rinnovato interesse.