giovedì 31 gennaio 2019

"Il sogno della macchina da cucire" di Bianca Pitzorno

"A me dissero che ero un po' troppo esaltata. Sapevano che leggevo romanzi. Mi consigliarono di tenere a bada l'immaginazione".
Provincia italiana, sul finire dell'Ottocento. Una giovinetta impara l'arte del cucito dalla nonna. Abitano un sottano in un bel palazzo del centro. Con fatica e sacrificio vivono una vita dignitosa.
Cucire però non basta alla ragazza. A fatica impara poco alla volta a leggere e scrivere. Le arie d'opera, i romanzi d'appendice, sono il mondo sognato, quello reale si riempie di tanti incontri e innumerevoli passi indietro. Perché se è vero che le sarte lavorano spesso nelle case dei nobili e dei ricchi borghesi, teatro di storie, rivelazioni, possibilità di conoscenza, è al tempo stesso importante rispettare i ruoli, ricordare che si è semplici lavoranti, ringraziare per tutto quel che si riceve. 
Tante figure popolano il mondo della sartina. Nel XIX secolo la figura della donna moderna, emancipata ed istruita, decisa a scegliere il proprio futuro è in via di affermazione; rompe gli schemi sociali per rivendicare autonomia, è il caso della marchesina Ester, della giornalista americana Lily Rose, della stessa sartina che pur conscia del proprio posto in società rivendica a suo modo la possibilità di vivere del proprio lavoro con onestà.
Non sarà facile sfuggire gli scandali, le donne della famiglia Provera, o l'invidia, Filomena, né fuggire l'accusa dell'anziana donna Licinia, decisa a denunciarla per adescamento piuttosto che vederla al fianco dell'amato nipote. Impossibile concepire un'umile sartina al fianco di un borghese istruito facoltoso.
L'onta del fermo di tre giorni, le perquisizioni, gli sguardi della gente, il sopruso di un potente su un povero. 
In un tempo scandito dalla fatica è tra i più deboli il vincolo implicito del mutuo soccorso. La giovane sartina prenderà con sé la figlia della vicina di casa morta di tisi, orfana, e la crescerà come una figlia. Sfiderà i moralisti, fidando nell'amicizia di poche persone, vivrà la passione di un amore negato pagando l'impudenza di voler essere felice come tutti e vivrà la vita reale, trasformandola in quella sognata sui libri, compagni di una vita, complice una macchina da cucire che ha tenuto insieme segreti, pensieri, aspirazioni, sacrifici, aspirazioni.
Un libro delizioso quello della Pitzorno, attento affresco della società italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento, capace di descrivere la condizione della donna. Il confine labile tra povertà, malattia e prostituzione annichilisce. Di più la spietata mano della stessa donna sulle sue simili, meno fortunate, quasi la povertà fosse peccato da emendare.
Wppure si respira anche gioia nella scrittura della Pitzorno che ha delineato un personaggio autentico, potente, difficile da dimenticare. Di più ha confezionato un romanzo d'appendice come quelli amati dalla sua sartina che ha il piglio della denuncia sociale e la bellezza di una scrittura che incanta parola dopo parola.
La sartina della Pitzorno abiterà a lungo le stanze del cuore dei lettori. 

domenica 27 gennaio 2019

"Ti ho già visto da qualche parte?" di Marni Jackson

"Un uomo che scrive con franchezza della sua vita privata è considerato coraggioso ma se lo fa una donna, è prendersi troppa confidenza".
Rose scrive, lo fa sin da ragazzina. Diciassettenne, in un corso estivo, John Updike le fa da mentore. È il suo primo inconsapevole incontro con alcune celebrità del novecento. Da poeti a pittori, da rockstar ad attori, da scrittori a cantautori in tanti segnano la vita di Rose. In fuga dal glamour, in pausa dalla vita frenetica, in cerca di silenzio ed autenticità tutti troveranno il modo di rivelare parte di loro stessi confrontandosi con la vita di Rose.
Joni Mitchell raccoglierà lo sfogo sentimentale di un tradimento amoroso, Bob Dylan dormirà nella camera di suo figlio, attraverserà il deserto al fianco di un redivivo Jimi Hendrix, Meryl Streep troverà inspirazione in lei per un ruolo, Gwyneth Paltrow le farà da estetista per le seconde nozze dell'ex marito, Leonard Cohen le sarà accanto al funerale della madre.
La meraviglia dell'incontro scivola nel quotidiano di un racconto che è meraviglia esso stesso. La straordinarietà non è nell'altro famoso ma è nella relazione che si instaura con l'"altro". Nella capacità che Rose ha di raccontarsi e accogliere le parole dell'ospite inatteso. Quel 'ti ho già visto da qualche parte' scivola in secondo piano nel racconto dacché il lettore percepisce la linearità di un vissuto autentico. La vera celebrity è Rose. Con i suoi viaggi, le sue avventure, i suoi amori, le stramberie, la sua vecchia casa vittoriana, il suo scrivere libri dai titoli improbabili, il suo lavoro per un'azienda di sanitari, il suo animo indomito da rivoluzionaria che riemerge alla prima occasione. 
È un romanzo allegro, ad episodi per certi versi - un capitolo per ogni incontro con un vip - che instilla passione, gioia, sentimento. 
Un omaggio involontario all'unicità di tutte le persone, perché la notorietà può celare pregi e difetti: buffi, impauriti, problematici, timidi, chiassosi, soprattutto umani.
Adorabile Rose, un personaggio così ben tratteggiato dalla Jackson: "Mi sentivo capace di qualsiasi cosa in quel momento, attrezzata per affrontare il mio informe futuro. Nonostante non sapessi cosa c'era in serbo per me, la cosa importante era andargli incontro, anche al buio".
Un libro da leggere. 

domenica 13 gennaio 2019

“Matrigna" di Teresa Ciabatti

Resistere al mancato amore.
Oppure.. sopravvivere all'estetica di un amore malato.
Questo sperimenta Noemi sin dalla più tenera infanzia. 
Non ricorda baci scambiati tra i suoi genitori. 
Non ricorda un vissuto quotidiano di dolcezze riservate a lei. 
Una donna magra stretta nella sua vestaglia viola che si trascina per casa. Ecco chi era sua madre. 
Fino alla nascita di Andrea.
Il bimbo atteso, amato, l'angelo biondo bisognoso di cure.
Il figlio da tenere abbracciato a sé, con cui dormire, da seguire sempre con lo sguardo, il bimbo bellissimo ammirato da tutti, fino al giorno della sua sparizione.
Noemi, nove anni, la manina del fratello di sei stretta alla sua e poi improvvisamente perso tra la gente.
Quello che era seguito era stato il caos. Giornalisti appostati fuori casa, le indagini della polizia, la presenza costante degli psicologi a scrutare ogni suo pensiero per proteggerla da sé stessa, dal trauma subìto.
Giorni, mesi, anni di interminabili attese, speranze disilluse. Andrea non era tornato. Non era mai stato trovato. E Noemi era andata avanti, presente solo a sé stessa. Decisa ad emanciparsi da quella madre per cui non aveva mai davvero significato qualcosa, da una famiglia intessuta di dolore e silenzi. 
Ed erano trascorsi gli anni. Lontano dal paese, ragazza come tante nella grande città, aveva cercato riparo nei libri vivendo storie e avventure che avrebbe voluto fossero davvero le sue, aveva dato forma alle parole amicizia, amore.
Asettica al dolore, indipendente, tutt'uno con il lavoro, era stata risucchiata nel suo passato quando la madre era rimasta vittima di un incidente stradale.
Il paese natio, la casa, la cantina che rifuggiva da troppi anni come il ricordo del fratellino scomparso, la zia che aveva vegliato sulla sua famiglia sostituendosi alla madre e lei, un'altra. Bionda, sorridente, elettrizzata dai tanti nuovi progetti di vita con Luca, giovane, troppo giovane per lei. Eppure sembravano felici insieme. Lui così premuroso, attento. Lei semplicemente persa, smarrita da tanta 'vita'. Tutti a pensar male. In fondo, la casa espropriata, tutti i soldi da spendere, lei così bisognosa d'affetto. E alla fine Noemi aveva capito. Quando la rabbia, il dolore era riemerso, quando era sul punto di riversare tutto il male che sentiva compresso nella sua famiglia su sua madre, aveva raccolto il suo segreto e l'aveva fatto proprio ritrovando gli occhi azzurri di suo fratello che aveva cercato ogni giorno della sua vita in quelli di chi aveva incrociato.
Luca... Andrea.. Poteva essere.
"Fu un attimo. L'attimo in cui corrisposi a mia madre, nella speranza così come nella follia - c'è differenza?"
La Ciabatti risucchia il lettore in un vortice di sentimenti, costringendolo a confrontarsi con la complessità del mondo familiare, di madri incapaci di affetto, vittime se mai di protagonismo, e figli incolpevoli costretti a bastare a se stessi, a emendare la propria esistenza. Padri assenti, e una società che fagocita storie, morbosamente, dimenticando l'umanità.
Una scrittura sferzante, che lascia il segno. 

martedì 1 gennaio 2019

"La vergogna" di Annie Ernaux

"Ho sempre avuto voglia di scrivere libri di cui poi mi fosse impossibile parlare, libri che rendessero insostenibile lo sguardo degli altri".
Quello sguardo i lettori della Ernaux se lo sentono sempre addosso. E ha lo stesso effetto duro, disarmante, di disagio che ogni singola sua parola ha nel contesto della narrazione.
La storia è quella di una bambina che ricorda lucidamente a distanza di più di quarant'anni il pomeriggio in cui ha iniziato a prendere coscienza del senso di vergogna, inadeguatezza del suo essere al mondo. L'episodio descrive un violento litigio tra i genitori: il padre che in preda all'ira è sul punto di strangolare la moglie, salvo pochi momenti dopo ritrovarsi tutti in cucina come se nulla fosse accaduto. Apparenze.
In un piccolo paese di campagna della provincia francese degli anni Cinquanta tutto è codificato, tutto è impostato sull'importanza di sembrare brave persone piuttosto che esserlo davvero.
La Ernaux nei suoi libri racconta la sua storia personale. È impietosa. È attenta nel sezionare pagine della sua vita rendendo a pieno il sistema sociale del tempo, altro mondo non riuscirebbe se no a rendere al meglio la comprensione dell'agire dei personaggi della sua storia, peraltro reali. 
Se in altri romanzi gli episodi della sua vita hanno raccontato le dinamiche familiari, l'aspra realtà sociale degli anni tra le due guerre mondiali, il tentativo di emendare la colpa di una nascita in un quartiere povero ed operaio, la perdita di una figlia e l'omissione della sua esistenza, la morte dei genitori, la fuga dal paese e il ritorno, ne 'La vergogna' la Ernaux ha "riportato alla luce i codici e le regole degli ambienti in cui ero rinchiusa, ho inventariato i linguaggi dei quali ero impregnata e che plasmavano la mia percezione di me stessa e del mondo circostante".
E nel farlo parla di noi, non solo di come eravamo - abbiamo in comune al tempo raccontato dalla Ernaux, stratificazioni culturali e sociali di un Novecento che ha imbevuto le nostre coscienze e il nostro agire - ma di come siamo, di quello che abbiamo tutti provato almeno una volta nella vita, vergogna, inadeguatezza.
La scrittura della Ernaux è uno specchio. Ci riflettiamo nella sua narrazione, ci riconosciamo nelle immagini che descrive, ritroviamo lo sguardo di chi è come noi. 
È straniante, deformante, ma reale al tempo stesso.
La sua è una testimonianza autentica. Parole semplici mai scritte a caso. Tutto nella scrittura della Ernaux è prezioso, anche il dolore che arriva dai ricordi perché quello che fa è "sostituire la dolce topografia dei ricordi con un'altra delle linee dure che ne spezza l'incantesimo".