domenica 24 febbraio 2013

"L'ultima fuggitiva" di Tracy Chevalier

"Sto imparando che c'e' differenza tra fuggire e correre verso il futuro".
Una fuga, null'altro ha portato Honor Bright in America. La fuga dalla vergogna di esser stata abbandonata dal promesso sposo, di essere commiserata dalla comunita degli Amici, la speranza di ricominciare altrove, al fianco della sorella attesa come sposa in quel di Feithwell nell'Ohio.
Ma non si può fuggire al destino.
Sfiancata dal viaggio, provata dall'inattesa dolorosissima perdita della sorella, Honor si ritroverà sola in un paese così diverso dal suo, stordita dagli ampi spazi e dal fare spiccio e diretto dei suoi confratelli quaccheri. E di più, dovrà confrontarsi con la sua coscienza perché l'America è ancora la terra della schiavitù:
"Nella sua inerme semplicità, quel gesto le fece accapponare la pelle. Aiutami, questo voleva dire, sono una fuggiasca. Le avevano insegnato sin da bambina che la schiavitù era una brutta cosa e andava combattuta. Ora Honor era chiamata a fare qualcosa anche se non sapeva cosa" se non seguire la sua fede e così disobbedire alla famiglia del marito, Jack, tra le cui braccia si era abbandonata vinta da una passione che non aveva mai provato prima esponendoli al rischio della denuncia, della prigione e del sequestro dei beni; sfidare lo sfrontato Donovan, cacciatore di teste al soldo dei latifondisti schiavisti, del cui fascino era stata al tempo stesso irritata e irretita; affrancarsi dalla materna protezione di Belle, riferimento essenziale della rete segreta di sostegno alla fuga degli schiavi verso il Canada.
Instancabile, indomita, silenziosa, coraggiosa Honor metterà insieme i pezzi della sua vita passata, di quella presente e futura come nelle trapunte patchwork che è solita cucire con una maestria non comune ma nulla in Honor è comune. E a chi desidera la libertà, a chi chiede di essere accettato perché come lei figlio di Dio, a chi protende la mano in cerca di aiuto Honor risponderà offrendo se stessa, libera dal dubbio a cui un tempo faticava a trovar risposta: "cos'e' peggio, non avere principi o averne e non poterli rispettare?".
A distanza di un anno dal suo viaggio sull'Adventurer direzione America, Honor ha finalmente trovato il suo posto nel mondo, ha smesso di fuggire, corre verso il futuro al fianco del marito e della figlioletta Comfort, certa nell'uguaglianza degli uomini, fiera di una parola comune a tutti: libertà.
"Quello che desideriamo è la libertà, vivere una vita come la tua".

A cavallo tra due mondi e due tempi, Inghilterra e America, adolescenza ed età adulta, la storia di Honor si fa pretesto per raccontare il dramma umano e sociale della battaglia per l'abolizione della schiavitù in America, prodoma della guerra civile che segnerà indelebilmente la nazione fronteggiando fratelli a fratelli. Interessante la descrizione dell'epoca e di un quotidiano di fatica fisica per un paese in divenire. La Chevalier ha abituato i lettori ad affreschi narrativi di qualità, qui affonda nella storia per raccontare l'inquietante abiezione dell'uomo capace di "fare schiavi" suoi simili per il solo colore della pelle, eppure a dispetto delle buone intenzioni qualcosa sfugge, quasi che il tocco dell'autrice avesse perso un pò di smalto. L'impressione è di un compito ben svolto, poco più.

sabato 23 febbraio 2013

"Bisbigli nella notte" di Giovannangelo Salvemini


"La poesia non è di chi la scrive ma di chi la fa propria".
Abbandonarsi alle parole è immediatezza, emozione. Affannarsi nell'interpretazione della poesia maschera l'esperienza, inquina il vissuto, che viene dall'abbandono alla lettura pertanto saltate a pie' mani la prefarazione del Nicassio, non me ne voglia, a tratti manierata e pretestuosa, e perdetevi tra le pagine del piccolo libro del Salvemini cercando la poesia che sembra parlare a voi, e voi soltanto, spingendovi a pensare, sognare ad occhi aperti, incuriosirvi.
Così in Pece nera o Lupo di mare, L'assurda immaginazione o La poesia è follia, Fate il tutto, vostro viatico del viaggio della parola stessa che scioglie la rima per smarrire la via.
Un tratto acerbo quello del Salvemini che pure squarcia il sipario di un quotidiano anestetizzano per liberare i sogni rivelando un potenziale di struggente emotività creativa.
E' lui che ritrovi negli ultimi versi di Justyna maria janiczak:
"Un'artista,
un sorriso,
uno sguardo.
Tutto questo
per una volta sola
nella vita"

A chi audacemente lascia per la prima volta i suoi versi al mondo l'augurio di sentirsi sempre e comunque un artista. E guardare alle cose e all'esperienze della vita con il sorriso e l'emozione, l'entusiasmo e la sconsideratezza della prima volta. Perché..
"questo,
è il bello della vita".

giovedì 21 febbraio 2013

"La cura dell'attesa" di Maria Pia Romano

"La capacità di sfrondare l'inutile e andare al cuore delle cose" lo scrive Maria Pia Romano e miglior definizione della sua scrittura non c’è .
Una narrazione pulita, asciutta, evocativa, una scrittura per immagini capace di incuriosire, intensificare le sensazioni del vissuto e regalare perle di poetica saggezza. Parole che fanno bene al cuore.
Alba siamo noi. Verrebbe da dire parafrasando Flaubert.
Ognuno ha una vita segreta.
Quella di Alba rischia di diventarlo al cospetto di una verità che non si può tacere, perché non si può fingere con se stessi, non a lungo.
Alba, piccola girovaga in quel di Puglia con i genitori. Ammaliata dal mare, inselvatichita dalle corse in bicicletta per la Murgia , un tempo sottratto al controllo degli adulti, un tempo per maturare.
"Ha scoperto il vuoto scoprendo presto in se stessa il talento di bastarsi e piacersi. Forse e' stata questa una delle cause scatenanti della sua stranezza. O meglio, di quella che gli altri chiamavano così,  perché lei si sentiva assolutamente normale"
Alba, razionalità, forma, materia, numeri. Gli studi di ingegneria. La concretezza.
L’unica distrazione il mare, il silenzio.
E il mare porta quello che non ti aspetti, come un’onda di risacca, il pericolo che si fa sfida, che è incanto, struggimento ma anche e soprattutto percezione del proprio corpo di donna, potenzialità di una femminilità e una sensualità che si fa incendio e brucia di vita.
Ha gli occhi dello stesso colore del mare e rughe sul volto Davide, e una sincerità che non ammette repliche: sembra volerle dire, so amare così e così solo, non c’è continuità né un per sempre ma l’ora e il qui.. e tanto basta.
Per contro Filippo, un corpo giovane e fresco che l’abbraccia con devozione, tenerezza, comprensione. E’ lì, sempre lì, a dispetto dei suoi silenzi, delle sue assenze, è l’approdo sicuro. E’ pazienza, pazienza snervante quasi.. perché instilla il dubbio, il senso di colpa verso chi è accanto senza null’altro chiedere.
E dunque cosa è davvero l’amore
"Il calore della sicurezza che accarezza e non delude? Oppure il dolore sottile dell'incertezza che sa infiammarsi di passione facendo invertire la rotta all'improvviso?”
Filippo. Davide.
Il bisogno si placa, il desiderio mai.
E.. "chi ha il mare dentro e una sottile follia inespressa nello sguardo, insegue sogni di libertà e non cerca abbracci rassicuranti all'ombra del consueto".
Poi "i doni dell'esistenza arrivano nella maniera più impensata" e lì, nel profilo di Alba sul mare, un profilo morbido che prefigura l’abbraccio che accoglie la vita vi è la risposta al divenire di un percorso di vita che non è mai lineare ed ecco è la chiave per svelare il segreto che cela ogni vita.
"Col tempo ho capito che la felicità è una cosa sottile, che si spalma sul giorno. Da giovane, credevo fosse il trionfo eclatante della gioia; ora so che è una moltitudine di sorrisi accennati, che mi porto dentro".
E’ la cura dell’attesa.
"Solo quello che ho donato è rimasto mio, quello che ho trattenuto è andato perduto" .. ecco Maria Pia Romano non ha trattenuto nulla di sé in questo scritto, ha condiviso con i suoi lettori una storia universale, che parla di amore e vita. Per certi versi un piccolo manuale di sopravvivenza, buono a dare conforto, speranza, coraggio in ogni occasione, servendo allo scopo di parlare all'anima e farlo con convinzione e dolcezza.

domenica 17 febbraio 2013

"Rosa candida" di Audur Ava Ólafsdóttir

"Ho una paura matta che da fuori si veda quello che mi passa per la testa".
Lobbi. Ventidue anni. L'irreparabile alle spalle. La speranza nel suo futuro.
La perdita improvvisa della madre. La sua eredità stretta in una mano: la talea di una rosa ad otto petali, senza spine, la Rosa candida.
 Il bisogno: trovare un tempo, un luogo, uno spazio dove ridurre il suo dolore, dargli forma e imparare a vivere, far crescere la rosa a otto petali e aver fiducia nel prossimo..
Tanto più se il prossimo è la giovane Anna, la donna amata per una notte sola e la piccola Flóra Sól, sua figlia di sette mesi, una fatica irreale nel pronunciarne anche solo il nome.
Eppure in un paesino arroccato nel nulla, lontanissimo dalla sua terra, nel giardino di un monastero Lobbi ritroverà se stesso come per incanto, complice la mano tesa di tanta brava gente, i consigli di padre Tommaso, il sorriso di sua figlia e l'amore inaspettato per Anna, capitata lì quasi per caso.
"E' così che nasce la mia nuova vita. E' cosi che la realtà viene alla luce".
Una piccola storia sull'elogio della lentezza nell'approcciarsi con i giusti tempi alla maturazione personale, all'elaborazione di un lutto, all'affrancarsi dagli orpelli esteriori di una vita che chiede solo di amare e lasciarsi amare. Una narrazione minima, emozionale che scardina il consueto per tratteggiare paesaggi e personaggi fuori dal tempo, incantando con descrizioni di un giardino riportato alla vita dall'amore, profumi di rose e neonati che risvegliano un paese intero.
 "Se si vivesse con la testa e basta, sarebbe impossibile incontrare l'amore".

domenica 10 febbraio 2013

"La notte dell'oblio" di Lia Levi

"Se cominciamo a cercare i colpevoli si discuterà soltanto di morte, lo capisci? Il viso di Giacomo perderà i suoi tratti, i suoi contorni, e diventerà solo l'essere umano sacrificato, la vittima... Non ci hai fatto caso che le vittime non hanno più un loro volto?"
Per questo Elsa ricaccerà indietro la verità sulla morte del marito, sul vile atto delatorio che l'ha portato con altri innocenti in un campo di sterminio. Proteggere le figlie, ridare loro un'apparenza di normalità, inventarsi un lavoro dalla passione per il cucire, tornare ad abitare la propria casa, ritrovare gli anziani genitori, il fratello, gli amati nipoti, aggrapparsi con forza al quotidiano nei piccoli gesti.. sempre ricordando l'amato, imponendosi di trattenere le lacrime, sostituirle con le parole di lui e la vita riprende, in un paese che fatica ad andare avanti, e che per farlo sedimenta diseguaglianze, affonda nell'oblio.
Intorno la storia: le prime libere elezioni del dopoguerra, la nascita dello stato di Israele, l'amnistia del '46 nel clima di pacificazione.
Elsa e le sue figlie,  Milena e Dora. Sorelle così diverse tra loro. Forse era loro mancato il "tempo di crescere piano come fa un tronco che pensa lentamente" ma erano poi sbocciate alla vita. Milena persa nel suo 'lasciarsi scegliere' nell'amore, silenziosa, simile "a un tappo di sughero che galleggia su e giù sul corso dello stesso fiume"; Dora decisa a buttarsi nella vita come nell'amore con impegno, pesata e pensante al cospetto di un destino che torna a chiederle conto di una felicità impossibile "noi due siamo degli infinitesimi granelli che chissà perché la Storia ha voluto riacchiappare per la seconda volta" dandole l'amore dell'unico uomo che non può stringere a sé senza rimorso, colpa, dolore.. perché figlio di chi ha condannato suo padre a morte.
E' tempo per Elsa e le sue figlie di ricordare, affrontare il dolore tante volte negato, capire, perdonare, ritrovarsi, sostenersi.. e per Dora riconoscere la strada da prendere per onorare suo padre, gli ebrei, la memoria comune: "Ho capito che l'oblio e la negazione della tragedia di mio padre vanno a spasso a braccetto, sono tutt'uno. La prossima mossa sarà quella di dire che non è successo niente" "E cosa puoi fare tu contro questo?" "Farò cose elementari, parlerò,  scriverò se ne sarò capace. Ci sarà altra gente che forse sente come me. La cercherò .."

Così la Levi con questo suo nuovo romanzo sul rischio che la notte dell'oblio avvolga la shoah. Perché non si dimentichi quel che è accaduto agli ebrei. E l'orrore di cui è stato capace l'uomo.
"Non si riesce ad essere lucidi con la mente quando il cuore non risponde".
La scrittura della Levi ha il pregio di calare nella Storia ufficiale quella minima, romanzata, appunto di una famiglia ebrea, la scelta dolorosa di una madre di negarsi giustizia per serbare intatto il ricordo della persona amata, e crescere nella serenità non nel rancore le sue figlie, non su 'quello che poteva essere' ma 'su quel che può essere' se lo vogliamo.
Una scrittura che prende al cuore quella della Levi come straordinarie sono le figure femminili che tratteggia.
I suoi racconti sono tra le occasioni migliori per combattere l'oblio. Una splendida lettura da consigliare.

"Con te fino alla fine del mondo" di Nicolas Barreau

"..alla fine del mondo" li mi troverai. 
Così le parole dell'ultima lettera d'amore recapitata dalla Principessa al Duca.
Una donna scrive lettere d'amore ad un uomo. Sembra un gioco, una scommessa, un invito a svelare l'identità della sconosciuta corteggiatrice ma c'è di più.
Il Duca è Jean-Luc Champollion, un gallerista parigino, circondato da tante donne. 
Affascinante, amante del bello, circondato da amici, apprezzato nel suo lavoro. 
Testa tra le nuvole, sorriso sornione, il suo dalmata Cézanne accanto per le vie della città. Una joie de vivre che si consuma nella notte.
La Principessa è la sconosciuta che l'ha sfiorato più volte, una presenza silente di cui lui mai si è accorto e che pure mira a conquistare il suo cuore, ad essere presenza non passaggio nella sua vita.
Una sfida di parole per accendere la fantasia ma non solo, per rendere evidente quel che manca a Jean-luc, preso dai ritmi frenetici del quotidiano, disilluso in fatto di sentimenti: l'amore.
Ma è poi vero che non riconosciamo l'amore persino quando è accanto a noi?
Forse.. ma "quel bacio sognato come nessun altro, quel bacio preparato da così tanto tempo, quel bacio più bello di ogni altro bacio sembrava non voler finire. Era perfetto. Finalmente il Duca aveva trovato la sua Principessa".
 
Poco originale, il secondo romanzo di Barreau si perde nel solito, una moltitudine di personaggi che ruotano intorno alla vita del protagonista, disincantato sull'amore, forse per esser stato respinto, poco più che ragazzino imberbe da una compagna di scuola, per via di una sdolcinata lettera d'amore. Chi di colpo ferisce di spada perisce, verrebbe da dire. In realtà, l'autore poco racconta di Jean-Luc, si perde nel tentativo di creare il clima, nel suo ostinarsi a descrivere Parigi: odori, umori, vini, cibi, luoghi, nemmeno si trattasse di una cartolina stereotipata buona forse oltreoceano.
Occasione mancata. Dell'amore leggiamo altrove.

giovedì 7 febbraio 2013

"Un peccatore innocente" di Laura Mancinelli


"Spesso il nostro cuore ci fa sentire possibile quello che desideriamo mentre l'intelletto ce lo rappresenta come impossibile. Il cuore è più saggio della mente".
C'era una volta...
Così con il tono dolce di una favola prende forma il racconto di un vecchio cavaliere di corte. Narra di un bimbo abbandonato in una cesta come Mosé. Figlio della colpa, frutto di un incesto, abbandonato nelle mani del destino. Con lui trenta monete d'oro e una tavoletta di avorio che parla della sua nascita.
Cresciuto in un convento, amato dall'abate come un figlio, a cui dare il suo stesso nome, Gregorio. Formato nel corpo e nello spirito per aprirsi al mondo, conoscere la verità sulle sue origini e ritrovare la madre, salvo esser vinti ancora dal destino che gli presenta la donna celata nelle vesti di una principessa da salvare e per amore sposare. Madre, moglie.. per Gregorio ignaro di tutto l'inattesa scoperta della duplice colpa e la decisione di espiare da pellegrino penitente, lui peccatore innocente si consegnerà al mondo rinunciando a tutto, schiavo, incatenato nudo e affamato a una roccia per lunghi anni, sorretto solo dalla fede, dalla preghiera della sera che lo riporta alla donna amata, alla madre perduta fino al miracolo della sua vita stessa come esempio ai fedeli: lui salito al soglio pontificio, umile tra gli umili accanto ai deboli, ai vinti, ai malati, il cuore libero dal peccato al cospetto di una postulante che chiede perdono, lei cerca il figlio perduto lui ritrova la madre: "non c'è peccato se non c'è consapevolezza e volontà di peccare", il cuore di entrambi è libero finalmente, nell'anima una gioia che non si sa spiegare, la sensazione di aver trovato ragione del proprio essere, il proprio posto nel mondo.
C'era una volta un bimbo perduto.. c'era una volta Gregorio Magno.
Dall'Aquitania a Roma in un viaggio di vita, di colpa e innocenza, di cuore e ragione, fede e sentimento. Allegorico, mitologico, escatologico, il racconto della Mancinelli adatta il poema di Von Aue del XII sec. parlando di colpa e redenzione in un tempo di giudizi, silenzi, parigli, liberi solo dall'amore in Dio.

lunedì 4 febbraio 2013

"La settima onda" di Daniel Glattauer

"C'è fine e fine fine e fine fine e fine, Leo. Perché, alla fine, la fine è anche un inizio" .
La settima onda. Quella che travolge. Che porta via. Inattesa. 
Tra Emmi e Leo un oceano di mezzo e un silenzio lungo mesi. Le centinaia di mail scambiate inizialmente per un fraintendimento rivelano due anime prossime, affini, incuriosite da ironia, equivoci, sfide fino alla percezione di un sentimento a cui non si può dare nome. 
Ma il tempo e' illusione. Illusione di costringere la corrispondenza ad uno spazio finito, le parole in fondo al cuore, ma non si può,  non si deve. Semplicemente... reclamano spazio. 
Un incontro. Un'altro. E dietro le parole nere su uno schemo bianco occhi in cui perdersi, mani che si sfiorano, una voce che accarezza il cuore. Ma anche inquietudine.. perché si deve dar conto ad altre presenze, non solo fisiche, la peggiore, l'ombra nel cuore: la paura di non farcela, di non essere corrisposti, di essere soli nel 'per sempre' che serve a scrivere il futuro, fino all'onda.. alla settima onda.. che travolge.. a cui abbandonarsi.. felici di cogliere l'ardimento, il coraggio nell'abbraccio dell'altro, spiaggiati su un territorio di felicità semplice.

Di seguito la recensione della prima parte della storia di Leo ed Emmi, raccontata da Glattauer ne 'Le ho mai raccontato del vento del nordhttp://lestanzedialba.blogspot.it/2012/07/le-ho-mai-raccontato-del-vento-del-nord.html

domenica 3 febbraio 2013

"Wok" di Francesco Carofiglio

"Ci sono domande, tante, che non avranno una risposta. C'è una vita intera che, nonostante tutto, non riesco a vedere sotto una brutta luce. Mi sento un ragazzo ottimista, mi sembra che il mondo sia pieno di cose da fare e qualche cosa troverò".
Una storia minima con un sentire universale. Ecco 'Wok'.
Un adolescente consapevolmente in fuga dal presente, il vuoto della morte della madre da riempire, giustificare, accettare. Il passato sconosciuto, celato sull'assenza imperfetta del padre, e ancora il futuro da preparare. 
Wok, ovvero.. "so fare queste cose: montare e smontare un computer, smanettare in rete, correre veloce, cucinare il pollo al chili, fare scrocchiare tutte le nocche delle mani e dei piedi, dire le parole al contrario, mangiare senza fare rumore, stare fermo e ascoltare, leggere un mucchio di roba, camminare sull'asse di equilibrio, prendere al volo gli snickers, far sparire tra le mani una monetina da dieci cent, cucinare le uova al bacon, affettare il salame a fette sottilissime, giocare a scacchi, colpire un barattolo con un sasso a dieci metri di distanza, trattenere le lacrime, trattenere le risate, guidare".
Wok e il suo viaggio. 
Wok e le lacrime perdute nel deserto. 
Wok e il senso di irreparabile da cancellare. 
Wok e l'ostinazione a dare forma a un sogno, la felicità, quel sentirsi normale a dispetto di un padre scomparso chissà dove, di una madre malata, problematica, ma sempre presente, di un nonno fuggito in un mondo di silenzi e assenze. Ma dove sta davvero la normalità?
Wok e l'inaspettato regalo di Zoe. L'amicizia, l'amore, il sesso.
Wok e la fuga dalle paure, dal mostro cattivo della rabbia che coglie chi resta, chi sopravvive e vorrebbe essere altrove, un mostro che si fa di carne e ossa per spingerlo ad una reazione, alla follia dell'agire contro ogni logica, al coraggio del vivere, al perdonarsi silenzi per riscattare la propria anima e diventare adulti, responsabili, più di quanto sin da bambino non si sia già stati, declinando saperi, accantonando gioco e spensieratezza.
"Non so come spiegarti ma a volte devi aspettarti un disastro per accorgerti di alcune cose".
Wok compie un viaggio in se stesso, benché reale, che chiunque compie almeno una volta nella vita, messo di fronte a una difficoltà, a una perdita, ad un cambiamento; e ne emerge con nuove domande ma anche con risposte salvifiche, con la conferma di quell'atteggiamento positivo che ha sin dall'infanzia.
"Ma i pezzi di dolore lentamente si staccano, come croste secche, e diventano foglie. E prendono il volo". Il dolore, piano piano scivola via.
Poco più di cento pagine bastano all'autore per dirci di Wok e renderlo prossimo al lettore. In un viaggio per l'America redenta di deserti, motel e loschi figuri, il cuore di un ragazzino batte veloce verso la libertà: "..la vita te la devi godere, senza pensare a quello che viene dopo, a quello che sarà. Rimuginando sui giorni che verranno, e tutto il resto".

venerdì 1 febbraio 2013

"Il rosso e il blu" di Marco Lodoli

"Bisogna sempre essere sinceri, ma prima bisogna educarsi a pensare, dubitando almeno un poco che ogni nostro prurito sia una verità assoluta da grattare in pubblico"
Il rosso e il blu ovvero cuori ed errori nella scuola italiana. Così declina il titolo. Ma si potrebbe correggere il tiro e aggiungere orrori della scuola italiana e l'impressione che se ne ricava leggendo il libretto di Lodoli è proprio quello, che a volte di un orrore dopo l'altra sia teatro la nostra scuola.
Torbe di ragazzi senza rotta, svogliati, proni al dio denaro, l'unico che possa concedere loro una via di fuga dalla realtà di assuefatta pochezza, compromessi, sacrifici; la cultura, il sapere ridotti ad un bignami di parole vuote come i sentimenti. Al posto della fatica la leggerezza, il disimpegno, quasi che poco o nulla serva per galleggiare nella società degli artifici, dei bisogni indotti. Eppure si ritrova ancora passione nella scuola, in molti insegnanti che sfidano lo scoramento e lo sberleffo degli alunni per comunicare, trasmettere non solo nozioni ma curiosità, interesse verso la propria materia. E ancora occasione per maturare, mettersi alla prova, conoscere e conoscersi.
E' cambiata e cambia ancora molto la scuola, non più elemento portante della società ma imbuto di sogni. Mesi, anni di forzata coabitazione, tra alunni e professori in vista della meta finale: un diploma, frutto di studio e compromessi, illogiche elaborazioni, immaginifiche interpretazioni. E lì dove un tempo vi era silenzio e rispetto adesso vi è confusione e stordimento, nulla più che un campo di battaglia dove inscenare finzioni, tutto in nome della libertà d'espressione.
I ragazzi sono diversi dai loro padri, nonni.. e pure nella loro drastica soggezione al tempo moderno che tutto consuma regalano spunti di  inquietante analisi sociologica. Questo poi per certi versi si rivela il libro di Lodoli, mescolando aneddoti personali ad una proposizione verosimile della scuola d'oggi.
"Le cose non sono difficili a farsi, ma noi, mettere noi nello stato di farle, questo sì è difficile".
Questo, pare dire l'autore, dobbiamo alle nuove generazioni. 
Mettere i ragazzi nelle condizioni di migliorare il proprio tempo senza sentire il bisogno di rigettarlo, fuggirlo.