domenica 30 maggio 2021

"La signorina Crovato' di Luciana Boccardi

"Mi allontanai con un nodo di gioia alla gola. Era quella sensazione che mi ha accompagnato tante volte nella vita -e forse mi accompagna ancora: la consapevolezza, nonostante tutto, di essere una persona fortunata".

Luciana non ha ancora quattro anni quando il suo piccolo mondo ordinato di affetti e cure si sgretola. Siamo a Venezia, è il 1936 e il giovane padre, musicista ribelle e antifascista, si è ustionato al punto di essere per mesi in pericolo di vita. Benché il suo sia stato un gesto coraggioso, sedare un incendio in un cinema, evitando che si propagasse ai caseggiati popolari confinanti, per molti è stato avventato ignorare moglie e figlia, da cui avrebbe potuto non tornare. Luciana saprà con il tempo la verità, per tenerla lontana dal dolore del padre malato, a tratti morente, è stata mandata in campagna da certi lontani parenti. Da lì in poi la Luciana imparerà a cavarsela da sola, acquisendo responsabilità, maturando prima del tempo. Aiutando in casa, studiando con profitto, prendendo lezioni di musica dalla figura spettrale che rispondeva al nome di suo padre e che cieco e sfigurato cercava conforto nella musica e svago nell'alcol per fuggire la morte che ogni giorno rivendicava la sua anima tormentata. Fame, freddo, sacrifici, rifiuti, disillusioni, emarginazione, non avevano svilito l'animo buono, generoso ed empatico di Luciana, che aveva conosciuto tante persone sperando in piccole occasioni per rendersi utile, lavorare sin da bambina, alleviare le sofferenze della famiglia, della mamma che lavorava da mattina a sera, e del fratellino Giorgio che soffriva la solitudine e le angherie dei compagni di scuola, a cui lei era ormai abituata. Fidando nell'aiuto dei nonni materni, Luciana aveva studiato come potuto, dattilografia, stenografia e atteso che la guerra finisse per lavorare.
Una maturazione forzata che pure non aveva spento la felicità di una ragazza decisa a farcela, a gioire delle cose semplici, a sentirsi fortunata per aver trovato un lavoro e la prospettiva di una serenità per la sua famiglia.
Un racconto di una tensione emotiva pura, la prossimità di una storia comune al passato di tantissimi italiani, la fatica e la felicità di un cuore puro, la bellezza tenera e dolorosa di una bimba che si trasforma con orgoglio ne 'la signorina Crovato'.
Un romanzo di formazione, una storia di forza, coraggio e determinazione.

sabato 22 maggio 2021

"Corpi speciali" di Francesca d'Aloja

A noi estranei, sconosciuti alcuni corpi rivelano storie, vite speciali, che meritano di essere ricordate, raccontate, condivise, perché suggeriscono approcci positivi all'esistenza, forza, perseveranza, ragione, consapevolezza, e parlano alle nostre anime mettendo a nudo fragilità, paure, dolori e al tempo stesso sogni, attese, speranze.

Una carrellata di storie, ognuna a suo modo poco conosciuta pur quando il personaggio è noto perché a rivelarne un aspetto nuovo è il legame diretto o indiretto dell'autrice. Che ci racconti di Gassman o Risi o della passione per la tauromachia la d'Aloja impone il pregio di una narrazione sfrondata da personalismi e impone l'attenzione di chi con curiosità racconta storie in cui si ritrova a volte quasi per caso ma che non si può smettere di approfondire, soffermandosi sulla unicità di uomini e donne, sulla straordinarietà di caratteri, personalità, sulla determinazione di alcuni di opporsi al conformismo, al conosciuto, per tentare nuove esperienze, intraprendere viaggi al limite delle possibilità umane, attraversare luoghi ignoti, confrontarsi con culture, religioni estranee aprendosi ad un nuovo modo di vivere, mutuando stili di vita che poi avrebbero conquistato l'Occidente. Che sia un musicista italiano idolatrato in Argentina o la figlia malata di nervi del grande Joyce, il grande esploratore o il primo occidentale diventato Lama il racconto è sempre unico.

Verità, bugie, sogni infranti, promesse e grandi insegnamenti racchiusi in corpi speciali, in vite in parte sconosciute o dimenticate che tornano a parlare per noi lettori, illuminando i nostri cuori delle potenzialità insite in noi.

sabato 8 maggio 2021

"Borgo Sud" di Donatella Di Pietrantonio


"Parlava con frasi brevi, ogni parola cadeva sul letto lucida e dritta come un coltello".

L'Arminuta... è tornata.

Migliaia di chilometri di distanza non sono sufficienti a riparare dal dolore, dalle amarezze stridenti della città natia, Pescara, della famiglia, di un matrimonio fallito.

Tornare quando non se ne può fare a meno. Perché a imporlo è il senso di dovere, forse solo l'atavica appartenenza a un luogo, ad una persona. A lei, Adriana. A quella sorella minore, solo per età, che ha da sempre riempito il suo cuore, imposto la sua presenza, strappato odio e amore a lei, ai genitori aspri e aridi come la terra, ribelle come il mare di Borgo Sud che le aveva strappato il cuore con Rafael, bello e tenebroso, iracondo e funesto. Ma Adriana era così, travolgente, impavida, estrema, irrispettosa. Bussava alla porta di casa con in braccio un figlio di pochi mesi, costringendola a prendere contatto con la realtà di un matrimonio che celava tradimenti e segreti, portandola al capezzale di una madre che non si era lasciata andare mai ad un segno di affetto se mai maledizioni, eppure c'era stata sempre e forse un poco l'aveva invidiata, perché Adriana aveva riempito di vita ogni luogo abitato, aveva amato, sfidato i pregiudizi, lottato per essere felice, si era inventata un lavoro, era sopravvissuta alle asperità del quotidiano con la sfrontatezza di un sorriso, della pelle baciata dal sole e un vestito colorato. Fino a che un terribile incidente l'aveva portata in fin di vita. Ma si era trattato davvero di un incidente? Forse era il passato che tornava a reclamare attenzione, ma l'Arminuta è tornata.. e troverà la forza di guardarsi indietro.

Un romanzo potente, che cattura le intermittenze dell'amore, le costrizioni familiari, le difficoltà della vita, il tutto con una scrittura vincolante, essenziale.

"Mia madre l'aveva indovinato il futuro delle sue figlie femmine, lo presentiva dentro di sé in quel suo modo viscerale, fisico, come una colica, una turbolenza dell'intestino. Mia madre era nei presagi".

Per rileggere la recensione de 'L'Arminuta':

http://lestanzedialba.blogspot.com/2017/09/larminuta-di-donatella-di-pietrantonio.html?m=1

sabato 1 maggio 2021

"L'arte di legare le persone" di Paolo Milone

 

"I matti sono nostri fratelli. La differenza tra noi e loro è un tiro di dadi riuscito bene -l'ultimo dopo un milione di uguali- per questo noi stiamo dall'altra parte della scrivania".

L'esperienza di uno psichiatra, quarant'anni di lavoro, molti in ospedale, vite passate, un'umanità che affolla reparti, corridoi, stanze: umori, silenzi, grida, dolori taciuti espressi da occhi umidi di lacrime o accesi di eccessi, follie, speranze, drammi, resistenze, assenze, la morte che ti cammina accanto, la rabbia silente o aggressiva, odori e pulsioni, passioni e paure, tutto estremo, forte, parole, di più, fiumi di parole che raccontano strazi, aspirazioni negate, visi esangui, sguardi languidi, un dolore che si fa violenza, che costringe, lega, tiene stretto corpi, infligge silenzi che abitano mondi altri, che pure raccontano di noi, della nostra fragilità, della nostra dolente esistenza, della ricerca di un modo per provare a stare al mondo.

"Non cercare la consapevolezza totale di esistere: ognuno vive nella nebbia più o meno fitta. Scegli il tuo posto sul pendio, e tira su la casa".

Brevi ritratti che ricordano volti e storie, così Milone come in un diario intimo, racconta la sua esperienza di psichiatria, malati, medici, infermieri, un mondo così forzatamente bollato come altro dal normale, e invece così sentitamente emozionale da toccare il cuore del lettore e non lasciare indifferenti.