domenica 19 agosto 2018

"La ragazza con la Leica" di Helena Janeczek

"Avevamo un'amica in comune che è morta in Spagna. Oggi nessuno sa più chi era Gerda Taro. Si è persa traccia persino del suo lavoro fotografico, perché Gerda era una compagna, una donna, una donna coraggiosa e libera, molto bella e molto libera, diciamo libera sotto ogni aspetto".
Non ha nemmeno ventisette anni Gerda Taro quando muore su un campo di battaglia in Spagna. È in corso la guerra civile. Il suo corpo martoriato verrà riconosciuto dal compagno, Robert Capa. Il corteo funebre sfilerà a Parigi. Ovunque bandiere rosse. Intorno uomini e donne che l'hanno conosciuta, amata, desiderata, ammirata. È l'agosto del 1937. L'Europa è in fermento. Gerda come i suoi amici è travolta dalle lotte sociali e politiche, l'avvento dei regimi autoritari, la voglia di lottare per una società più giusta, rigurgiti razziali stravolgono famiglie intere; ebrei, comunisti, sono i nuovi nemici. I giovani di tutta Europa accorrono in Spagna, combattono per la libertà e lì amano, sognano, muoiono.
Gerda ragazza intrepida, sognatrice, il sorriso che incanta, una leggerezza nel fare che affascina e una volontà che può tutto. Ama e si lascia amare. L'amicizia come punto saldo della sua vita. Un mondo di intellettuali che le diventa familiare. Mille progetti in testa, una macchina fotografica con cui fermare l'attimo e rapire un'emozione, il cuore impegnato a dare amore, lo sguardo proiettato oltre.. fino ad un giorno d'estate.. "vivere a tutti i costi, ma non a ogni prezzo". 
A raccontare Gerda Taro tre delle persone che le hanno voluto bene, Willy Chardack, Ruth Cerf, George Kuritzkes. A distanza di tempo i ricordi riemergono prepotenti e raccontano la vita di una giovane donna straordinaria, una fotografa di guerra, una ragazza che sognava un futuro diverso. 
Una scrittura intensa che affonda nella ricerca documentale precisa quella della Janeczek che cattura l'attenzione del lettore con una storia del nostro novecento e rimarca la sfrontata temerarietà di una generazione di idealisti che hanno sacrificato tutto per la libertà. 

domenica 5 agosto 2018

"Eleanor Oliphant sta benissimo" di Gail Honeyman

"Sul mio cuore ci sono cicatrici altrettanto spesse e deturpanti di quelle che ho in viso. So che ci sono. Spero che resti un po' di tessuto integro, una chiazza attraverso la quale l'amore possa penetrare e defluire. Lo spero".
Eleanor Oliphant. Poco più di trent'anni e un passato di abusi e abbandoni che si porta addosso come un marchio, così come un carattere spigoloso e totale assenza di interazioni sociali. Un lavoro modesto a dispetto dei suoi studi. La solitudine nel cuore e gesti quotidiani ripetuti a garantire una tranquillità di facciata. Eppure un giorno un incrocio di sguardi con un uomo riaccende la speranza nel cuore di pietra di Eleanor. Sarà l'inizio di una rivoluzione inattesa, finanche dolorosa che costringerà Eleanor a confrontarsi con il passato, perdonarsi e aprirsi al cambiamento. Necessario per vivere.
Non più sopravvivere.
Complice un collega strampalato e un vecchietto soccorso per strada, Eleonor capirà che non si è mai soli come si crede, né inadatti, né supponenti, né aridi; imparerà a "respingere la voce che le sussurrava all'orecchio che era cattiva, sbagliata, non abbastanza brava".
Eleonor sfiorerà la disperazione più cupa per riemergere grazie ai piccoli gesti di tante persone sempre ignorate per imparare finalmente a volersi bene, giorno dopo giorno. 
"Ai nostri giorni la solitudine è il nuovo cancro, una cosa vergognosa e imbarazzante, così spaventosa che non si osa nominarla: gli altri non vogliono sentire pronunciare questa parola ad alta voce per timore di essere contagiati a loro volta, o che ciò possa indurre il destino a infliggere loro il medesimo orrore".
Gail Honeyman regala ai lettori un personaggio di strano e straordinario impatto emotivo come quello di Eleonor Oliphant. In apparenza persona anonima come il suo appartamento. Poche spese finalizzate a sopperire i bisogni naturali ricacciando nel cassetto quelli affettivi. E un giudizio sprezzante su tutto quello che si discosta dal suo agire, dal razionale, dall'intelligenza ed una educazione pressoché assente nella popolazione, a suo dire. Non è giudicata Eleanor ma giudica e tiene a distanza chiunque per paura di soffrire, di sbagliare, essere punita come le capitava da bambina. Eppure a dispetto delle apparenze la società è meno terribile di quel che sembra se riserva ad Eleonor la prova concreta che si può essere amati, che ci si può fidare di chi ci sorride.
Un romanzo dirompente, ostico e di una struggente disarmonia di sentimenti eppure tocca il cuore ed Eleanor ci si infila dentro per restare.