sabato 26 ottobre 2013

"La vergine dei sussurri" di Carole Martinez

Al Castello dei Sussurri si giunge da Nord.
Non temere viaggiatore, fatti largo nel fitto della boscaglia. I rovi ghermiscono le gambe, sfiorano come carezze d'acciaio il viso ma tu continua, attraversa la foresta e oltre.. oltre le palizzate in legno, oltre i muri di cinta.. oltre il cancello di ferro.. ti apparirà il castello affacciato sulla cima di una scogliera.
Una voce ti ha fatto da guida, un sussurro. E' quello della donna che vi ha abitato un tempo. Lei non si stanca di raccontare la sua storia. Era l'anno di grazia 1187 e il suo nome era Esclarmonda. Ma in un'epoca in cui le parole delle donne non erano che cicalecci. E 'i loro desideri, pericolosi capricci da spezzare via con una parola, un colpa di verga'  Esclarmonda aveva ottenuto che tutti la ascoltassero, guardassero alla sua unicità, alla sua forza, rispettandola.
Una giovinetta di quindici anni aveva trovato il coraggio di dire no al volere di suo padre, di rifiutare l'uomo che avevano scelto per lei, di opporsi al suo tempo. L'aveva fatto pubblicamente, il giorno delle sue nozze pronunciando un secco no. L'aveva fatto chiedendo di diventare sposa di Dio, cercando la reclusione in una cella murata, nascosta al mondo. Ma 'nelle favole la bella soccombe sempre e il cavaliere vince ogni battaglia'. E il corpo rinchiuso in una cella non sarà quello di una vergine, macchiato per sempre dall'orrore dell'unico uomo che avrebbe dovuto proteggerla ed amarla oltre ogni limite e che invece imprecava per quella meravigliosa allodola dalle ali tarpate.
La clausura di Esclarmonda non sarà mai al mondo, la gente del posto si sente all'improvviso protetta dalla sua presenza, dal suo sacrificio; i pellegrini fermeranno il loro cammino al cospetto della sua cella per ricevere una benedizione, i penitenti per trovar conforto. Persino la chiesa pregherà per quella sua figlia straordinaria che partorirà il frutto del Signore. Un figlio dalle mani segnate come quelle del Risorto. Non miracolo ma orrore di quel padre che lo generò nel peccato e che espierà le sue colpe in Terra Santa senza mai trovar requie.
Mistica, santa suo malgrado, la giovane Esclarmonda lotta con ardore per capire il suo ruolo. Cosa vuole il Signore da lei? Perché l'amore per quel figlio inatteso è più forte del suo proposito di votarsi a Dio. Perché le sue parole potenti per gli altri non bastano a dare requie al suo cuore di madre che deve rinunciare al figlio per vederlo crescere in mezzo al mondo?
In un tempo di guerre e sofferenze, di giudizi e pregiudizi, fede e credenze popolari Esclarmonda dovrà reggere la sfida più grande: con la sua stessa coscienza, per liberarsi dalla sua tomba di pietra e tornare alla vita. "A diciasette anni, quando ero entrata nella mia tomba, non avevo abbandonato niente che non fossi convinta di poter sacrificare. La mia morte al mondo non era stata subita, bensì sincera e gioiosa. Ma non ero più quella giovane cocciuta così piena di certezze. (...) No, non ero più colei che si era offerta in sacrificio, che vedeva la santità come il più meraviglioso dei destini e aspirava alla beatitudine (...) Non imbavagliavano un'eretica, un'indemoniata, una falsa poetessa, imbavagliavano una madre". 
A nessuno conviene liberare la vergine dei Sussurri. Obbligata al silenzio Esclarmonda non può che sperare nelle poche persone amiche che ha intorno ma "le verità sono di pasta frolla, e si possono deformare a piacimento". Sarà la sua stessa gente a consegnarla alla sua tomba di pietra, per sempre. I bambini carnefici involontari del suo martirio, la gente che aveva amato a condannarla al silenzio del tempo, facendola santa sua malgrado. 
Le parole buone sussurrate per tanti anni dalla finestrella del suo eremo guidano a distanza di secoli i viaggiatori del mondo sul ciglio della sua tomba, in un posto incantato, e parlano di lei, Esclarmonda, che rinunciò alla santità per farsi madre.

Favola gotica e romanzo di straordinario impatto emotivo allo stesso tempo, impagabile ritratto della donna medioevale questo è 'La vergine dei sussurri', una scrittura capace che irretisce e trascina il lettore fin dalle prime battute. Siamo lì tutti.. accecati dalla rovine del castello che fu la tomba di Esclarmonda.

venerdì 25 ottobre 2013

"Cellophane" di Cinzia Leone

"Vado a caccia di sacchetti dell'immondizia da usare come buco della serratura da cui spiare un mondo che troppo presto ho rinunciato a comprendere e accetto solo di osservare".
Aurora Terrasini per mestiere ammazza animali infestanti. Lo fa a dispetto della giovane età e del pregiudizio della gente intorno a lei. Ha ereditato la ditta dal padre. Non solo non l'ha fatta fallire ma ha fatto straordinari affari. E' brava, determinata, capace. Ma a suo modo è una sopravvissuta. Sopravvissuta a due genitori che non l'amavano, che l'hanno voluta per sostituire la prima figlia perduta in un incidente. Sopravvissuta ad una generazione che sta lì "sempre a frignare sulle rivoluzioni a cui non hanno potuto partecipare, sulle sniffate segrete e su quelle raccontate, sui soldi che dicono di schifare ma che sono pronti a procurarsi in qualunque modo". Sopravvissuta alle offerte di chi le ruota intorno, su tutti Stavros, l'amico/nemico del padre. Sopravvissuta a se stessa, suo malgrado e alle sue ossessioni, la principale: frugare nei sacchetti della gente; dalla prima volta da bimba quando attratta dalla pittrice dell'attico di casa aveva preso a curiosare tra la sua immondizia trovando un fascio di rose gialle avvolte in un cellophane, all'ultima in un cassonetto di via Collina. L'anarchico Tito al guinzaglio e una scoperta inquietante che merita attenzione trascinandosi dietro un'inaspettata verità.
Un dito mozzato, una discarica fuori città, Verdeluna, una vecchia cagnetta incinta, un pianista ossessionato dalla vendetta, l'ardore di impulsi che chiedono di essere soddisfati od ostinatamente respinti e la consapevolezza di "non esser fatta per combattere, ma solo per resistere con le mie manie nella trincea che mi è capitata in sorte".
Ma non si può tornare indietro, "per tutta la vita ho cercato di riprendere quello che è stato gettato per poi ributtarlo via" e Aurora sa che è tempo di trattenere. Trattenere emozioni, sentimenti, rabbia.
E la sopravvivenza si tinge di colori nuovi quando si scosta il cellophane e si guarda senza filtri, si rischia persino di vivere. Perché "solo quello che si frequenta con assiduità o di cui si è irrimediabilmente e voluttuosamente impastati non fa paura". 

Romanzo dalla prosa lucida e fulminante, "Cellophane" inchioda il lettore alla pagina. E lì al fianco di Aurora mentre rovista nel cassonetto dell'immondizia, coscienza sporca di un mondo che va troppo veloce, una società di rampanti conquistatori, di tempi bruciati, anime perse o pronte a vendersi. Uno specchio deformato la Sicilia anni '80 in cui si muove la protagonista, di sfibrante attualità, l'anormalità che diventa normalità. Peggio di qualsiasi rifiuto.

sabato 19 ottobre 2013

"La banda Sacco" di Andrea Camilleri

"..la mafia non solo ammazza ma, laddove lo Stato è latitante, è anche in grado di condizionare e stravolgere irreparabilmente la vita delle persone". Così per la famiglia Sacco. Tanta fatica, tanto coraggio, tanta onestà, tanta intraprendenza nel buon Luigi e nei suoi figli, in lunghi anni di lavoro, tanto amore e dedizione nella propria famiglia, nella capacità di investire tutto di se stessi per migliorare la propria condizione d'origine, affrancarsi dalla povertà salvo poi dover cedere le armi a fronte dei mafiosi, di quella piovra, che ghermisce e avvolge nelle sue spire i poveri cristi, i lavoratori, gli onest'uomini.
Ma non ci stanno Luigi e i suoi figli a piegarsi, a cedere il frutto della loro fatica al prepotente, al profittatore, e tentano l'unica via possibile: il ricorso alla giustizia, la denuncia alle forze dell'ordine delle minacce subite, dei furti, gli incendi alle loro proprietà, i tentativi sempre più irriducibili di ricatto. Ma ci si può opporre nella terra di nessuno alla mano lunga della mafia, che svilisce il ruolo dello Stato imponendo le sue personali leggi? Che imbastisce accuse false, inscena processi farsa per ridurre al silenzio i ribelli? Si può, si deve. Lo fanno i Sacco, che in breve diventano i paladini degli umili, degli onesti, dei timorosi, di quelli che vorrebbero ma non hanno il coraggio di fare. Al punto di farsi loro stessi per necessità latitanti, di rispondere alle offese con offese, senza mai coinvolgere innocenti, senza mai sparare alle forze dell'ordine, senza mai recare offesa per primi; loro che le cronache vogliono banditi, che lo stesso prefetto Mori si fece punto d'onore di arrestare, che i mafiosi stessi iniziarono a temere, loro non erano che una "banda degli onesti, costretti dagli eventi e dallo Stato che non sa difenderli, a imbracciare le armi, andando contro la loro stessa natura".
I Sacco, sconfitti ma non vinti, loro traditi e venduti, loro ribelli di salda onestà intellettuale, loro umili e perbene, pagarono il fio di non piegare la testa, di reclamare quel che era loro dovuto: giustizia e protezione. Pagarono ed espiarono per i tanti senza voce, non ottennero che silenzio e sputi in faccia.
La memoria storica oggi ritrovata restituisce loro il dovuto. Le parole di Camilleri si fanno cronaca sincera e puntale. Riabilitano i 'forzati eroi comuni' che abitano ancora il nostro tempo. E il lettore stringe il pugno per la rabbia di aver atteso tanto per sapere, come troppe volte accade.

venerdì 18 ottobre 2013

"La letteratura è la mia vendetta" di Claudio Magris e Mario Vargas Llosa

Due grandi della letteratura mondiale, due grandi amici, Claudio Magris e Mario Vargas Llosa (nobel per la letteratura nel 2010) dialogano sul ruolo della letteratura nel nostro tempo: "quando i romanzi sono davvero riusciti, ci soggiogano, ci strappano da questa vita che è caos e confusione e ci fanno vivere nell'esperienza magica della lettura, la finzione come realtà; torniamo poi nel mondo con una sensibilità più acuta per comprendere ciò che ci circonda, per scoprire meglio il rapporto gerarchico tra ciò che è importante e ciò che e secondario; inoltre torniamo nel mondo con un atteggiamento critico" raccontando di democrazia, valori, libertà.
Ne parlano guardando il mondo con passione, partecipazione, entusiasmo perché questo fa la letteratura: incide nei cuori, determina cambiamenti, disinnesca criticità. 
Il colloquiare dei due letterati è semplice e armonico. Semplicemente, affabulano.

domenica 13 ottobre 2013

"L'amore è tutto: è tutto ciò che so dell'amore" di Michela Marzano

"Di che amore parli?"
"Di quello che arriva quando non ti aspetti più nulla. E lui penetra nel tuo cuore all'improvviso, come una bomba a scoppio ritardato"
Ancora un libro sull'amore? Sì, se "permette di spiegare come sia sempre e solo per amore che agiamo". E l'autrice parte della propria esperienza personale per raccontare l'amore e raccontarsi. Sfatare il mito del principe azzurro, del 'per sempre' fiabesco, delle aspettative disattese, degli errori comuni, delle apparenze, delle costruzioni che inficiano la realtà, dell'assurda percezione di non dire o fare mai la cosa giusta, della libertà negata in cambio di briciole o niente, della passionalità scambiata per sentimento, delle paure che condizionano ogni gesto. 
"La persona giusta non è quella che sarà in grado di calmare le nostre ansie e di riempire le nostre attese, ma colei che imparerà ad accettarci come siamo, con le nostre fratture e le nostre contraddizioni. Anche quando noi stessi facciamo fatica a sopportarci".
Sfuggendo ad uno sguardo indagatore spietato su se stessa l'autrice si fa portavoce di un sentire comune che sfiora il cuore del lettore, facendolo suo, nostro. L'adeguatezza delle riflessioni della Marzano spiazzano tanto sono lucide, vere, coraggiose pur semplici, quasi ovvie eppure sfuggenti nell'irrazionalità di un quotidiano d'amore che spesso ci imponiamo di vivere relegando il sentimento vero in fondo a noi stessi.
Brava, bravissima, sensibile, così prossima all'anima della gente.
"L'amore è ciò che resta quando pensi di non aver più nulla da dare a nessuno".

mercoledì 2 ottobre 2013

"Betty" di Roberto Cotroneo

"Credevo di capire tutto e di conoscere tutto. Non conoscevo nulla, erano solo parole, erano solo vite di carta per riempire pagine bianche. La mia scrittura è stata un teatro di ombre cinesi. Solo che quelle ombre erano i miei fantasmi".
Il grande romanziere George Simenon torna per qualche settimana di riposo nell'amata isola di Porquellos, sulla Costa Azzurra. Ne conserva bei ricordi, vi ha scritto pagine bellissime. Ma adesso è un uomo stanco, malato, addolorato. Ha smesso di scrivere da qualche tempo eppure improvviso nasce il bisogno di riprendere in mano carta e penna per raccontare, di "una figlia, un romanzo e una donna sconosciuta" e così rivelare al mondo e a sé stesso quanto di lui aveva sempre deciso di ignorare.
Perché sull'isola, complice un giovane fotografo, Simenon è attratto dallo sguardo di una donna "sembra che gli occhi vogliano prendersi tutto il paesaggio che c'è". Una donna che ha lo stesso nome della protagonista di un suo romanzo: Betty. La stessa donna il cui cadavere il mare restituirà qualche giorno dopo, coinvolgendolo in un'indagine che lo costringe a diventare quel Maigret di cui scrive da sempre.
Chi era davvero la donna che abitava da straniera l'isola? Perché di lei si sapeva tutto e niente? Perché era ossessionata dai romanzi di Simenon, su tutti 'Betty' al punto da farne copione del suo vivere, fin nei particolari più inquietanti e dolorosi? E perché la gente dell'isola, lo stesso dottor Rigaud, amico di Simenon, ne era rimasto affascinato al punto da restare invischiato dalla sua follia? Quale dolore nascondeva la donna? E perché per Simenon svelarne il dramma equivale a rivivere il suicidio dell'amata figlia Marie Jo?
Simenon, vittima e inconsapevole carnefice della donna, si interroga: "l'anima è una finestra sui fantasmi di una vita, e io di fantasmi ne ho troppi".
Simenon smette i panni dello scrittore per vestire quelli di uomo. "Le storie le conosco, le verità le ho perse".
Giallo psicologico, storia di forte impatto, mirabile omaggio a un grande della letteratura del '900. Questo è 'Betty'. Un'isola, il cadavere di una donna, un gruppo di sospetti, un detective d'eccezione. E ancora la bellissima prova d'autore di uno scrittore che semplicemente, con naturalezza e maestria, fa quello che tanti provano e a pochi riesce: scrivere un romanzo.
Sublime la figura di Simenon, piena di introspezione e analisi la sua scrittura. Intenso l'approcciarsi alla metamorfosi del suo vissuto immerso nel dolore della perdita di un figlio, la descrizione di un vivere che delega sentimenti e responsabilità ai personaggi di carta, figure più comode degli occupanti la realtà. La capacità di Cotroneo di presentare ai lettori Simenon, di entrarvi dentro  al punto di metterne a nudo l'anima, di farne protagonista, personaggio di una storia è una matrioska di letture, un gioco di interessante deduzione, un prezioso disegno narrativo.
La scrittura di Cotroneo è coinvolgente, vera, piena di pathos, frutto di accurato studio. "Le persone sono ciò che ricordiamo di loro" si legge nel libro, sarà davvero così.