venerdì 28 febbraio 2014

"Il gioco di Ripper" di Isabel Allende

"Cinque ragazzini e un nonno che si divertivano in un gioco di ruolo", questo è il gioco di Ripper.
Siamo a San Francisco e Ripper è il gioco di ruolo che riempie le ore libere di Amanda e altri ragazzi solitari, introversi e saputelli in giro per l'America. Ore ad analizzare prove, sospetti, minuzie nelle indagini che legano insieme alcuni casi di omicidi efferati dietro cui si nasconderebbe la mano di un serial killer. Nessuno prende molto sul serio le supposizioni dei giovani investigatori, nemmeno Bob Martin, ispettore capo della sezione omicidi di San Francisco e padre della giovane Amanda, almeno non fino a quando nella rete del serial killer finisce Indiana, bellissima trentenne, ex moglie di Bob e madre di Amanda.
Tanto timida, posata, razionale Amanda quanto spirituale, empatica, irruente e vitale la bella Indiana, esperta in cure olistiche, il cuore diviso a metà tra il ricco e affascinante Alan Keller e l'ex navy seal in perenne lotta con i propri sensi di colpa, Ryan Miller. Ma intorno ad Indiana si muove una stramba comunità di sofferenti e bisognosi di varia umanità, tra loro forse la persona che l'ha inserita nell'elenco delle sue vittime. Non un omicida qualunque ma un malato, ossessionato dal vendicarsi di quanti, sin da bambino, gli hanno negato cure ed amore. Persino Indiana, per tutti buona ed adorabile, sembra aver commesso l'errore di non accorgersi di lui, ed ora è lei, non altri, ad entrare forzatamente nel gioco di Ripper: "Mia madre è ancora viva, ma sarà uccisa Venerdì Santo a mezzanotte".
Poche ore per Amanda e i suoi amici per scoprire l'identità dell'assassino e vincere il gioco di Ripper.

Primo tentativo della brava scrittrice cilena di cimentarsi con il giallo, 'Il gioco di Ripper' risente di una certa schematizzazione tipica del genere e paga un conto alto alla caratterizzazione dei personaggi e all'attenzione maniacale dei dettagli, del clima narrativo e della scrittura a tratti ridondante in cui viene calata l'azione. E' un pullulare di figure femminili, di famiglie matriarcali, di personaggi stereotipati schiacciati in un cicaleccio di voci che si affastellano pagine su pagine di storia che poco o nulla aggiungono, al punto che il lettore avverte la necessità di arrivare alle ultime trenta pagine dove alfine si dipana il mistero.
Spiace che non si possa convergere su un giudizio migliore ma il racconto non prende mai del tutto, a dispetto del buon tentativo di raccontare il rapporto speciale di Amanda e Indiana più sorelle che madre e figlia, e l'attenzione che l'autrice riserva per i più deboli, gli emarginati, i diversi e ancora l'affezione alle tematiche dell'amore, in cui la Allende può dirsi maestra.

giovedì 20 febbraio 2014

"Magazzino 18" di Simone Cristicchi

C'è un posto nel porto di Trieste dove i ricordi fanno male solo a guardare. Sono imprigionati lì da sessant'anni. Quel posto oggi è il magazzino 18, prima c'è stato il 26, prima ancora il 22. Proprio come i loro proprietari nemmeno i ricordi hanno trovato requie. Vagano da troppo tempo ma reclamano attenzione, sfidano il silenzio. Quei ricordi passano attraverso oggetti: armadi, sedie, letti, libri, corredi, pezzi di vite sradicate all'improvviso, con brutalità, urgenza, rancore. Lì nel magazzino 18 sono stivate quel che resta delle masserizie degli italiani costretti a lasciare l'Istria, Fiume, la Dalmazia dopo il secondo conflitto mondiale; esuli dal 10 febbraio 1947 quando un trattato consegnò a Tito quel lembo di terra che va da Capodistria a Pola. Dieci anni di fughe, violenze, partenze forzate che videro sparsi nel mondo circa trecentocinquantamila persone. Nel cuore l'amarezza di aver perso per sempre il diritto alla propria terra, alla propria identità e di esser stati testimoni di quell'orrore ancora misconosciuto che va sotto il nome di foibe: più di 1700 cave, fosse carsiche che hanno ghermito la vita di migliaia di innocenti, unica colpa essere italiani, ovvero fascisti, oppressori, traditori. Torturati, violati, spogliati dei loro beni, costretti a dimenticare la propria lingua, la religione, ridotti a niente e beffati, umiliati da quella matrigna che si rivelò l'Italia stessa. Costretti in campi profughi che somigliavano ai campi di concentramento, privati della possibilità di emanciparsi dallo stato di fascista, ladro, nomade qual era considerato l'esule dalmata, si smarriva sugli occhi spersi dei più indifesi l'imprescindibile rispetto che si deve a qualsiasi essere umano. Non più persone ma identità scomode, testimoni delle ultime atrocità dell'uomo in guerra. 
La scrittura semplice ed evocativa di Cristicchi costringe a confrontarsi con il passato: "Riappropiarsi della verità, anche di quella più scomoda, è l'unico modo per separare i buoni ideali dalle cattive azioni. Per commemorare, per partecipare davvero però è necessario prima sapere. e per sapere bisogna ascoltare, non solo con l'orecchio, ma col cuore" e lascia un senso di inadeguatezza, una silente vergogna per quello che i nostri nonni hanno finto di non vedere, ovvero lasciare che nostri fratelli venissero trattati come bestie, ignorando la loro storia che poi è la nostra. Leggere di loro, delle loro vite, della loro necessaria ricerca di libertà e salvezza, impone attenzione e condivisione, per lasciare che almeno per un momento il cuore sia di nuovo leggero, con la speranza che non accada mai più.

sabato 15 febbraio 2014

"Limonov" di Emmanuel Carrère

"Perché vuole scrivere un libro su di me?
Sono colto di sorpresa ma rispondo, con sincerità: perché ha una vita appassionante. Una vita romanzesca, pericolosa, una vita che ha accettato il rischio di calarsi nella storia.
E a questo punto Eduard dice qualcosa che mi lascia di sasso. Con la sua risatina brusca, senza guardarmi:
Già, una vita di merda".

Un libro potente, Limonov.
Uno di quei libri di cui senti la necessità anche se fa male.
Perché leggere la storia di Limonov è come immergersi in acque profonde, buie, pericolose. E' sapere di dovere andare sempre più a fondo prossimi al punto in cui mancherà il fiato e si annasperà nella risalita. Limonov è quell'abisso, quel pozzo nero verso cui per un momento si è attratti, il fascino del male, pronto a ghermirti, a farti male, e lo farà, sicuro che lo farà.
Limonov è la storia del novecento russo, è la storia del comunismo e il suo declino, è l'orrore del nuovi oligarchi, è la spietatezza del potere, il silenzio delle democrazie, il romanzo delle disillusioni.
E' la guerra e il peccato.
E' la salvezza e la sconfitta.
E' l'ardore, la passione egocentrica, l'autolesionismo.
E' la ribalderia ruffiana, il rifiuto della normalità, l'oblio degli ideali.
E' tormento, paura, furore cieco, crudeltà.
E' la ricerca della felicità, la fuga da un tempo morto, la frenesia del vivere ad ogni costo, con ogni mezzo, a discapito del debole, persino dell'amico.
E' l'amore illogico e l'odio smisurato.
Limonov è tutto, è così e persino peggio.
Un eroe maledetto da se stesso, così tratteggiato nel libro che va scrivendo giorno dopo giorno; un visionario, un pazzo che ha attraversato mezzo mondo, vissuto mille esperienze e nessuna, lavorato per ricchi e sbandati, rubato le vite degli altri per costruire quella perfetta, la sua. E' stato ovunque si sia fatta la storia, tra attentati e manifestazioni, rivoluzioni e feste, ha letto poesie, amato tante donne, ha usato molti corpi e abusato del suo, ha creduto di poter cambiare il suo paese e lo crede ancora, ha scritto libri scandalosi perché quella era stata la sua vita: uno scandalo, un esempio da dimenticare. Osannato e vilipeso, condannato e idolatrato. Un protagonista mai un comprimario. Ha sposato cause sbagliate e sparato su innocenti, è stato combattente e condannato. Romanziere, saggista, giornalista, sempre, un folle. Ma non si è tirato mai indietro e ha pagato i suoi errori.
"Appartengo a quella categoria di persone che non si sentono perdute in nessun luogo. Vado verso gli altri, gli altri vengono verso di me. Le cose si aggiustano naturalmente"
Inquietante, aberrante, difficile, una personalità complessa, eppure profondamente onesto nel suo rapportarsi agli ideali di sempre, a quel bisogno assoluto di esistere, emergere, vivere. Quasi una dannazione, ma nel suo fare, c'è la presunzione di poter assistere al trionfo della verità, "perché quelli che mentono hanno paura, lui no".
No, "nessuno è capace di amare a quel modo, selvaggiamente, con intransigenza", la propria visione di vita. Al punto di sacrificarle tutto. Limonov è il male e l'idea astratta di bene, al tempo stesso.
"E' un individuo magnifico, capace di atti mostruosi".

Romanzo, saggio, biografia, cronaca Limonov è un concentrato di adrenalina, uno schiaffo in faccia. Un libro che tutti dovrebbero leggere, per capire se stessi e il mondo intorno a noi.

giovedì 6 febbraio 2014

"Una bambina e basta" di Lia Levi

"Lanciamo occhiate supplichevoli a nostra madre chiedendole, certo senza saperlo, di riconsegnarci il nostro lindo mondo, ordinato come i quaderni di bella copia che hanno un foglio bianco nella prima pagina in modo che ci si possa scrivere con cura nome, cognome e classe, dentro una bella cornicetta disegnata a piacere con foglie fiori".
Una bambina guarda agli adulti per capire cosa accade intorno a lei, l'infanzia ha perso i colori, i rumori, gli odori che le sono propri. Non più giochi spensierati, non più piccoli sogni, non più i rituali di sempre. Da Torino a Milano fino a Roma. Un viaggio che nasconde il bisogno di fuggire dagli sguardi di chi li vede diversi, lo dice una legge, lo impone il nemico alle porte. Ricordi soffocati in fondo al cuore, la propria identità taciuta, persino negata. 
E' l'Italia, è la guerra, è la persecuzione agli ebrei.
"Recitiamo noi stesse, mimiamo una fanciullezza che non c'è più, fingiamo occhi e scoppi di entusiasmo, ma stiamo solo costruendo un film per la nostra memoria di un tremulo domani".
La vita domestica si mescola alle corse nei parchi, le assenze alle presenze, i divieti ai premi fino a che il male prende forma, e ha il volto dei vicini di casa, di uomini in divisa, di tanti che si arrabattano per sopravvivere ad una guerra che disumanizza, aliena, disgrega i popoli.
Lunghi mesi in un convento a nascondersi a tutti e lì si mastica paura.
"La paura è qualcosa che ti stringe la gola e ti regala un sapore di ferro in bocca, come le peggiori medicine di quando eravamo piccole. La paura va e viene, ti fa sprofondare e poi un poco risalire, ma ti lascia più incerta, più traballante, come un insetto senza zampe"
Fino a che Roma libera, le porte dei conventi vengono aperte e migliaia di piccole anime silenziose, strappate alla loro età, tornano a respirare vita, profumi e speranze.
Così una madre potrà rispondere alla sua piccola: "Non sei una bambina ebrea. Sei una bambina e basta". E in queste parole sta tutta la storia del primo novecento.

Il racconto intimo di una donna che torna bambina per descrivere l'olocausto, una testimonianza necessaria, una carezza ruvida al cuore di tutti.
"Siamo il vento sul mare, nessuno ci ferma, nessuno ci prende".

domenica 2 febbraio 2014

"Un uso qualunque di te" di Sara Rattaro

"A volte ci si accorge delle cose che ti fanno male solo quando è troppo tardi".
Un uomo corre in auto nel cuore della notte. La voce strozzata dalla paura basta appena a lasciare un messaggio sul telefono della donna che avrebbe dovuto trovare al suo fianco al risveglio e che invece non c'era, sua moglie Viola: "Sono in ospedale. Ti prego raggiungimi".
La donna abita un altro letto, dorme accanto ad un altro uomo. Non sa dire perché, da tempo capita e basta. Bugie, tante, a coprire un segreto che si porta dentro da molti anni e che irrompe nella notte buia dell'anima trascinandosi dietro i ricordi. 
"Nessuno può convincersi di stare bene se non si trova accanto a chi ama".
A quel tempo l'amore di Carlo non l'aveva difesa dall'incontro con Massimo, né l'aveva messa al riparo da se stessa, dai suoi bisogni, dai suoi sogni di ragazza. "Esistevo solo io, perché non esiste nulla di più egoista dell'amore".
Una gravidanza inattesa, la rinuncia a Massimo, la rabbia per essersi così esposta, la certezza dell'amore di Carlo. Anni di vita trascinata. Anni di silenzi. Poi il dramma di una vita spezzata, quella di sua figlia, forse per sempre. Un'ingiustizia che merita pegno sulla bilancia della vita che a lei ha dato e ora toglie.
"Pensai alla felicità. Forse non siamo destinati ad essere felici. Forse la gioia ha a che fare con un certo quantitativo di cose ottenute, una famiglia, dei figli, un marito che ti sta vicino e magari un buon lavoro. Forse essere felici dipende da quanto riusciamo a essere consapevoli di questo e quindi grati".
Viola ha poche ore per ripensare alla sua vita, solo un'occasione per riscattarsi agli occhi di suo marito, meritarsi la sua Luce, salvarla, emendare la sua colpa.
Poche ore per vivere davvero prima di un gesto di amore estremo.
La confessione di una donna, il coraggio straordinario di una madre.

"L'amore è una dipendenza".
Una storia che coglie impreparato il lettore, un personaggio femminile che si fatica ad amare semplicemente perché incapace di mostrarsi per quel che è davvero, una donna prigioniera delle sue colpe, delle sue paure, una fragilità che si fa forza e dirompente trascina il lettore in pagine di forte coinvolgimento emotivo. Impossibile non ritrovarsi nelle parole che rivolge alla figlia, un augurio speciale alla vita, o in quel suo accorato appello al marito "perdonami se non ti ho amato come avrei dovuto, ma solo a modo mio. Non smetterò mai di portarti con me".
E il lettore non smetterà mai di portare nel cuore il personaggio di Viola e la sua storia.
Impagabile descrizione dell'animo umano, folgorante la scrittura semplice ed emozionale della Rattaro.

"Curarsi con i libri" di Ella Berthoud e Susan Elderkin


Sarà che sin da bambina sono stata affetta dalla "più fortunata malattia cronica che ci si possa augurare di contrarre, la lettura" ma Curarsi con i libri è il libro che ogni lettore sogna di avere tra le mani.
La Berthoud e la Elderkin, avvalendosi per l'edizione italiana dell'ottimo lavoro di Fabio Stassi, confezionano un manuale di medicina dove trovare declinate tutte le affezioni del corpo e della mente, minuziosamente corredate di sintomi, diagnosi e va da sé, cure speciali: libri al posto dei soliti farmaci, "balsami balzachiani, lacci emostatici tostoiani, pomate di Saramago e purghe di Perec e Proust".
Articolata per voci la piccola enciclopedia medica, circa 600 pagine, pullula di disarmanti quanto mai appropriati farmaci e dosaggi librari; che siano patologie conclamate o malesseri saltuari, dolori fisici o paturnie, mancanze o piccole incapacità a relazionarsi con il mondo esterno quando non con se stessi, che la malattia sia stata appena diagnosticata o sia cronicizzata, le autrici propongono sempre una cura perfetta, ineccepibile, inappellabile e soprattutto senza effetti collaterali, se non l'auspicabile dipendenza dalla lettura. E' così poetico curarsi con le buone letture, abbandonarsi al piacere della pagina scritta che quasi quasi si vorrebbe sperimentare ogni forma di malattia per lasciarsi affabulare dalle mille e più storie proposte.
E' un sogno che si realizza questo libro. Bisognerebbe averne più copie da tenere in borsa, lasciare in auto, nel secondo cassetto della scrivania dell'ufficio, dal parrucchiere, insomma ovunque serva a distrarre da inutili incombenze, chiacchiericci isterici, attacchi d'ira o sbalzi d'umore, che dica cosa fare o non fare un momento prima di cacciarsi in qualche situazione imbarazzante, che spinga a riflettere, a sorridere per sdrammatizzare, smorzi il mal di testa e dissipi i dubbi sulle situazioni più disparate.
Serio e semiserio il libro della Berthould e della Elderkin si può non leggere come un romanzo, anche se per certi versi ne ha tutto il fascino, semplicemente è strutturato per assecondare tempi e bisogni del lettore consentendogli di saltare di voce in voce a seconda delle necessità rallegrando il cuore.
E' un dono speciale imbattersi nelle citazioni, nei suggerimenti d'autore, nei rimandi letterari, confrontarsi con voci sconosciute quanto con i grandi della letteratura di tutti i tempi, uno stimolo a cercare. E come non ritrovarsi nei disturbi della lettura: cosa fare per chi legge compulsivamente, per chi lascia un libro a metà, per chi dice di non avere tempo, per chi si isola dal mondo quando legge, per chi si vergogna di mostrare quel che legge, per chi non riesce a metter ordine nella biblioteca, per chi accatasta libri senza nemmeno leggerli e così via. E come non confrontarsi con le liste di libri buone per ogni occasione: per età, condizione, bisogno? Bellissime, una sfida. 
Curarsi con i libri è un gioioso tormento per i grandi lettori, una grande occasione per i non lettori. Un libro da regale per chiunque nella lettura riconosca uno strumento di felicità. Semplicemente perfetto.