venerdì 16 luglio 2021

"Spatriati" di Mario Desiati

Claudia e Francesco sono due adolescenti in un paese di provincia del sud. Frequentano la stessa scuola e sono additati dai coetanei come due spatriati. Estranei, raminghi, incerti, semplicemente diversi. Francesco guarda a Claudia come un faro, ha la sfrontatezza di illuminare tutto benché indossi colori scuri, perché lei è luce, coraggio, volontà di spaiare le carte. Francesco le starà sempre un passo indietro,  in attesa. Lascerà che sia lei a partire, a studiare, vivere e lavorare a Milano prima, a Berlino poi. A sperimentare la vita, a buttarsi negli amori, a stordirsi di musica, a subire amori violenti o sbagliati prima di abbracciare il mondo intero, affrancarsi da categorie, stereotipi, pregiudizi. Non sarà facile dimenticare il paese natio, quel che resta della sua famiglia, la terra deiuri a secco e i tramonti infuocati. Nell'arco di più di vent'anni accetterà quel che non è possibile cambiare, si lascerà trascinare dai sentimenti sempre un passo avanti, protesa all'altrove. Francesco sarà per sempre incantato da Claudia, leggerà i libri di cui lei si nutre, parole che parlano a loro soltanto, musica, arte. Tutto per dare forma ad un'anima che Francesco sente affine, l'anima eletta, idealizzata, attesa. Volutamente adagiato nei territori conosciuti, nel paese, mediando vendite, schivando gli sguardi indagatori, restando accanto ad un padre ostile, fuggendo i soprusi per abitare finalmente il cuore di Claudia, la sua Berlino. Sarà una stagione di sperimentazione, speranza, disillusione, sregolatezza fino al rientro in Italia, alle soglie dell'età adulta. Tornare a casa, alla terra dei nonni, riappropriarsi di un tempo lento, forte di un cuore libero, della certezza che si può essere  felici, nella semplicità del fare, nella stessa immediatezza dell'incertezza, una decrescita consapevole.
Claudia e Francesco spatriati, cittadini del mondo, uniti da un amore fraterno, esperienze diverse, esempi di una generazione sradicata, decisa a non soccombere agli stereotipi, salvo trovare a proprio modo un abito di vita da indossare.

Un libro pregno di emozioni, una scrittura matura, vivida, a tratti necessariamente forte, torbida. La storia di due ragazzi, due unicità che esemplificano quelle di tanti. Un'accurata selezione di riferimenti di musica e letture formative, mai banali. Un romanzo completo, a tratti estraniante, letargico, di gioia e tristezza, con un finale che apre a tutti gli scenari possibili.

sabato 10 luglio 2021

"Scrittori e amanti" di Lily King

"Tutti i problemi della scrittura e della recitazione nascono dalla paura. Paura della vulnerabilità, paura della debolezza, paura di non avere talento, paura di fare la figura degli stupidi per averci provato, per avere anche solo pensato di poter scrivere. È sempre paura. Se non ci fosse la paura, immaginate quanta creatività nel mondo. La paura ci trattiene a ogni passo del nostro cammino".

Casey ha trentuno anni. Lavora fino a sfiancarsi come cameriera in un ristorante alla moda e scrive, scrive, scrive. Cerca di chiudere il romanzo che l'ha accompagnata negli ultimi dieci anni della sua vita. Ha scritto ovunque, nel corso dei suoi viaggi, delle sue relazioni, dei suoi studi, quelli che le sono costati i debiti che la assillano, un macigno sul cuore. Ma non è il solo: viene fuori da una breve relazione che l'ha delusa molto e dal dolore per la perdita della madre.  Casey riversa tutti i suoi sentimenti, le sue angoscie, le sue gioie nella scrittura. Ricorda dove ha scritto una pagina, l'emozione di una singola frase frutto di una notte insonne, i mille appunti sui tovaglioli del ristorante, l'evocazione di un'atmosfera, le ore passate a fare ricerca. Scrivere le ultime parole del libro prima di spedirlo a case editrici ed agenti le provoca uno stato di malessere fisico che la destabilizza più dello sfratto che incombe sull'ammuffito capanno che abita, più della sensazione di essere ad un bivio della sua vita: smettere il sogno di vivere di scrittura come capitato ai suoi ex compagni di studi o perseverare fino alla dissolvenza fisica ed emotiva.

È a questo punto che incontra due scrittori, Silas giovane e incasinato e il maturo Oscar, affermato, vedovo, due bimbi piccoli adorabili.

Casey comincia a frequentarli entrambi perché prova sentimenti contrastanti e tanta confusione, intanto si paventano seri problemi di salute, perde l'impiego, ripiomba dal passato il padre. Quando davvero tutto sembra perduto e il suo esaurimento la porta ad un passo da cedere alla disperazione, Casey ottiene i primi riconoscimenti, trova un lavoro più confacente ai suoi studi, comprende chi davvero le fa battere il cuore, perdona la sua disperazione, accetta limiti e dolori, e ringrazia dell'amicizia di Muriel ed Hanry.


Lily King in 'Scrittori e amanti' racconta l'ostinazione di una giovane donna che annaspa nella vita ma non rinuncia al suo sogno. Il personaggio di Casey è complesso, ha una storia familiare implosa dopo l'abbandono della madre e gli assurdi comportamenti del padre per cui esisteva solo in funzione del suo talento sportivo. Era fuggita indebitandosi per pagarsi gli studi e aveva trovato nella scrittura la ragione per stare al mondo. Di converso la lettura era stata necessaria, salvifica. La parola come cura. Fidarsi del prossimo non era stato facile così come lasciarsi amare, ma era capitato ed era stato il momento in cui liberare i sogni. 

"I baci sono lunghi e intimi, come se ci stessimo dicendo tutte le cose che vanno dette in questo mondo".

Pieno di descrizioni, citazioni, rimandi letterari il libro della King si legge con piacere e porta nella vita degli aspiranti scrittori e nella complessità del mondo dell'editoria. Interessante.

martedì 6 luglio 2021

"Il pane perduto" di Edith Bruck

"Tanto tempo fa c'era una bambina che, al sole della primavera, con le sue treccine bionde sballonzolanti correva scalza nella polvere tiepida".

In piccolo paese di provincia in Ungheria, nei primi anni quaranta del Novecento, Edith, per tutti Ditke, pensa alla scuola, adora scrivere, corre spensierata, ignara che un pericolo incombe sulla sua famiglia. È ebrea e la primavera della vita scivolerà nell'inverno dell'orrore dei campi di concentramento dove verrà internata con i suoi genitori e due dei suoi fratelli.

L'abisso del male ha il volto dei nazisti, delle kapò, delle compagne di sventura disposte a tutto per sopravvivere, è nel fumo che consuma i corpi delle vittime, nelle violenze, nelle privazioni, freddo, fame, nei corpi che cercano il filo spinato o elettrificato perché il suicidio è una liberazione a fronte del male che consuma corpo e mente. Pochi sprazzi di umanità illuminano nel cuore di Edith la speranza e, complice la forza della sorella maggiore, la sopravvivenza, ma è solo il primo passo verso un viaggio nel cuore dell'Europa fino alla terra promessa, Israele, tra parenti e nuovo conoscenti che rifiutano di ascoltare Edith, la sua storia, che invece chiede di essere raccontata, condivisa come chiedevano i compagni nei campi di concentramento.

Edith fuggirà più paesi, la sua stessa famiglia, per approdare in maniera rocambolesca, in Italia, un paese che la accoglie con l'allegria di un sorriso e la possibilità di ricominciare senza giudizi e pregiudizi.

Sarà l'incontro con un poeta a permetterle di liberarsi delle paure e cominciare a vivere davvero facendo l'unica cosa che le riesce semplice: scrivere, raccontare, raccontarsi.

"Mi sentivo rinata. Avevo un nome, esistevo".

 A dispetto del tempo che passa Edith parla ancora di quella bimba sensibile e allegra che correva  e cercava lo sguardo del prossimo reietto alla società, e a Dio chiede il pane perduto, il cibo per nutrire l'anima al punto di mettersi al servizio della storia, della testimonianza alle nuove generazioni, perché solo i sopravvissuti possono raccontare quel che è stato l'Olocausto e sperare che non succeda più.

Una scrittura semplice, emotiva, un racconto orale che si fa parola scritta e si incide nei cuori dei lettori.

Immensa, Edith Brick.

sabato 3 luglio 2021

"Il cuore segreto delle cose" di Madeleine St John

La fine di una storia d'amore scorre via in poche parole. Senza alcuna emotività, coinvolgimento.

Jonathan attende che la compagna, Nicola, rientri a casa dopo una piccola commissione per chiederle di andar via, lasciare l'appartamento a Notting Hill che da sola, con il suo lavoro, non potrebbe permettersi. Lui è un avvocato, può rilevare la sua parte di proprietà.

Le lascia il weekend per liberare casa. Non aggiunge altro, non c'è altro.

Nicola non capisce, non comprende cosa sia accaduto, come non si sia accorta di nulla, come non abbia ricevuto segnali della crisi.

L'indifferenza di lui è peggiore di una sberla.

È ferita, stordita, si ostina a rileggere la loro storia d'amore, gli ultimi mesi insieme, in alcuni momenti è sembrato che lei fosse percepita come un'estranea in casa ma nulla più.

Possibile che non fosse andata oltre la superficie delle cose, della quotidianità? 

Anche chiedere altre spiegazioni a Jonathan non era servito, lui aveva semplicemente smesso di amarla, e il sesso tra loro, che era continuato gioioso e appassionato, fino a pochi giorni prima, non c'entrava con l'amore. Nicola non riusciva a crederci. Per lei era impensabile lasciarsi andare al sesso senza amore. 

Sentiva di aver sbagliato qualcosa. Ma non poteva restare a Notting Hill, si era fatta forza, si era trasferita da un'amica, aveva inviato domanda per un nuovo lavoro, fuori città, aveva preso ad uscire con un amico, pian piano lasciandosi andare, provando giorno dopo giorno ad inquadrare il suo recente vissuto riappropriandosi di forza, spazio, indipendenza.

Aveva parlato con la sua famiglia, si era aperta con le persone intorno, aveva arredato una camera in affitto da conoscenti e indossato abiti colorati, ritrovando il sorriso nello specchio.

Jonathan si era pian piano sentito smarrito, la libertà riconquistata, la convinzione di essersi risparmiato patimenti peggiori in futuro, quella intimità che finalmente sentiva protetta, si perde nell'appartamento vuoto, le  porcellane di lei assenti sul bordo del caminetto, la dispensa vuota, le sue camicie da stirare, la camera da letto lasciata intatta. Lui era fermo, il barattolo di marmellata di arance intatto, l'anello di rubini che sua madre aveva pensato potesse servirgli per la proposta di matrimonio a Nicola, che non c'era mai stata, la bellezza di lei quando l'aveva rivista, la prova che era andata avanti, a dispetto della loro storia, lo schiaffo che lei gli aveva dato alla firma della cessione della casa. Tutto intorno a lui, parlava a Jonathan di Nicola, tutte le cose gridavano quanto sciocco fosse stato, a scambiare la paura di una unione stabile, una famiglia nella fine di un amore. Ad anelare la libertà e scambiarla per sapersi al sicuro da domande che ti scrutano dentro.

Doveva rimediare, rivelarle tutto l'amore che solo poche settimane prima le aveva negato. E Nicola l'aveva guardato come fosse un pazzo prima di partire per un nuovo lavoro e forse una nuova vita, smarrita per le rivelazioni di lui e profondamente triste, sebbene avesse sperato a lungo in quelle parole. 

Tardi, forse. Ora che aveva imparato a conoscersi davvero, ad apprezzarsi, ad amarsi.

"Il problema delle donne è che non smettono mai di parlare, mentre quello degli uomini è che non parlano affatto".

Madeleine St John racconta con maestria la fine di una storia d'amore. Il punto di vista di lui, di lei, gli amici di lei, di lui, i familiari, i colleghi di lavoro. Una rete solidale per lei, un fastidio per lui. Modi diversi di riconoscere limiti e potenzialità di un amore consumato all'interno di un grazioso appartamento di Notting Hill. Approcci romantici e razionali per riconoscere i veri sentimenti nel cuore segreto delle cose, come recita il titolo.

Un libro che si legge tutto d'un fiato, per necessità, bellezza, forza empatica. La St John ha una scrittura ammaliante, capace di andare a fondo nell'agire umano.

Imperdibile.

"Volevi davvero correre questo rischio?" "Sì, io ti amavo. E amare qualcuno vuol dire essere disposto a correre quel rischio" "Vuol dire che l'amore è una specie di follia".