lunedì 31 dicembre 2018

"Corpo felice" di Dacia Maraini

"L'immaginazione è il motore più potente del nostro corpo. Ci fa capire il dolore degli altri. Ci fa viaggiare nel tempo e nello spazio. È l'immaginazione che ci fa riconoscere le ingiustizie e ci porta a combatterle".
L'immaginazione lega una madre ad un figlio mai nato eppure sempre presente nella sua vita. A lui racconta il dolore del suo corpo di donna privato di quella vita in essere, un corpo che rappresenta l'altro dall'uomo, cassato nella storia, nelle coscienze, nel sentire comune di tempi in cui la donna era il nulla, il male, un vuoto da riempire, un difetto. Corpo da violare, sopraffare, comandare. Una proprietà silente relegata in ruoli ben definiti ora dalla religione, ora dalla società, ora dalle convenzioni. Se mai un orpello, un gingillo prezioso quando non istigazione, capriccio per chi cercava con ogni mezzo di diventare persona, godere di diritti, attuare ogni forma di espressione, farsi vento di libertà.
Attraverso il tempo la figura femminile si è fatta portatrice di vita, realtà, ribellione, passione, forza, sentimento. Solo nel Novecento ha cominciato ad essere riconosciuto davvero. Diritti, e non solo.
Al figlio mai nato, Dacia Maraini racconta la donna, la sua vera essenza, quel corpo che acquisterà davvero presenza solo quando sarà attraversato dall'amore e dal rispetto del prossimo.
Un libro manifesto che racconta lo straordinario potere del "femminile".
Un romanzo per certi versi di formazione, che andrebbe condiviso col genere maschile: un passo essenziale nella crescita delle future generazioni. 
La bellezza della scrittura della Maraini è nella fusione dei ricordi, delle emozioni personali con il flusso delle testimonianze di donne coraggiose che con il proprio esempio, la temerarietà delle proprie idee hanno attraversato la storia, segnandola.
"Corpo felice" è a dispetto del tema trattato, un proposito fermo, un atto gentile, la certezza delle potenzialità di libertà e giustizia. 

domenica 30 dicembre 2018

"... che Dio perdona a tutti" di Pif

"Nel mondo ci sono due categorie di uomini: l'uomo che sa cosa vuole e combatte per averle e poi ci sei tu e la tua categoria. Che non sapete cosa volete nella vita e rompete le palle al prossimo".
Ecco Arturo.
Trentenne, agente immobiliare, appassionato di dolci. In perenne attesa di qualcosa che rivoluzioni il quotidiano di certezze; gli amici del calcetto i pochi con cui confrontarsi.
Fino all'incontro con Flora.
Tanto improbabile quanto riuscito, complice una Via Crucis delirante in cui veste i panni di Gesù.
Sarà proprio la fede a mettere a dura prova la relazione di Arturo con Flora e con tutti i suoi conoscenti.
Accusato di essere un miscredente, Arturo decide di mettere in pratica le parole di Dio rivelando la totale discrepanza nei credenti tra fede dichiarata e fede professata. Gesti concreti al posto di parole.
Smascherati gli ipocriti, messi a nudo gli egoisti, sfrondati i finti caritatevoli, Arturo si ritroverà solo, con la certezza della reale forza del bene che si fa e la consapevolezza della propria onestà intellettuale.
Si è davvero rivoluzionari quando si rompono gli schemi e ci si espone in prima persona per quello in cui si crede.
Arturo troverà la sua strada, lasciandosi travolgere dalla passione dell'inatteso, l'amore, un figlio e l'amore per i dolci che trasformerà nel suo nuovo lavoro.
"È come se ci fossimo trovati davanti a un burrone senza poter tornare indietro. A un certo punto ci siamo presi per mano e ci siamo lanciati. E invece di precipitare, abbiamo cominciato a volare. Certo, ogni tanto sembrava di perdere quota, ma alla fine il vento ci ha sempre riportato su".
Pif esordisce nella narrativa con l'ironia e la capacità intuitiva tutta sua di mettere in luce bellezze e assenze dell'agire umano. Lo fa con garbo e attenzione. Non è cosa da poco. 

domenica 4 novembre 2018

'Mio fratello' di Daniel Pennac

"Preferirei di no".
Così il Bartleby di Melville. 
Così Bernard Pennac.
Fratello così amato dallo scrittore Daniel che elabora a fatica il lutto della sua perdita portando in scena il racconto di Bartleby lo scrivano, libro preferito di entrambi. 
Fratello maggiore, mentore, ispiratore dell'amore del giovane Daniel per la letteratura, compagno di vita, esperienze, emozioni, prime volte.
Ecco Bernard. 
La persona a cui fare riferimento, introverso, melanconico, definitivo, eppure sempre presente.
Il suo ritirarsi dalla vita come presa di posizione verso una società che fagocita tutto. 
"I nostri ricordi sono sensazioni".
Daniel racconta Melville e si racconta, studia le reazioni del pubblico, rivive ogni sera emozioni dimenticate, torna indietro al tempo condiviso con il fratello, alle cure ricevute, al bene come dono, all'umorismo come chiave di letture di attimi che paiono eterni.
Il ricordo di un amore fraterno, intimo, abbarbicato tra le pagine di un libro.
Una scrittura emotiva che sprigiona la sua autenticità dalle parole e si riflette negli occhi di due bambini stretti in un abbraccio fraterno nella foto che chiude il romanzo e che Pennac regala al lettore. 

giovedì 1 novembre 2018

"La tagliatrice di vermi e altri racconti" di Gaetano Barreca.

È davvero un mondo d'altri tempi quello raccontato da Gaetano Barreca in questa raccolta di racconti. Un tempo fatto di volti ed emozioni, sguardi, attese, partenze. Persone e personaggi in un abitato prossimo come la città vecchia di Bari, un microcosmo di vissuto intriso di affetti, attenzioni, un controllo sociale attivo mescolato a impicci, superstizioni, pregiudizi, mani tese e sorrisi. Mestieri frutto del bisogno e dell'ingegno umano, leggende, voci angeliche, guaritrici, spioni, innamorati.. attori inconsapevoli tra i vicoli del borgo.
Un come eravamo raccontato con grazia e attenzione estrema alle fonti. Il nostro tempo passato che rivela il nostro presente.
Un libro da tenere a portata di mano perché tra le apparenti stramberie popolari si annidano gli insegnamenti degli anziani che quietano l'anima.

venerdì 26 ottobre 2018

"La ballata di Adam Henry" di Ian McEwan

"Tutta la vita e tutto l'amore che ha davanti a sé".
Questo si promette di tutelare la decisione del giudice dell'Alta Corte britannica presso la sezione Famiglia, Fiona Maye.
La vita che ha davanti a sé il giovane Adam Henry, malato di leucemia, che rifiuta la trasfusione di sangue che potrebbe consentire l'unico trattamento utile per combattere il progredire della malattia.
Adam è prossimo alla maggiore età, pochi mesi che lo separano dalla possibilità di decidere per sé, finanche rifiutare le cure. La sua religione vieta le trasfusioni di sangue e lui ostenta una determinazione a rifiutare le cure che disarmano tutti ad eccezione dei medici che sperano nella legge per salvargli la vita. 
Appellandosi al Children Act del 1989 e al concetto di benessere dei minori il giudice Maye valuterà opportuno contravvenire alla volontà espressa dal giovane e consentire le cure.
"Nella prospettiva di una buona guarigione, il suo benessere trarrà maggiore vantaggio dal suo amore per la poesia, dalla sua passione recente per il violino, dall'esercizio della sua intelligenza vivace e dall'espressione di una natura tenera e scherzosa".
Perché il giudice Maye ha conosciuto Adam, ha ritrovato nel corpo compromesso dalla malattia, tutto l'ardore per una vita che si presume giusta nel rispetto delle regole imposte della religione, il fuoco acceso delle passioni sopite dall'apprensione di due genitori che sperano di meritare l'appoggio della comunità e al tempo stesso tremano per il timore di perdere l'unico figlio, così amato.
Ma è andata oltre, lasciando che il futuro irrompa nella vita del giovane.
In un tempo abitato come mai di incertezze per il giudice Maye: la crisi coniugale con il marito, il lavoro, il tempo che passa, un concerto da preparare; ecco l'inaspettato del giovane Adam Henry che le chiede conto della sua vita, travolto da dubbi e incertezze, promesse mancate e nuove attese, in una spasmodica ricerca di consenso, assetato di esperienze e di una guida che lo sostenga.
Quel contatto diretto, che contravvenendo forma e metodo, segna il passaggio di un confine imposto dal buon senso che ribalta le regole e avvicina una donna ed un giovane sul ciglio dell'abisso che a volte riserva la vita. 
Una scrittura che attinge al costante defluire della norma scritta e i problemi della convivenza per indagare l'animo umano e l'etica di cui spesso l'uomo moderno sembra sprovvisto rivelando caducità di sentimenti e oblio dell'anima.
Un romanzo breve di rara forza emotiva dal finale spiazzante che ribalta ancora il senso comune e quella perfezione tragica in cui molti, troppi sono immersi. 

domenica 21 ottobre 2018

'Il giro dell'oca' di Erri De Luca

"Le parole sono lo strumento delle rivelazioni". 
È una rivelazione il figlio mai nato per un uomo. Una rivelazione in una notte abitata solitamente da ricordi, storie. Una rivelazione che prende forma, un contraddittorio che rivela l'intimità di una vita impastata di fatica e ideali, volontà di essere parte di un tempo, il Novecento, che pretende impegno civile oltre che politico. In anni diversi l'uomo racconta di scontri ideologici e sacrificio verso i più deboli. Sempre presente all'appello di scelte definitive, il farsi parte come l'essere parte. L'uomo racconta i genitori, descrive la sua casa immersa nella natura, i libri scritti e quelli letti, la potenza della poesia, il coraggio e le paure che albergano nel suo cuore. 
Si rivela all'unica parte di sé che non ha conosciuto per non averlo mai generato, suo figlio. All'altro sé che lo accompagna all'alba di un tempo che si accetta di vivere con la stessa temerarietà di un combattente di parole, perché in "letteratura non esiste l'indescrivibile".
Erri De Luca veste la sua ultima storia con parole intime regalando al lettore una parte di sé. È l'occasione per innamorarsi, se non fosse già accaduto, della sua narrazione che è sia narrazione personale che narrazione del nostro tempo.
"Le parole non inventano la realtà, che esiste comunque. Danno alla realtà la lucidità improvvisa, che le toglie la sua naturale opacità e così la rivela". 

domenica 23 settembre 2018

"La vita davanti a sé" di Romain Gary

Momò è un ragazzino senza età e senza identità certa. Vive in un appartamento della periferia francese, nella banlieu parigina di varia umanità, assieme ad altri bambini parcheggiati lì da mamme prostitute. Incidenti di percorso amati spesso abbandonati ad una morte sociale, e non solo. La loro mamma in affitto è madame Rose, una ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, ex prostituta, in là con gli anni, sfiorita nella bellezza, malata e assai stramba eppure quanto di più vicino ad una madre per Momò che non avrà cuore di abbandonarla neppure in punto di morte. Cresciuto per strada tra una umanità di gente ai margini, stranieri, artisti di strada, prostitute, scarti di vite già vissute, che a dispetto delle apparenze riservano a Momò affetto, sostegno, educazione. Il travestito Madame Lola, il vecchio venditore di tappeti cieco Hamil che cita Victor Hugo, i fratelli Zaoum facchini dal cuore d'oro, il dottor Katz al servizio dei diseredati e tutti i vicini di casa uniti nella sofferenza come nella gioia e pronti a sostenersi nel momento del bisogno.
Il racconto di un amore materno sui generis in un tempo non lontano. Una storia raccontata da un bambino costretto a crescere in fretta, che porta negli occhi e nel cuore innocenza, amore, rabbia. In cerca di attenzioni e cure, con un ombrello rivestito di stracci come amico di avventure.
Una storia di autenticità di sentimenti. Un romanzo che spiega con struggente arrendevolezza dei sogni che diventano incubi quando invecchiano perché "il tempo viene lentamente dal deserto con le sue carovane di cammelli e non ha fretta perché trasporta l'eternità".
Uno dei romanzi più conosciuti di Emile Ajar alias Romain Gary tra le personalità più complesse del panorama intellettuale francese degli anni sessanta e settanta la cui vita merita un racconto a sé. 

domenica 19 agosto 2018

"La ragazza con la Leica" di Helena Janeczek

"Avevamo un'amica in comune che è morta in Spagna. Oggi nessuno sa più chi era Gerda Taro. Si è persa traccia persino del suo lavoro fotografico, perché Gerda era una compagna, una donna, una donna coraggiosa e libera, molto bella e molto libera, diciamo libera sotto ogni aspetto".
Non ha nemmeno ventisette anni Gerda Taro quando muore su un campo di battaglia in Spagna. È in corso la guerra civile. Il suo corpo martoriato verrà riconosciuto dal compagno, Robert Capa. Il corteo funebre sfilerà a Parigi. Ovunque bandiere rosse. Intorno uomini e donne che l'hanno conosciuta, amata, desiderata, ammirata. È l'agosto del 1937. L'Europa è in fermento. Gerda come i suoi amici è travolta dalle lotte sociali e politiche, l'avvento dei regimi autoritari, la voglia di lottare per una società più giusta, rigurgiti razziali stravolgono famiglie intere; ebrei, comunisti, sono i nuovi nemici. I giovani di tutta Europa accorrono in Spagna, combattono per la libertà e lì amano, sognano, muoiono.
Gerda ragazza intrepida, sognatrice, il sorriso che incanta, una leggerezza nel fare che affascina e una volontà che può tutto. Ama e si lascia amare. L'amicizia come punto saldo della sua vita. Un mondo di intellettuali che le diventa familiare. Mille progetti in testa, una macchina fotografica con cui fermare l'attimo e rapire un'emozione, il cuore impegnato a dare amore, lo sguardo proiettato oltre.. fino ad un giorno d'estate.. "vivere a tutti i costi, ma non a ogni prezzo". 
A raccontare Gerda Taro tre delle persone che le hanno voluto bene, Willy Chardack, Ruth Cerf, George Kuritzkes. A distanza di tempo i ricordi riemergono prepotenti e raccontano la vita di una giovane donna straordinaria, una fotografa di guerra, una ragazza che sognava un futuro diverso. 
Una scrittura intensa che affonda nella ricerca documentale precisa quella della Janeczek che cattura l'attenzione del lettore con una storia del nostro novecento e rimarca la sfrontata temerarietà di una generazione di idealisti che hanno sacrificato tutto per la libertà. 

domenica 5 agosto 2018

"Eleanor Oliphant sta benissimo" di Gail Honeyman

"Sul mio cuore ci sono cicatrici altrettanto spesse e deturpanti di quelle che ho in viso. So che ci sono. Spero che resti un po' di tessuto integro, una chiazza attraverso la quale l'amore possa penetrare e defluire. Lo spero".
Eleanor Oliphant. Poco più di trent'anni e un passato di abusi e abbandoni che si porta addosso come un marchio, così come un carattere spigoloso e totale assenza di interazioni sociali. Un lavoro modesto a dispetto dei suoi studi. La solitudine nel cuore e gesti quotidiani ripetuti a garantire una tranquillità di facciata. Eppure un giorno un incrocio di sguardi con un uomo riaccende la speranza nel cuore di pietra di Eleanor. Sarà l'inizio di una rivoluzione inattesa, finanche dolorosa che costringerà Eleanor a confrontarsi con il passato, perdonarsi e aprirsi al cambiamento. Necessario per vivere.
Non più sopravvivere.
Complice un collega strampalato e un vecchietto soccorso per strada, Eleonor capirà che non si è mai soli come si crede, né inadatti, né supponenti, né aridi; imparerà a "respingere la voce che le sussurrava all'orecchio che era cattiva, sbagliata, non abbastanza brava".
Eleonor sfiorerà la disperazione più cupa per riemergere grazie ai piccoli gesti di tante persone sempre ignorate per imparare finalmente a volersi bene, giorno dopo giorno. 
"Ai nostri giorni la solitudine è il nuovo cancro, una cosa vergognosa e imbarazzante, così spaventosa che non si osa nominarla: gli altri non vogliono sentire pronunciare questa parola ad alta voce per timore di essere contagiati a loro volta, o che ciò possa indurre il destino a infliggere loro il medesimo orrore".
Gail Honeyman regala ai lettori un personaggio di strano e straordinario impatto emotivo come quello di Eleonor Oliphant. In apparenza persona anonima come il suo appartamento. Poche spese finalizzate a sopperire i bisogni naturali ricacciando nel cassetto quelli affettivi. E un giudizio sprezzante su tutto quello che si discosta dal suo agire, dal razionale, dall'intelligenza ed una educazione pressoché assente nella popolazione, a suo dire. Non è giudicata Eleanor ma giudica e tiene a distanza chiunque per paura di soffrire, di sbagliare, essere punita come le capitava da bambina. Eppure a dispetto delle apparenze la società è meno terribile di quel che sembra se riserva ad Eleonor la prova concreta che si può essere amati, che ci si può fidare di chi ci sorride.
Un romanzo dirompente, ostico e di una struggente disarmonia di sentimenti eppure tocca il cuore ed Eleanor ci si infila dentro per restare.

sabato 28 luglio 2018

"Magari domani resto" di Lorenzo Marone

"La mia vita è da sempre un percorso a ostacoli su una strada lastricata di sampietrini che alle prime piogge scoppiano come tanti popcorn..".
Così descrive la propria vita Luce. Giovane avvocatessa napoletana in bilico tra un passato di affetti negati - un padre che ha abbandonato la famiglia per poi morire in terra straniera e una madre tenace che pure ha lesinato gesti di affetto - un presente di rabbia per la relazione d'amore chiusa e un lavoro incerto e poco soddisfacente e un futuro che riserva mille dubbi.
Luce tra i vicoli dei quartieri spagnoli ha imparato sin da piccola a farsi rispettare, ha tenuto fuori dai guai il fratello e strappato un po' d'amore dalla nonna che ha colmato i vuoti affettivi di una famiglia disgregata come tante. Luce ha creduto nell'istruzione come strumento di emancipazione in un territorio dove è facile lasciarsi prevaricare o finire a fare le mogli a vent'anni eppure il disincanto dei mille sacrifici si infrange nell'immagine che guarda allo specchio - quasi un maschiaccio che mortifica la femminilità - e un pensiero fisso che la fa sentire ormai fuori posto nel suo stesso quartiere. Eppure tutto può cambiare all'improvviso. Basta guardare chi ci abita accanto, incrociare lo sguardo di un vicino e dimostrarsi aperti al cambiamento. Così una causa improbabile la spinge a mettere a nudo la sua anima femminile e materna; un bimbo, un anziano uomo saggio che la spinge a vivere con leggerezza e a credere in sé stessa, e un uomo conosciuto per strada daranno a Luce la voglia di scoprirsi una persona diversa, fiduciosa e un pizzico folle e il miracolo dell'amore scatenerà una serie di eventi concatenati che la porterà a fare pace con il passato, a perdonarsi e perdonare, ad accogliere una famiglia che credeva perduta, nuove amicizie, e la voglia di provare tutto, viaggi, un nuovo lavoro, oppure riconsiderare il proprio vissuto al punto da dire "magari domani resto".
Un personaggio travolgente quello di Luce Di Notte. Irruente, vera, simpatica. Una donna in cui ritrovarsi. Empatica senza nemmeno saperlo. Autentica nei sentimenti e sincera. Una storia che si legge con la bellezza nel cuore. Scritta per parlare a tutti di un sentimento capace di rivoluzionare il mondo: l'amore.
"È meglio aspettare sempre qualcosa, l'attesa è comme 'a speranza, come un sogno, ti tiene in piedi".

lunedì 23 luglio 2018

"Il club delle lettrici" di Renate Dorrestein

"Ci piace da morire, leggiamo, leggiamo, leggiamo sempre".
Un gruppo di lettrici appassionate di mezza età, il loro gruppo di lettura, l'idea avvincente di un viaggio in compagnia del loro autore preferito e una serie di imprevisti degni del miglior libro di avventure.
Le lettrici sono Leonie, Tillie, Johanna, Barbara, Willemien, Martha, Annabel. Lo scrittore il pluripremiato ed eccentrico Gideon de Wit, sulle orme del capolavoro di Melville, 'Moby Dick'. Ognuna delle intrepide lettrici ha una prerogativa: c'è chi veste sempre di beige confondendosi con la parete, c'è chi va in giro con una pistola giocattolo dorata, chi prepara tutto con attenzione maniacale, chi cucina divinamente anche col niente. Tutte vivono per leggere. Traggono diletto, sfida, insegnamento nella lettura. Tutte organizzano la propria vita per trovare il tempo da dedicare alla lettura e al loro club perché leggere è passione, amore. "Speriamo che ci rendano persone più complete". 
E incontrarsi, leggere, condividere è un modo per raccontare la mezza età, bisogni sopiti e nuovi, saggezza, esperienza e ancora tanta voglia di fare, di essere, esprimersi con ogni mezzo. 
E l'incredibile viaggio con l'autore Gedeon de Wit riserva ben più di una sorpresa. Bisognerebbe non conoscere mai i propri miti letterari. Bisognerebbe star lontani da autori ubriachi e saccenti e soprattutto dalle isole scozzesi nelle giornate più piovose di sempre. E...
fidare in un buon whisky e nell'animo indomito di un gruppo di donne.
Un piccolo manuale di sopravvivenza per lettori quello imbastito da Renate Dorrestein. Delizioso e divertente.

giovedì 19 luglio 2018

"Le stanze dell'addio" di Yari Selvetella

"Ci accorgiamo di essere felici, stanchi e felici certo, ma non è quasi mai il primo pensiero e passa il tempo, sera dopo sera, giorno dopo giorno, senza che ce ne rendiamo conto".
E poi improvvisamente l'oggetto amato se lo porta via una malattia canaglia e si resta invischiati in un dolore che reclama attenzione, che abita luoghi fisici e mentali che strabordano dal quotidiano di attenzioni e cure che chi resta, ricerca, pretende e allora si mortificano bisogni, si mettono a tacere sensi di colpa, si rifuggono i perché, le domande che dovevano o potevano essere poste ai medici, ma sarebbero davvero servite a qualcosa? E si avanza nel limbo dei ricordi, imprigionati in un luogo che sospende la pena dell'assenza - l'ospedale - salvo tornare al mondo, e perdersi ancora in ogni gesto che ricorda   la persona amata.
Le vite di due uomini si incrociano così in un ospedale. Il dolore li fa riconoscere tra tanti. Il dolore col tempo li salva dall'indifferenza del mondo e di se stessi.
Non serve raccontare più di tanto del romanzo di Yari Selvetella. Ogni parola aggiunta rischia di sciupare la bellezza fragile di un testo che declina l'amore e lo struggimento dell'elaborazione del lutto che è cosa intima, personalissima. Si può e si deve dire però che "Le stanze dell'addio" sono e possono essere abitate da ognuno di noi, perciò essere fatte proprie con la sensibilità che abita i nostri cuori.
Nelle parole di Selvetella c'è cura, pudore, infinita attenzione. È come una liturgia. È la mano protesa. È la prossimità di chi si lascia invadere dal bene. È la forza stessa della vita.

martedì 3 luglio 2018

"Il metodo Catalanotti" di Andrea Camilleri

Vero, simile e similvero.
Tutto è teatro. La vita stessa finanche.
Il cadavere che forse cadavere non è, il tentativo di gambizzare un giovane sull'uscio di casa, i silenzi dei parenti, la gente.. la gente che vede e nulla sa.
Così Mimì Augello in una delle sue sortite notturne in casa della bella di turno si imbatte nel cadavere di un uomo e non sa come denunciarne il ritrovamento salvo rivelare il tradimento alla moglie.
Montalbano invece è alle prese con un altro cadavere, tale Carmelo Catalanotti, personaggio assai controverso: in apparenza persona perbene, solitario, metodico. Si scoprirà poi essere usuraio e filantropo, appassionato di teatro al punto da aver elaborato un metodo per scandagliare l'animo dell'attore e predisporlo al meglio al ruolo da interpretare. Un metodo pericoloso, inquietante, al limite dell'abisso per chi lo subisce.
Montalbano indaga.
Al suo fianco una presenza femminile inattesa, il nuovo responsabile della scientifica Antonia Nicoletti. Una bellezza dotata di intelligenza stimolante per Montalbano che all'improvviso si interroga sui suoi sentimenti per Livia, dopo l'ultima sciarratina, mentre intorno irrompe il reale: il dramma della disoccupazione, gli slogan allarmistici dei politicanti, le occasioni mancate di una terra - la Sicilia - che evoca bellezza ad ogni suo angolo.
Un romanzo di forza e stupore quest'ultimo di Camilleri che attinge al suo primo e grande amore: il teatro, alla poesia, alla narrazione dei grandi del passato per disegnare un quadro di intensità per un giallo che rivela l'ambiguità e la fragilità dell'uomo al cospetto di una società che muta i suoi riferimenti culturali e perde di vista l'umanità.

lunedì 25 giugno 2018

"A casa di Jane Austen" di Lucy Worsley

Chi era davvero Jane Austen? Come trascorreva il suo tempo? Quali erano le sue occupazioni? Quali i luoghi abitati? Tutto il suo mondo, gli affetti familiari, le amicizie, le speranze disattese, le occasioni mancate in un libro che racconta il quotidiano dell'autrice più amata di sempre. La straordinaria interprete di una società in evoluzione dove le donne scrivono una pagina nuova della storia: quella di protagoniste, di eroine moderne, di consapevoli interpreti di bisogni nuovi: felicità, libertà, indipendenza. 
Jane Austen, a dispetto del bisogno economico, riuscirà ad emanciparsi con la scrittura, lasciando una eredità immortale alle future generazioni di lettori in tutto il mondo.
Alla Worsley il merito di aver scritto un saggio che affonda con attenta evidenza storica nel mondo della Austen. Di più il riuscito tentativo di raccontare una protagonista della letteratura rievocando le stesse atmosfere dei suoi libri.
Una lettura interessante non solo per gli appassionati estimatori della Austen.

sabato 2 giugno 2018

"La verità sul caso Harry Quebert" di Joel Dicker

"Non si può davvero sapere di cosa siano capaci le persone. E questo vale soprattutto per quelle che crediamo di conoscere bene". 
Il 30 agosto 1975 una ragazzina di quindici anni muore assassinata.
È Nola Kellergan.
Solo a distanza di trent'anni il colpevole avrà un nome.
E sarà devastante non solo per la piccola comunità di Aurora, cittadina in riva all'oceano nel New Hampshire, ma per l'intero paese, perché il colpevole ha il volto di Harry Quebert, l'autore del capolavoro letterario del '900 americano, "Le origini del male".
Assurdo da credere. Inaccettabile. Tanto più che il libro, la storia di un amore impossibile, sembra ispirata dalla storia d'amore del trentenne Harry per la quindicenne Nola.
Se l'America intera ha già condannato Harry Quebert, Marcus Goldman no.
Giovane scrittore emergente, acclamato per le vendite e in piena crisi, Marcus è pronto a tutto per dimostrare l'innocenza di Harry Quebert, perché Harry è il suo mentore e gli ha insegnato a scrivere, in lui vede un padre e un padre non uccide.
Con l'insperato aiuto di un poliziotto Marcus abiterà la grande villa di Harry, e tutti i luoghi di Aurora, ascolterà i testimoni del tempo e rischierà in prima persona per arrivare alla verità e lo farà scrivendo perché scrivere è una delle due cose che danno un senso alla vita, l'altra è l'amore.
'La verità sul caso Harry Quebert', caso editoriale di qualche anno fa, è uno di quei romanzi che vorresti leggere tutto d'un fiato perché il lettore è intrappolato in un continuo rimando di attese, colpi di scena che spingono a dubitare fino all'ultima pagina di aver davvero capito cosa è accaduto e chi è davvero chi, in questo caso l'assasino.
La scrittura di Joel Dicker è energica, accattivante, prolifica e tutta al servizio dei suoi personaggi.
Al centro della scena c'è lei Nola, una ragazzina di quindici anni amata da un'intera comunità eppure è la stessa ragazzina che il lettore fatica ad accettare perché è causa di tanti orrori e gesti assurdi salvo averne poi una pietà infinita. Tutti gli abitanti di Aurora coinvolti nella morte di Nola sono persone in apparenza tranquille ma ossessionate da colpe, silenzi e fragilità.
Lo stesso Marcus impara grazie a Harry che "la vita è una lunga caduta" e che la cosa più importante è "saper cadere". E alla fine Harry verrà sì scagionato ma rivelerà una colpa ben peggiore a suo dire agli occhi del suo allievo/amico.

Il romanzo di Dicker è un giallo entusiasmante, un piccolo romanzo di formazione -da appuntare i 31 consigli per  imparare a scrivere (e a vivere)- un romanzo sull'amore nella sua assolutezza, una metalettura.
Non un capolavoro ma davvero un buon libro.

sabato 12 maggio 2018

"La scomparsa di Josef Mengele" di Olivier Guez

"Eccolo prigioniero della maledizione di Caino, il primo omicida dell'umanità: errante e fuggiasco sulla terra, chi lo incontra lo ucciderà".
Il suo nome è sinonimo di morte. È odiato. Per quanto si possa tentare non verrà mai dimenticato. Mai, fino a che il ricordo dell'olocausto verrà alimentato.
È Josef Mengele.
Un medico. Non ha curato, non ha salvato vite. Ad Auschwitz come genetista ha sacrificato uomini, donne, bambini ebrei per purificare la razza. "Per la sua generazione gli inferiori, gli improduttivi e i parassiti erano indegni di vivere". 
Sui corpi ha sperimentato qualsiasi orrore. Senza scrupoli.
Ma Hitler è stato sconfitto e la grande Germania non esiste più. La fine della guerra ha spinto Mengele a fuggire. Altrove. In un altrove dove nascondere la propria identità e aspettare per sperare di tornare, un giorno, a casa.
L'altrove è l'Argentina. È il 1947. Ed è solo l'inizio di una fuga che per l'america latina lo vedrà errare per più  trent'anni, fino alla morte.
Degli uomini che protessero la sua fuga, dei capitali dall'estero che ne garantirono il tenore di vita, dei suoi tanti lavori, dei politici che incontrò, delle donne che amò, delle sue inquietanti idee, del figlio che aborriva il suo agire Olivier Guez racconta con attenzione. Perché più dell'orrore degli atti in sé commessi da Mengele ad Auschwitz, il lettore percepisce il male dalla sua quotidianità. Il suo incessante vagare. La sensazione di non essere mai al sicuro. L'assurdità di dover fuggire dal proprio paese per colpe che non sente sue, riducendo l'olocausto ad un atto necessario e il suo agire a quello comune di un intero popolo. 
La realtà storica incastra Mengele in un tempo di attese, sospetti, fughe che pure lui ha avuto il tempo di vivere a dispetto delle sue vittime, per troppo tempo, silenti.
Mengele nelle parole di Guez è il male. E raccontarlo una necessità perché "ogni due o tre generazioni, quando la memoria si affievolisce e gli ultimi testimoni dei massacri precedenti scompaiono, la ragione si eclissa e alcuni uomini tornano a propagare il male".

mercoledì 2 maggio 2018

"Dove nasce il vento. Vita di Nellie Bly" di Nicola Attadio

"Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò".
Elizabeth Cochran è poco più di una bimba quando il mondo fatato in cui vive si sgretola. Ricchezze e possibilità scompaiono con la morte dell'adorato padre. Da quel momento in poi dovrà vincere le avversità e rendersi indipendente per sfuggire al bisogno e al giogo della benevolenza di un uomo - che sia padre, marito, fratello.
Siamo nell'America della seconda metà dell'Ottocento, Elizabeth si firma 'Lonely Orphan Girl' per rispondere ad un giornalista che pontifica che le donne dovrebbero starsene a casa. La società sta cambiando. La donna può e deve lavorare. E non deve pregiudicarsi alcuna possibilità. Neppure scrivere per un giornale. Ma Elizabeth non si limita a scrivere. Spariglia le carte e sfida il sistema. Sotto copertura si finge malata di mente per raccontare le condizioni del manicomio di Blackwell Island. E denunciare. È lì che smette gli abiti dell'orfana in cerca della propria strada per vestire quelli della reporter Nellie Bly. È l'inizio di una vita straordinaria. Di una carriera folgorante. A dispetto di tutto e tutti. Gli uomini le chiedono di farsi da parte ma lei non ci sta. Perché per "lei la stampa serve solo se rompe il muro dell'indifferenza, se ci fa conoscere ciò che non vogliamo guardare". Viaggia da sola Nellie, il Messico prima, il giro del mondo in ottanta giorni poi come nel romanzo di Verne. Racconta delle difficoltà della gente comune, storie minime di persone in cerca di riscatto, denuncia l'illegalità, scandali finanziari, gli oscuri giochi dei politici. Le disfatte del sindacato, le precarie condizioni di vita degli operai e la forza violenta degli industriali. Si fa mille nemici ma macina lettori. Racconta campagne elettorali e il movimento delle suffragette. Ma sembra non bastare mai, non bastarle mai. Firme eccellenti, editori, finanziatori, non imbrigliano l'irriverenza di Nellie Bly. Racconta l'America che cambia perché la incarna "audace, intraprendente, spavalda.. e sola".
Conoscerà l'amore e sarà tra le prime donne manager. Rivoluzionerà la produzione industriale e avrà a cuore ogni necessità del lavoratore. Perderà tutto per la fiducia mal riposta. Cadrà e si rialzerà mille volte. Racconterà la prima guerra mondiale dal fronte, e fino alla fine spenderà ogni sua forza per aiutare gli altri, soprattutto i bambini, per non spegnere mai i loro sogni.
"Le interessano quelle storie che sanno arrivare al cuore del lettore". Proprio come lei. Solo lei, Nellie Bly.

Una biografia che nella scrittura di Attadio regala al lettore  tutto il fascino di una donna visionaria, risoluta, destinata a fare la storia. "Vedere gli altri senza maschere" ecco l'abilità di Nellie Bly. 

sabato 28 aprile 2018

"Una donna" di Annie Ernaux

"Questa non è una biografia, né un romanzo, naturalmente, forse qualcosa tra la letteratura, la sociologia e la storia. Era necessario che mia madre, nata tra i dominati di un ambiente dal quale è voluta uscire, diventasse storia perché io mi sentissi meno sola e fasulla nel mondo dominante delle parole e delle idee in cui, secondo i suoi desideri, sono entrata".
A poche ore dalla morte della madre una donna affida alle parole scritte il suo ricordo. È il suo modo per elaborare il lutto. Per ritrovare la madre perduta, ghermita negli ultimi anni dalla malattia che cancella i ricordi. È un racconto di disarmante lucidità. Dalla provincia rurale francese dove il lavoro è sopravvivenza ma anche strumento di emancipazione alle rigide regole familiari. Prima operaia poi proprietaria di un piccolo bar drogheria dove servir pasti e chiacchiere. Duro lavoro dall'alba a tarda sera in casa, al bar, nell'orto. Sacrifici per non far mancar nulla a lei, la figlia che poteva studiare e che doveva aver tutto quello che a lei era mancato: sogni e possibilità. E che nel far questo aveva omesso qualche carezza e attenzione. Tanto ciarliera con gli avventori quanto avara di affetto con lei. Eppure era energica. Perentoria. Un donnone di trascinante vitalità. Curiosa sempre. Decisa a recuperare come poteva l'assenza di istruzione che le era toccata in sorte. Generosa verso tutti mai con se stessa.
Non risparmia nulla al ricordo di sua madre. Nemmeno l'amore incondizionato che aveva quasi negato per una vita e che invece era tutto lì in quel corpo stretto nella malattia, negli occhi che nascondono la vita vera, nel sorriso dolce, parole biascicate senza senso logico. Impossibile lasciarla andare senza pensare a tutto quello che aveva fatto, le persone che a suo modo aveva amato, la sua comunità, la famiglia.
Scrivere è tenerla con sé e al tempo stesso lasciarla andare.
Annie Ernaux scrive della sua famiglia, di tutto quello che conosce e lo fa con una intensità emotiva che arriva al lettore a dispetto di una scrittura semplice, anzi proprio grazie a quello.
Impossibile non amare la Ernaux, impossibile non ritrovarsi nel suo mondo. Impossibile non vivere le sue emozioni.

martedì 24 aprile 2018

"Il consolatore" di Jostein Gaarder

"Cominciai a frequentare i funerali quando arrivai a Oslo all'inizio degli anni Settanta".
Jakob è un sessantenne solitario. È un linguista. Ha un amico speciale, Pelle, un burattino. Un matrimonio alle spalle. 
I funerali sono il suo modo di sentirsi parte di una famiglia, lui che di affetti familiari ha conosciuto poco o nulla.
La vita degli altri, per qualche ora, ad un funerale, diventa la sua.
Lui veste i panni del consolatore. La persona che serba il ricordo più bello del defunto, le parole più adatte. Quello in grado di conquistare l'attenzione, riservare il sorriso più sincero, quello che stringe la mano ai parenti, conforta il loro smarrimento. Ma in tanti anni capita di imbattersi nella stessa gente o di lasciarsi vedere per quello che è, un bugiardo. Un sognatore mancato. Amante della famiglia. Uno che scava nell'etimo delle parole più che in se stesso. Uno che il meglio di sé lo dà quando presta voce e sentimenti al suo amico di infanzia, il burattino Pelle, che alfine conquista l'attenzione di una donna speciale, Agnes, in grado di guardare oltre il burattino per leggere nel cuore dell'uomo e trovarvi tutta la dolente bellezza dell'umanità.
"Decidemmo di fare una passeggiata mentre parlavamo perché, come disse uno dei fue, spesso è più facile fare una conversazione assennata mentre si cammina insieme rispetto a quando si sta faccia a faccia".
La scrittura potente di Jostein Gaarder al servizio di una storia di rara forza emotiva che scava sul profondo bisogno dell'uomo di non sapersi solo.

sabato 14 aprile 2018

"Una vita da libraio" di Shaun Bythell

"Guardando i libri di una persona capisci chi era, che interessi aveva, a volte indovini persino qualche tratto della sua personalità. Io sono letteralmente calamitato dalle librerie, ovunque si trovino, anche a casa dei miei amici, e ho un occhio particolare per le incongruenze che potrebbero rivelare aspetti sconosciuti del carattere".
Lo dichiara Shaun Bythell, intrepido libraio nel piccolo villaggio scozzese di Wigtown. La sua The Book Shop è una libreria dell'usato in cui si affacciano tipi strani, amanti del libro, turisti dove perdersi tra scaffali in cerca dell'oggetto amato è inevitabile. Tra richieste particolari, decini di ordini on line da evadere, un festival della letteratura, serate a tema e librerie di privati da visitare la gita du Shaun rischia di essere avventurosa ben più di quel che si attende da un libraio con in più il fascino di tanti incontri, alcuni strampalati, che giustificano i tanti sacrifici di ogni giorno di chi dei libri ha fatto la ragione di vita.
Il diario di Shaun è per quelli che amano perdersi nei luoghi abitati dai libri.
Ricco di citazioni, rimandi ma anche riflessioni sulla difficile esperienza di lavoro del libraio in tempi di Amazon, Kindle e print on demand.
Da sfogliare per ritrovarsi come lettore/tipo nei tanti personaggi che affollano la libreria di Shaun.

sabato 31 marzo 2018

"Tutto è possibile" di Elizabeth Strout

"Ciò che trovava assurdo della vita era quando dimentichiamo eppure ci portiamo sempre appresso come arti fantasma".
È un fardello enorme per Lucy Barton tornare ad Amgash, il piccolo paese nella provincia americana dove è cresciuta. Il suo posto è altrove, ovunque si possano abitare mondi di parole, il più lontano possibile dai ricordi di un'infanzia di solitudine ed estrema povertà. Se un tempo era additata perché era la povera piccola Barton che rovistava nei bidoni dell'immondizia per recuperare cibo ora la gente riconosce in lei la scrittrice famosa. Ma nei suoi racconti tanti abitanti di Amgash si riconoscono. Ed è un'umanità dolente, in attesa come Lucy, ognuno a suo modo di ricucire i fili di storie interrotte, chi col proprio marito, con la madre, con se stessa, con un passato che ha generato troppi fraintendimenti.
Ma vi è il tempo di perdonare, perdonarsi, riconquistare la felicità, che sia quella di un reduce o di una settantenne in fuga in Italia con un nuovo amore, di chiunque anche negli ultimi istanti di vita comprende che "tutto è possibile".
La maestria della Strout è di creare piccoli mondi imperfetti nei cui personaggi ritrovarsi anche solo per una caratteristica, una predisposizione d'animo. Sono uomini e donne con difetti, bisogni, ostinate volontà. Una scrittura minima che giganteggia nel realismo della descrizione.

domenica 18 marzo 2018

"Le assaggiatrici" di Rosella Pastorino

"Si può smettere di esistere anche da vivi".
Per Rosa è così.
Ogni giorno da mesi assieme ad altre donne Rosa assaggia il cibo che mangerà Hitler. Nel bunker nascosto nelle campagne di Gross-Partsch le SS controllano che nessuno attenti alla vita del Furher. E il rischio che venga avvelenato è alto. Che siano altri a sacrificarsi per lui. Rosa o Leni o Elfriede. Una dozzina di donne strappate alle loro famiglie, ai loro affetti. Ogni giorno piatti diversi da assaggiare. Cibo con cui nutrirsi, sopravvivere, e al tempo stesso forse.. morire.
Ma non è quello che capita in quei lunghi mesi in cui la guerra sembra rivelarsi fatale alla Germania?
A che serve vivere quando il proprio compagno viene dato per disperso; quando per tutti si è la straniera, quella di cui non potersi fidare, quando dietro ogni parola qualcuno scorge i segni dell'opportunismo, ovunque il giudizio implacabile dell'errore, dell'orrore: l'amicizia con la baronessa Maria, la relazione clandestina con il tenente Ziegler? 
Chi può dire cosa sia giusto o meno? Etico o no? Perché dover per forza definire un sentimento? Costringerlo nel recinto della necessità e non attribuirlo al bisogno di sentirsi semplicemente esseri umani?
Rosa sopravviverà alla fine della guerra, ricorderà il suo canto libero ad un ballo in una sera di primavera, la passione per il suo carceriere, il senso di colpa verso il marito tradito, l'inadeguatezza verso le sue compagne. Resterà in vita per ricordare il coraggio di Elfriede e di quanti hanno avuto la forza di non dimenticare le proprie colpe.. fino al punto di lacerare il silenzio raccontando il proprio vissuto di orrori.
"Perché, da tempo, mi trovavo in posti in cui non volevo stare, e accondiscevo, e non mi ribellavo, e continuavo a sopravvivere ogni volta che qualcuno mi veniva portato via? La capacità di adattamento è la maggiore risorsa degli esseri umani, ma più mi adattavo e meno mi sentivo umana".
La scrittura della Pastorino è straniante, più per il tema trattato che per la narrazione che indaga sul senso di colpa dei tedeschi sopravvissuti al secondo conflitto mondiale: "sei responsabile del regime che tolleri" ricorda il padre della protagonista, Rosa, con cui il lettore familiarizza al punto da avvertire a pelle il senso di inadeguatezza del suo agire. Ma così è. Non si può essere tutti eroi. Rosa è semplicemente una donna che ha visto crollare tutto il suo mondo e ha a suo modo deciso di vivere.
Un romanzo intenso. Da leggere per non smettere di interrogarsi sul male che ha abitato il nostro agire.

sabato 17 febbraio 2018

"Svegliare i leoni" di Ayelet Gundar-Goshen

"Cosa lo definisce di più: una vita intera a guidare con scrupolo, a studiare medicina, a portare la spesa delle vecchiette uscite dal supermercato, o quell'unico momento? Quarantun anni di vita contro un minuto?".
Il minuto che gli ha cambiato la vita Eitan Green non lo dimenticherà mai. Il turno di guardia in ospedale, la corsa fuori città sulle dune per provare il nuovo suv e scaricare la tensione prima di rientrare a casa dalla moglie Liat e i bimbi... poi l'uomo spuntato all'improvviso dal buio. Investito. Sapeva che non sarebbe servito portarlo in ospedale. Non poteva far nulla per quello straniero, quasi certamente un clandestino. Pochi istanti per decidere se denunciare l'accaduto o fuggire, tornare a casa illudendosi che non fosse mai capitato.
Sembrava esserci riuscito. Aveva dormito stringendosi al corpo della sua amata come ogni notte. E invece sul vialetto di casa il giorno dopo era comparsa una donna, la pelle dello stesso colore della pece e uno sguardo che l'avrebbe tormentato per l'eternità.
Sirkit. La moglie dell'uomo ucciso. La testimone che gli aveva riportato il portafoglio chiedendogli conto dell'accaduto. Non a parole. Sirkit parlava con gli occhi. E quegli occhi avevano preteso che Eitan ripagasse il debito di quella morte restituendo la vita ad altri: i clandestini malati che vivevano nell'ombra.
Notte dopo notte, rubando farmaci in ospedale, operando su un tavolaccio di ferro in un capannone nel deserto, incapace di reggere lo sguardo della moglie che segue per la polizia le indagini sull'incidente, Eitan fagocita la sua coscienza che lo tormenta e si strugge per capire chi davvero sia Sirkit, "solo lei è padrone di quanto cela nel profondo dei suoi occhi".
Eitan ignora che Sirkit odiava il marito che la picchiava, che quella notte erano lì per consegnare della droga e che aveva preso a farsi pagare per le sue cure mediche. Ma di più ignorava la disperazione della donna, l'angoscia del suo cuore, l'ostinata forza che l'aveva spinta a rinnegare tutte le emozioni. Era straniera, sola, donna in un mondo che non perdona nascite infelici. Può solo sopravvivere, Sirkit, farsi impenetrabile e ricacciare in fondo al cuore i suoi sogni. Eitan tra questi.
Perché per qualche giorno le loro vite si sono incrociate, pur respingenti e sprezzanti, lo sguardo di lei si era "impossessato di lui... e anche lui aveva iniziato a guardare lei". 
Il ricatto e l'odioso meccanismo di sospetti e perdite che rischiava di schiacciare Eitan era finito come era cominciato, per caso. E un altro minuto l'aveva liberato restituendogli la vita di prima "dimenticarsi che sia mai esistito un altro senso.. che un altro senso è possibile".
Un romanzo di rara forza emotiva, che spinge a interrogarsi sul confine tra bene e male che alberga nell'animo umano. E sugli eventi che pissono irrompere nelle vite perfette di tanti rivelandone fragilità, attese, inquietudini. Scrittura capace, ritmo incalzante, e pathos incatenano il lettore alla pagina.

venerdì 16 febbraio 2018

"Castigo di Dio" di Marcello Introna

Se si potesse far uso di un'immagine per rendere l'immediatezza del dolore, dello smarrimento che coglie il lettore de 'Il castigo di Dio' di Marcello Introna, sarebbe 'Il disperato' di Gustave Courbet.
Solo un folle, un disperato appunto, potrebbe affacciarsi alla Socia, un enorme caseggiato nei pressi della stazione di Bari, sul delimitare della campagna. Nato sotto i migliori auspici, nell'estate del '43 è poco più che un alveare maleodorante, sprovvisto di acqua, fogna, elettricità che ospita derelitti, questuanti e cela i malaffari di loschi figuri. Su tutti, Amaro. Un individuo profondamente cattivo, sin dalla giovinezza reo dei più atroci delitti, e che della Socia è il re indiscusso. Sue le bische clandestine, suo il fiorente mercato della borsa nera, suo il controllo delle prostitute che abitano i piccoli locali dove persino le finestre sono murate, luoghi sinistri che trasudano morte e malattie. Di ognuno degli abitanti della Socia, Amaro decreta vita o morte. Che siano bimbi, donne o anziani. Chi non può pagare, chi non può essere fonte di guadagno rappresenta un intralcio.
La Socia rispecchia la condizione della città di Bari come tante negli anni del secondo conflitto mondiale. Una città annientata, impoverita e abbruttita dalla guerra, dalla disperazione della miseria, del bisogno che incattivisce e mina gli animi dei sopravvissuti.
Nessuno osa sfidare apertamente Amaro, solo Anna, per tutti la prostituta letterata, gli tiene testa con il suo sguardo. Può svilire il suo corpo, intaccare la sua dignità ma non sopraffarre la sua anima, libera, sempre, comunque. Ma la penna del 'Bracco', le indagini della polizia per il rapimento della figlia di un ricco commerciante che portano ad Amaro, e l'incedere inarrestabile della storia chiedono che si prendano provvedimenti, la Socia è uno sfregio alla città che chiede di tornare a vivere, sperare, amare. E mentre l'attacco al porto della città miete vittime e i potenti locali si liberano degli orrori di cui si sono macchiati per ricominciare, l'inferno della Socia riversa nelle strade l'ombra lunga dell'orrore che ha sepolto.
Una narrazione che atterrisce quella di Introna su una pagina della storia nazionale troppo in fretta dimenticata, al pari della città di Bari che ha fagocitato nella voracità del dopoguerra e del boom edilizio la fatiscente Socia, e i suoi abitanti. Struggente e potente la descrizione dei personaggi, su tutti Anna e i piccoli Francesco e Lorenzo. Documentata e ben inserita nella trama del romanzo la rievocazione di alcuni eventi socio politici rilevanti, disarmante la bellezza e l'umanità che traspare dagli angoli della città e dalla gente che la abita.
Un romanzo potente, lirico, di forte impatto emotivo. Una scrittura che graffia il cuore. Da leggere.

lunedì 5 febbraio 2018

"Con molta cura" di Severino Cesari

Ci sono libri che si ritagliano un posto nel cuore perchè parlano dritto al 'cuore' del lettore.
'Con molta cura' di Severino Cesari è un libro toccante.
Un uomo straordinario, Cesari. Così le sue parole. Usate per raccontare la sua malattia. Prima in un diario virtuale su Facebook, poi riprese nel libro, edito ad un mese dalla sua scomparsa.
Perchè il male che l'ha colpito, minato un corpo già provato da altre malattie, fa parte di lui, lo racconta, condividendo ansie, dolori, speranze, timori con i lettori che gli fanno arrivare un sostegno, un amore indicibile che commuove. Eppure non c'è solo la malattia, c'è l'infinito amore per la lettura, la passione con cui regalare impressioni su romanzi, autori, inziative culturali, le amicizie che ti sollevano il cuore, i ricordi d'infanzia, il paese natio a cui tornare, i tanti volti conosciuti e non che attraversano le sue giornate condizionate in ogni passo dalla malattia, il gatto, la luna, l'équipe di medici ed infermieri, gli alberi, la bellezza di Roma ad ogni ora del giorno, la famiglia solido appiglio.
Ma le parole, quelle, inteneriscono. E ancora..
Fortificano. Sostengono. Filtrano umori, silenzi, passioni. Regalano emozioni.
Direttore della Collana Stile Libero, intellettuale, militante della parola, Cesari invita a guardare la bellezza di cui siamo parte, ad "abituarci a sentire quanto è prezioso e unico il momento in cui ti accade di vivere". E ancora "ognuno di noi dovrebbe imparare ad accettare i momenti di felicità, arrendersi ad essi".
Non serve recriminare, ostinarsi a cogliere un significato in quello che accade, non tutto si può spiegare, solo accettare, vivere, amare: "Siamo creature nella tempesta, sempre. Unico riparo è aprirsi all'amore, e allo stupore per ogni minima bellezza, perché amore e stupore dilatano il nostro tempo nell'infinito".
Si fatica a lasciarlo andare Severino. Così intima diventa la sua scrittura da sentirla parte di noi. Indissolubile.
Un dono, un messaggio speciale, un ricordo caro da custodire, un esempio di puro amore.

domenica 14 gennaio 2018

"Sissi. La solitudine di un'imperatrice" di Allison Pataki

"All'inizio volevo quasi rinunciare, pensavo di non tollerarlo. Poi, contro ogni previsione sono riuscito a sopportarlo. Ma non chiedetemi come".
Una citazione di Heinrich Heine. Elisabetta, imperatrice d'Austria-Ungheria, per tutti Sissi, leggeva quelle parole ogni giorno. Sono sul suo scrittoio. Le ripete come un mantra. Per farsi forza. Resistere al suo ruolo. Sopportare le regole imposte dal severissimo protocollo di corte asburgico. Mostrarsi sempre al meglio, bellissima, semplicemente perfetta. Imperturbabile agli sguardi di tutti, quelli curiosi della gente comune, quelli perfidi ed indagatori degli uomini di corte.
Quando è che è diventato tutto così difficile? Quando, innocente adolescente, ha smesso di amare il suo sposo che ha messo i doveri di stato prima di loro, di quella famiglia che stavano creando? Quante illusioni perdute! La suocera Sophia che le strappa i figli perché poco più che bambina lei stessa per crescerli e la definitiva perdita dell'innocenza con il mondo intorno a lei per cui non è mai abbastanza. Infine aveva capito Sissi. Aveva imparato ad imporsi. A ritagliarsi dei lunghi periodi di assenza da Vienna. Aveva ottenuto la sua libertà. Con sé la sua ultima bimba, Valerie, e tanta passione bruciante da spendere per i suoi viaggi, i suoi cavalli e i suoi amori, Andrassy, il capitano Middleton. 
Non era perfetta Sissi, era semplicemente una donna piena di contraddizioni. Melanconica e drammatica per certi versi, eclettica e moderna per altri. Incapace di perdonarsi per non aver amato abbastanza i suoi figli più grandi, di non aver salvato Rudy dall'assurdo addestramento militare imposto da marito e suocera che lo segnò nel carattere per sempre. Pianse la suocera sul letto di morte vegliandola per lunghi giorni, sopportò gli intrighi di corte e i veleni della stampa che la descrivevano come un mostro egoista, fu segnata dalle disgrazie della sua famiglia e dalle tragedie più assurde: la morte del figlio, dell'amato cugino Ludwig. E andò avanti, comunque. Non fece mancare, quando davvero servì, l'appoggio al marito nelle faccende di stato. Così pure per lui rispetto e affetto, ma col tempo sentì che riprendeva ad amarlo come i primi tempi, con tutto lo stupore di una ragazzina che si apprestava a vivere il suo sogno di felicità. Lei che temeva la vecchiaia, lasciò che la bellezza le venisse strappata per caso, mentre saliva su un battello, in uno dei suoi tanti viaggi. Un anarchico, uno stiletto. E la vita che se ne va. Per sempre, forse per la prima volta drammaticamente libera.
Protagonista di un tempo di cruciali cambiamenti -seconda metà del XIX secolo- Elisabetta regala di sé un'immagine complessa, che Allison Pataki descrive al meglio attingendo a pie' mani alla documentazione storica. Il ritratto che ne fa è veritiero e affascinante. Non risparmia nulla all'autenticità del personaggio storico. Luci ed ombre. Debolezze e virtù di una donna unica: magnetica, e così umana.     

domenica 7 gennaio 2018

'Il fantasma dell'abate' di Louisa May Alcott

Poche ore alla mezzanotte. In una villa di campagna un gruppo di giovani uomini e donne attende il nuovo anno. Raccontano storie di fantasmi, la villa è stata costruita su un'abbazia e legenda vuole che il fantasma dell'abate appaia per maledire gli eredi maschi dei Treherne, proprietari della dimora. Capita così anche in quella lunga notte ma Jasper Treherne non teme la profezia. È già sfuggito alla morte un anno prima quando il cugino Maurice l'ha salvato dall'annegamento. Maurice da allora è costretto sulla sedia a rotelle e ha perso la protezione dello zio, padre di Jasper, che l'ha diseredato. Se ne ignorano i motivi ma Jasper ha accolto nella sua casa il cugino e la sorella, la bella Octavia, se ne prende cura con devozione. Sebbene Maurice abbia forzato il suo animo per sopportare le due disgrazie sa di non poter aspirare all'amore di Octavia ed è pronto a sacrificarsi ancora per il bene di tutti, eppure nei giorni di festa complice l'arrivo inatteso di una seducente ospite intrigante del passato comune dei due cugini, dolore, sgomento e un barlume di speranza torneranno ad accendere il suo cuore e reggeranno alla vista del fantasma che reclama vendetta

Pubblicato sotto pseudonimo, 'Il fantasma dell'abate' mescola più generi: neogotico, romantico e rivela un lato più complesso della produzione narrativa della Alcott conosciuta per lo più per 'Piccole donne'.
La trama scivola via, la scrittura è vivace, descrittiva e incastra parole come sguardi allo specchio. Il racconto, breve, si legge tutto d'un fiato, con gioia e diletto.

'Tipi non comuni' di Tom Hanks

Che sorpresa Tom Hanks nelle vesti di scrittore! 'Tipi non comuni' è un piccolo gioiello di narrativa. Racconti di una ventina di pagine che aprono una finestra sulla società americana di ieri e di oggi. Un "c'era una volta.. e c'è ancora" che descrive personaggi così umani da sentirli vicini. Immigrati, donne divorziate, aspiranti attrici, sognatori, innamorati, giocatori di bowling, maniache del controllo, milionari in fuga nel passato. Tutti dominano il loro tempo. Tutti lasciano arrivare al lettore un nugolo di emozioni. Tutti sono portatori di un vissuto, di una storia che riempie il cuore. Domina la speranza, la positività, il coraggio. E di sottofondo il ticchettio di una macchina da scrivere. Strumento di comunicazione in apparenza anacronistico eppure gioioso, sotto i cui tasti soccombono l'amarezza del disagio e le difficoltà quotidiane.
Una scrittura coinvolgente, a tratti divertente, godibile compagnia.