domenica 14 gennaio 2018

"Sissi. La solitudine di un'imperatrice" di Allison Pataki

"All'inizio volevo quasi rinunciare, pensavo di non tollerarlo. Poi, contro ogni previsione sono riuscito a sopportarlo. Ma non chiedetemi come".
Una citazione di Heinrich Heine. Elisabetta, imperatrice d'Austria-Ungheria, per tutti Sissi, leggeva quelle parole ogni giorno. Sono sul suo scrittoio. Le ripete come un mantra. Per farsi forza. Resistere al suo ruolo. Sopportare le regole imposte dal severissimo protocollo di corte asburgico. Mostrarsi sempre al meglio, bellissima, semplicemente perfetta. Imperturbabile agli sguardi di tutti, quelli curiosi della gente comune, quelli perfidi ed indagatori degli uomini di corte.
Quando è che è diventato tutto così difficile? Quando, innocente adolescente, ha smesso di amare il suo sposo che ha messo i doveri di stato prima di loro, di quella famiglia che stavano creando? Quante illusioni perdute! La suocera Sophia che le strappa i figli perché poco più che bambina lei stessa per crescerli e la definitiva perdita dell'innocenza con il mondo intorno a lei per cui non è mai abbastanza. Infine aveva capito Sissi. Aveva imparato ad imporsi. A ritagliarsi dei lunghi periodi di assenza da Vienna. Aveva ottenuto la sua libertà. Con sé la sua ultima bimba, Valerie, e tanta passione bruciante da spendere per i suoi viaggi, i suoi cavalli e i suoi amori, Andrassy, il capitano Middleton. 
Non era perfetta Sissi, era semplicemente una donna piena di contraddizioni. Melanconica e drammatica per certi versi, eclettica e moderna per altri. Incapace di perdonarsi per non aver amato abbastanza i suoi figli più grandi, di non aver salvato Rudy dall'assurdo addestramento militare imposto da marito e suocera che lo segnò nel carattere per sempre. Pianse la suocera sul letto di morte vegliandola per lunghi giorni, sopportò gli intrighi di corte e i veleni della stampa che la descrivevano come un mostro egoista, fu segnata dalle disgrazie della sua famiglia e dalle tragedie più assurde: la morte del figlio, dell'amato cugino Ludwig. E andò avanti, comunque. Non fece mancare, quando davvero servì, l'appoggio al marito nelle faccende di stato. Così pure per lui rispetto e affetto, ma col tempo sentì che riprendeva ad amarlo come i primi tempi, con tutto lo stupore di una ragazzina che si apprestava a vivere il suo sogno di felicità. Lei che temeva la vecchiaia, lasciò che la bellezza le venisse strappata per caso, mentre saliva su un battello, in uno dei suoi tanti viaggi. Un anarchico, uno stiletto. E la vita che se ne va. Per sempre, forse per la prima volta drammaticamente libera.
Protagonista di un tempo di cruciali cambiamenti -seconda metà del XIX secolo- Elisabetta regala di sé un'immagine complessa, che Allison Pataki descrive al meglio attingendo a pie' mani alla documentazione storica. Il ritratto che ne fa è veritiero e affascinante. Non risparmia nulla all'autenticità del personaggio storico. Luci ed ombre. Debolezze e virtù di una donna unica: magnetica, e così umana.     

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