martedì 31 dicembre 2019

"Il cuore non si vede" di Chiara Valerio

Andrea. Bello, intelligente, studioso di greco.
Laura, un avvocato. La sua compagna. 
Giovani quarantenni, dalla vita in apparenza perfetta. 
Una casa, un gatto, un vissuto quotidiano interrotto dalla presenza di Carla e suo figlio Simone.
Non amante ma amica, amata, alleata nelle piccole avventure, emozioni da provare ancora rubando tempo alle abitudini.
Intorno ad Andrea altre donne, l'amica dell'università, la sorella, la madre, la tata. Ognuna è parte di lui. 
Un giorno però il suo tutto si disgrega. 
Un mattino Andrea non sente più il suo cuore battere. 
Sembra impossibile eppure accade. 
Di cosa siamo fatti davvero?
Di cosa abbiamo bisogno per emozionarci?
Cosa ci rende persone? Uniche?
È possibile vivere senza cuore? Nella mitologia forse ma la medicina semplicemente non ammette la vita senza un cuore che batte.
Organi fantasma. Organi specchio. 
Cosa riflettono?
La vita fuori da noi. Le relazioni umane. I sentimenti.
Perché forse è davvero di questo che siamo fatti: relazioni, amori, affetti. 
E allora cuore, polmoni, fegato a poco servono. Non possiamo fare a meno delle relazioni umane, delle parole, degli scambi di umori, di regole infrante, desideri, sogni, illusioni, sofferenze. 
Ad ogni età. 
In ogni momento. 
Il cuore non si vede spesso anche quando c'è. Tutte le volte che manchiamo alle nostre necessità, quando facciamo un passo indietro, quando rifuggiamo l'amor proprio.

La narrazione di Chiara Valerio è istintiva, definitiva, scuote, scava dentro.
Indaga il nostro sentire. 
E costringe a prendersi carico della nostra coscienza. 

domenica 22 settembre 2019

"Impossibile" di Erri De Luca

Montagna.
Un uomo segnala un incidente lungo il percorso che porta alla Cengia del Bandierac.
Attende i soccorsi.
Di lì a poco si aprono per lui le porte del carcere. È sospettato di omicidio.
L'uomo scivolato nel vuoto lungo il percorso insidioso della montagna è stato un collaboratore di giustizia. Ha denunciato i compagni di lotta. Gli anni settanta sembrano lontani, ma l'uomo sulla montagna che ha segnalato l'incidente, li porta tutti dentro, compresi gli anni passati in carcere per colpa di quella delazione.
Quante probabilità che i due amici/nemici di sempre si ritrovassero sullo stesso scorcio di montagna?
Casualità?
Impossibile.
E invece no.
"Impossibile è la definizione di un avvenimento fino al momento prima che succeda".

Un giovane magistrato indaga. Dai lori incontri, verbalizzati emergono due visioni di vita opposte: ideali, sogni, senso di giustizia, esperienze, un quotidiano di partecipazione alla società che impatta spesso contro il muro delle regole così distanti dai bisogni della comunità.
Tanto ostinato a provare la colpevolezza dell'indagato da restare invischiato dal fascino oratorio di lui, un uomo nudo al cospetto della legge, limpido nel dire, nel fare. Un uomo che è libero dentro e tale rimane a dispetto della costrizione del carcere, libero nei pensieri che dedica all'amata in lettere di disarmante fascino emotivo.
L'uomo della montagna sarà scagionato e il giovane magistrato che fino alla fine avrà cercato di capire, forse persino accarezzato la verità, avrà davanti un nuovo approccio alla vita e alla professione.

Erri De Luca sorprende ogni volta con la sua scrittura. Brevi capitoli, si alternano i verbali dell'interrogatorio con le lettere alla donna amata, difformi anche nel carattere di stampa, volutamente. Tutto in apparenza semplificato. Ma è un obiettivo raggiunto con la fatica della penna. In anni di narrazione De Luca ha lavorato sul 'levare'. Il suo stile passa per un uso certosino della parola. Nulla è dovuto al caso. I rimandi e le citazioni colte sono presenti e dove non esplicite, frutto di introiezione consapevole.
Il pensiero dell'autore sulle lotte armate in Italia negli anni settanta è il tentativo di spiegare quel tempo e l'azione, non di giustificare alcunché. È la descrizione del contributo che parte di molti giovani pensavano di poter offrire per avere una società più a misura d'uomo, persino la parola comunismo viene resa fruibile. Il rapporto magistrato/indagato, complice l'età, si trasforma in allievo/mentore. Si indica un approccio nuovo alla conoscenza; interpretare il quotidiano avendo cura di conoscere il passato, e non solo, nell'indicare di andare in montagna, vi è l'invito a ripercorrere gli stessi passi per avvertire le sensazioni tutte che hanno colto chi è passato prima: esperienza, ovvero 'farsi sorprendere, inventando un approccio imprevisto'.
E le pagine dedicate all'ammoremio, come chiama la donna amata, sono l'appassionata dedica di un uomo alla persona che ha accettato di amarlo a dispetto del passato di lotta, carcere, silenzi. Una donna che ha imparato ad amare nei piccoli gesti quotidiani, guardandola sorridere, sbadigliare. 
"Impossibile" è un libro di una durezza impietosa e al tempo stesso dolcezza infinita, le due anime del protagonista. Silenzi, rimandi, aperture di cuore, compiutezza. 

domenica 15 settembre 2019

"L'uomo che trema" di Andrea Pomella

"L'uomo che trema" di Andrea Pomella potrebbe essere la storia di ognuno di noi. Un lutto, un tradimento, un abbandono. Un evento che irrompe inatteso nelle nostre vite e disorienta, devia il cammino presente e futuro. E lascia addosso smarrimento, dolore, ferite. Non è facile curarle, non è possibile incanalare il dolore senza che non ne resti traccia nel nostro pensarci parte di un tutto. Dare spazio a noi stessi, ascoltare le emozioni, rinsaldare la fiducia perduta è faticoso. C'è chi in apparenza si scrolla tutto di dosso ignorando il malessere, c'è chi alimenta la propria sensibilità con il carico di inadeguatezza e soffre, soffre, soffre. La depressione è il silenzio cupo che avvolge ogni azione quotidiana, che ovatta ogni pensiero, che sconquassa l'anima. Riconoscere il male che consuma è il primo passo verso la percezione del problema, segue il difficile percorso del ricorso alle cure.
Andrea Pomella è l'uomo che trema.
Racconta la sua malattia, originata nell'infanzia, dopo l'abbandono del padre. Una parte di sé, una melanconia latente, un cattivo carattere per la gente, che accompagna il suo agire pur non impedendogli del tutto il confronto con le aspettative della crescita, gli studi, il lavoro, l'amore.  Poi una mattina di primavera, per Andrea, tutto era esploso violento dentro di lui. Crisi di panico e la sensazione di una fine imminente. Eppure c'era una nuova casa, un lavoro più consono alle proprie inclinazioni, un figlio gioioso.
No.  Tutto era crollato.
E la sua depressione presentava il conto. Erano seguite terapie, irrequietezza, rapporti familiari messi a dura prova, corse, viaggi fuori e dentro di sé, reazioni fisiche ai farmaci, stravolgimenti psichici. Passaggi forzati senza fingimenti di un corpo e una mente che trovano il modo di farsi sentire.  Fino al confronto con il padre per il tramite del figlio che chiede di conoscere il nonno.  È il punto di svolta. 
"Sono di nuovo nel mondo. Sono rientrato lentamente, e altrettanto lentamente allungherò il passo - la natura non ha fretta, eppure il tutto si realizza - poco alla volta, fino alla completa guarigione". 
Una scrittura intima e al tempo stesso universale. Come il tema trattato. La depressione è raccontata, nei dettagli così umani della sofferenza e, al tempo stesso, sfrondata dal pudore di celare agli altri quello che non si può descrivere, perché la depressione per molti è una maschera per nascondere debolezze.
All'autore va il merito, di aver condiviso il suo vissuto, mettendolo a servizio del lettore. La parte che si fa tutto. La mano tesa verso chi sosterrà il suo tremore.

sabato 31 agosto 2019

"Più lontano di così" di Lucrezia Lerro

"Cercavo nelle parole la soluzione al dolore. Ora so che cela si può fare. È l'inaspettato gesto di passione il principio della salvezza personale".
Dicembre 1951. Un giovane soldato viene ucciso in piazza nel cuore di Roma. Colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata da una donna. Ignote le cause. Forse una passione illegittima, non corrisposta.
A distanza di cinquant'anni, a ripercorrere le tracce di quell'omicidio la nipote della vittima, Leda. 
Ossessionata sin dall'infanzia da quella storia taciuta, dalla foto di lui e dalle reticenze di tutti i suoi familiari. 
Bugie, omissioni, segreti. 
Di fondo un dramma che aveva segnato in maniera indelebile tutti, annegandoli nella malattia, nell'apatia, nel dolore. 
Leda era cresciuta nella povertà materiale e d'affetti, sconfortata dal rifiuto alla vita in cui scivola l'uomo annientato dal dolore, incapace di gestire la sopravvivenza. 
Figli di un meridione povero che snatura i rapporti umani e impone la partenza come colpa da emendare per aver diritto a un riconoscimento, Leda si impone di "fare quello che la gente in paese diceva che non si poteva fare", vincere ogni resistenza per avere il diritto di essere, a dispetto di tutto il dolore del mondo.

Un romanzo che attorciglia le budella e stritola l'anima del lettore rivelando i drammi familiari generati dall'incapacità a gestire il dolore, un vuoto che trascina giù, quando non travolge con una rabbia ingovernabile.
L'autrice ha una scrittura definita. Pungente. Dolorosa. Parla di noi, del male, del dolore che annienta, che fagocita tutto, della forza del riscatto. 
Lucrezia Lerro ti prende per mano e porta via in un passato di rancori e onore, "più lontano di così" da un oggi che dimentica chi siamo stati. 

sabato 24 agosto 2019

"La donna del ritratto" di Kate Morton

"La verità dipende sempre dal narratore".
Una borsa di pelle, tavole da disegno, il ritratto di una giovane donna. 
Elodie, archivista, dovrebbe limitarsi a catalogare i pezzi e passare oltre, ma sa di avere tra le mani una storia, che chiede di essere scoperta, raccontata. 
Una storia che riguarda la sua famiglia e che affonda nella Londra sporca e fumosa della seconda metà dell'Ottocento.
Ruota intorno a una casa, Birchwood Manor, immersa nella campagna dell'Oxfordshire, lungo le sponde del Tamigi.
Giovani artisti vi si erano riuniti per passare l'estate, fino alla tragedia che aveva segnato per sempre le loro vite.
Un omicidio, il furto di un diamante, la scomparsa di una donna. 
Da allora per il talentuoso pittore Edward Radcliffe vivere era tormento. 
Aveva perso la donna amata struggendosi nel dubbio che l'avesse ingannato. 
Ma era davvero andata così?
Birchwood Manor e la sua ospite del tempo, 'la donna del ritratto', sono pronti a raccontare un'altra verità.

Circa cinquecento pagine che volano via come nei più classici dei feuilletton e Kate Morton avvince il lettore sino alla fine regalando un affresco storico attento in cui incastrare personaggi che chiedono solo di raccontare e raccontarsi, è il caso di Birdie, l'ospite silente che attraversa il tempo accogliendo i visitatori a Birchwood Manor, è lei la donna del ritratto che ha solo desiderato credere in un destino diverso da quello riservatole per nascita in una Londra in cui la povertà marchiava a fuoco. La sua bellezza era stato il richiamo d'amore che le aveva fatto conoscere Edward, ne era diventata modella, musa, amante, moglie se cattiveria e invidia non avessero portato via tutto.
E la casa aveva nascosto la sua storia, il suo segreto, condizionando nel tempo le vite di molti dei suoi abitanti, visitatori, era successo con la stessa Elodie, che aveva compreso il senso di una favola della sua infanzia e aveva conosciuto per la prima volta davvero la madre, nota musicista, morta giovane, lontana da casa.
L'amore governa il mondo, agita i cuori, alimenta sogni e speranze, dona l'inebriante sensazione di essere invincibili. 
"Sei innamorata, perché l'amore consiste proprio in questo: nel coraggio di gettare la maschera, rivelando chi sei davvero a un altro essere umano, e accettare tuo malgrado la consapevolezza orribile che quella persona potrebbe non ricambiare mai il tuo sentimento". 

Plauso all'autrice capace di tenere la narrazione su più periodi storici incastrando personaggi e tessendo legami affidandosi a particolari intimi, minimi: una foto, una filastrocca, un disegno.
Il tutto per rendere a pieno una sensazione di smarrimento, un torpore dell'anima che richiama a qualcosa di ancestrale.
State entrando a Birchwood Manor e Birdie aspetta voi. 
"Sono l'aria in ogni stanza. 
Sono le lancette dell'orologio e lo spazio vuoto tra loro. 
Sono il rumore che sentite quando pensate che ci sia silenzio. 
Sono la luce alla finestra quando pensate che sia impossibile. Sono le stelle nel buio quando vi sentite soli". 

domenica 18 agosto 2019

"Almarina" di Valeria Parrella

"Almarina non aveva ricordi così ed era vestita di carta, ma possedeva la luce del futuro negli occhi: e il futuro comincia adesso".... 
a Nisida, isola senza partenza, dove i minori restano confinati dalla colpa.
E il giudizio è impietoso per la maggior parte di loro. La mancanza è il loro unico abito. La speranza è in chi si occupa di loro, spesso impotente, certamente dolente. 
Elisabetta Maiorano, la mancanza la conosce. Da quando il marito è morto all'improvviso per un infarto. La mancanza ha un tempo. Tre anni. E si è portata via tante cose: un quotidiano di piccoli rituali, schermaglie e il desiderio di maternità soffocate sotto il giudizio di un tribunale per un'adozione.
Nisida. Isola. La bellezza della natura spesso ignorata che sposa il sacrificio della reclusione. L'ignoto del tempo riservato ai suoi ospiti. 
Per Elisabetta che insegna matematica in carcere, Almarina è il tempo nuovo, la speranza, la mancanza che riempie.
È l'inatteso sentimento che travalica l'impegno, è l'opportunità di farsi ponte, partenza per quella vita che chiede di sbocciare. 
Forzando paure, silenzi, ostaggi del cuore, lutti e addii Elisabetta si offre di prendersi cura di Almarina.
L'esito è incerto, ma tentare è forma di resistenza alla vita.
In fondo, "mi chiamo Elisabetta Maiorano [...] e spero. E non riesco a smettere: mi sveglio e spero, e solo per questo che non temo il giudizio". 

'Almarina' è un libro di intensa gioiosità benché la storia sia ambientata in un carcere minorile e le vite dei giovani detenuti siano ostaggio di un agire delinquenziale. Passato segnato da violenze, futuro ipotecato. Di mezzo l'attenzione alle persone in un carcere che si pone davvero l'ardito compito di vincere i pregiudizi e sostenere la crescita dei minori con tutti gli strumenti a disposizione, lavoro, gioco, studio, laboratori, ascolto partecipato.
Quello tra Elisabetta e Almarina è il rapporto di scambievole aiuto, fiducia, affetto che riconoscono i bisognosi: tutti quelli che decidono di darsi la possibilità di provare ancora, ricominciare, a dispetto degli avversi accadimenti della vita.
Valeria Parrella ha una scrittura nitida, definita. Poche parole per descrivere il mondo del carcere ed emozionare, costringendoci a guardare, a non voltarci da un'altra parte: "il carcere è un dolore che non finisce, da cui non puoi mai distrarti". 
E le protagoniste femminili di 'Almarina' rinnovano un tacito rapporto di genitorialità 'altra', consapevole che ricuce dolori pesanti per entrambe: "ti diventa chiaro all'improvviso che non sono i genitori a fare i figli, ma i figli a fare i genitori".
Una macchia di color fucsia Almarina quando si allontana da Nisida, un invito alla vita che riprende, come per Elisabetta, l'amore per l'uomo perduto nel cuore, e la sfrontatezza di credere ancora nel buono della vita, per 'scacciare la paura e il freddo per tutta la notte che resta, fino a che sorga il giorno, ora lontano'. 
'Almarina', un libro che resta nel cuore. 

sabato 17 agosto 2019

'Enigmi' di Louisa May Alcott

"L'inizio è stato individuato e il mistero risolto". 
Seconda metà dell'Ottocento. Inghilterra. Uno scrivano in cerca di fortuna trova lavoro per un giovane aristocratico. Ricopiare un manoscritto sulla politica italiana è il suo compito. Almeno ufficialmente. Perché il lavoro gli è stato procurato da qualcuno che ha a cuore di scoprire cosa accade davvero nella magione dei Noel, e che richiede rapporti precisi degli avvenimenti.
Non facile se il sig. Noel è tanto fascinoso quanto misterioso, così la cugina malata di cui si prende cura. Eppure nulla è come sembra. Gaie risate, canzoni, musiche giungono lontane nella notte a rompere il silenzio, turbare il sonno. Mezze frasi rubate, missive, arrivi ed addii fino all'assurdo che si rivela e che baratta forse l'amore con il tradimento.
Un giochi di 'enigmi' che ispira l'autrice in quel che agli inizi della sua carriera le riesce meglio, mescolare i generi, lasciarsi contaminare dalle esperienze di vita e studio, affondare negli escamotage scenici per catturare l'attenzione del lettore. Politica nazionale e internazionale, filosofia, teatro, lotta per l'emancipazione sociale della donna, tutto e di più irrompe nella scrittura della Alcott di cui una preziosa appendice a cura di Daniela Daniele racconta la produzione letteraria colmando il vuoto degli esordi, troppo spesso confinato in un angolo dal successo internazionale di 'Piccole donne'.
La figura di Louisa May Alcott merita maggiore attenzione, bene dunque la proposta editoriale dell'editore Elliot che permette di leggere suoi piccoli racconti inediti. 

sabato 10 agosto 2019

'Scintille', Federico Pace

"Ciascuno di noi non è altro che i legami che tiene in vita. Ciascuno di noi è il frutto di ciò che riesce a scambiare con chi ha incontrato nel tempo. Siamo la somma delle relazioni che abbiamo saputo alimentare con la cura, l'attenzione, lo slancio e la passione".
Fratelli, amici, nemici, amanti, avversari, uomini o donne, vite che si incrociano, si raccontano, emozionano. 
Capita ogni giorno che qualcuno irrompa o sfiori appena la vita di un altro, deviandone il corso, illuminandola, ispirandola. Che sia per un attimo, un giorno, per sempre sono gli incontri a rendere uniche le nostre vite.
Federico Pace ha il dono di raccontare in poche pagine storie che rievocando incontri speciali parlano a noi, alla sfera più intima, regalandoci con un senso di partecipazione empatica tutta la bellezza di un vissuto universale che rivela il rapporto indissolubile tra madre e figlio, la pietas dello sconfitto per il vincitore, l'amicizia che supera il primo pregiudizio per dimostrarsi punto fermo o si spegne dopo anni di sodalizio artistico che consuma tutto tranne la consapevolezza della fine, l'amore che si totalizza o si sfalda nella sola passione, il silenzio tra prigioniero e carceriere che saprà farsi senso unito alla parola libertà e ancora l'invidia sottaciuta verso il fratello unto dal talento o l'irruenza della cospirazione.
Vite illustri che ispirano il quotidiano, la scintilla di un incontro che si fa destino.
Storie preziose quelle di Federico Pace, viaggi ad occhi aperti che rinsaldano il nostro stare in mezzo alla gente. 

sabato 3 agosto 2019

"La memoria della cenere" di Chiara Marchelli

"La felicità è un anelito mobile e impreciso, e non dovrebbe avere nome".
Ricostruirsi, passo dopo passo, giorno dopo giorno.
Deve farlo Elena, dopo l'aneurisma che l'ha colpita nella sua casa di New York. 
Il suo mondo, la quotidianità in pezzi.
Poi, la decisione di trasferirsi nella campagna francese, nel paese d'origine del compagno, Patrick, ai piedi di un vulcano e seguire i ritmi lenti della vita di paese che conciliano il suo recupero.
Gente semplice che ascolta e racconta dell'infanzia di Patrick: il suo maestro, i compagni di gioco, i primi amori.
Per Elena tempi nuovi che la aiutano ad accogliere in visita i genitori e mostrarsi cordiale a dispetto della malattia che l'ha segnata. Ma l'eruzione improvvisa del vulcano costringe ad una coabitazione forzata, e l'allegria delle prime ore lascia spazio a sentimenti nuovi: inadeguatezza, confronto, attenzione costante.
Mentre fuori la natura si ribella e la cenere copre ogni cosa oscurando il cielo, smorzando il respiro, dentro Elena sfida il suo corpo, forza le sue energie ed evade dalla gabbia della malattia per riappropiarsi del suo tempo, della sua essenza, dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti.
Conserverà la memoria di quei giorni come dolorosi e preziosi, perché le hanno riconsegnato tutto il suo vissuto e insieme un presente di lotta e desideri nuovi.
Un inizio, una nuova vita, un principio a cui rifarsi. Smessi i grazie della presa in cura, dei piccoli passi, dei sorrisi pietosi. È giunto il tempo di strappare alla vita le emozioni pure, di farsi dono.

La scrittura della Marchelli è un piccolo prodigio. È netta. Le parole sono ognuna una piccola chiosa, a concetti così ben espressi, così rispondenti ai sentimenti di chi legge da non poter fare a meno di sentirsi parte del romanzo. È a me che parla, viene da dire. Nelle descrizioni dei rapporti con i genitori, nei dubbi della figura del partner, "è davvero la stessa persona di cui mi sono innamorata?", nella scrittura come strumento di terapia, nella natura madre/matrigna che livella ansie e paure costringendo a situazioni estreme, nell'analisi dei sentimenti che attanagliano l'anima e fanno sentire vivi, benché la vita sia dolore.
"La memoria della cenere" è un libro da regalare e regalarsi, per parlare alla parte di noi che costringiamo al silenzio e che invece merita voce.

giovedì 25 luglio 2019

"L'interprete" di Annette Hess

1963. Germania.

E' una giornata come tante. Eva è in attesa sull'uscio della porta l'arrivo del fidanzato. E' Natale, e quel giorno Jurgen conoscerà i suoi genitori, e forse chiederà al padre di poterla sposare. Eva è traduttrice ed interprete. Proprio per lavoro ha conosciuto Jurgens. Ha una conosciutissima ditta di spedizioni. I cataloghi della _ arrivano in tutta la Germania. Eva ha paura che la sua famiglia possa non piacere al fidanzato. I genitori gestiscono una trattoria, e poi ci sono il fratellino Stefan e la sorella maggiore infermiera. Così semplici per un uomo che vanta un solido patrimonio. Eppue proprio in quel giorno di festa la vita di Eva rischia di cambiare per sempre. Per lavoro è costretta a tradurre dal polacco per il tribunale la testimonianza di un sopravvissuto ad Auschwitz. Eva si sente pronunciare le frasi senza senso e vergognarsi per non aver capito, forse per non aver voluto capire. Era cominciato così il suo contributo al processo di Francoforte. Aveva accettato di essere l'interprete dei testimoni dell'accusa, di comparire ogni giorno in tribunale vincendo ansie e ritrosie, di confrontarsi con una realtà storica sconosciuta, con l'interesse morboso della stampa e del pubblico presente. Aveva sfidato il fidanzato che avrebbe preferito non lavorasse, non si confaceva al ruolo di futura moglie di un imprenditore di successo. Aveva disatteso la preghiera dei genitori di rifiutare quell'incarico e l'ostilità di tutti per scoprire che quella storia assurda la coinvolgeva più di quanto pensasse, perché parlava di lei, della sua infanzia, della sua gente.
I ricordi di bambina, voci, odori si mischiano alle testimonianze dei sopravvissuti, agli sguardi di indifferenza degli accusati, al lavoro straordinario degli avvocati, e infine la visita al campo di concentramento spinge Eva all'atroce verità di una sua presenza lì, del silenzio connivente dei suoi genitori, del male che resta compresso negli spazi vuoti, che traspira dai muri scrostrati, dagli oggetti che raccontano del male di cui è capace l'uomo.
Impossibile perdonare il silenzio dei propri cari, impossibile restare intatti, puliti dal confronto con l'orrore, con l'abiezione di chi sfrontatamente a distanza di anni dichiara di non aver fatto altro che il proprio dovere, di aver obbedito semplicemente agli ordini.

La narrazione della Hess è lineare, stringente, edulcorata dal pietismo. Descrive la società tedesca degli anni '60 in pieno risveglio economico, dove la figura femminile rivendica il proprio ruolo.
Eppure non è solo la donna ad emanciparsi ma un intero popolo, rispetto ad un passato che si è frettolosamente dimenticato.
E' con i processi che riemerge tutto l'orrore dell'olocausto. E si rivela dannoso aver emendato la colpa attribuendola alla semplice esecuzione di ordini. La connivenza, l'incapacità a maturare una coscienza collettiva emerge da tanti passaggi del libro e dal comportamento dei personaggi, su tutti Eva. Folgorante il confronto con il signor Jaschinsky, il parrucchiere, sopravvissuto allo sterminio. Eva si scusa, lui comprende e spiega a chi lo interroga: "Conforto. Voleva che la confortassimo". Le parti si invertono. 

Più di  vent'anni fa lo storico Goldhagen pubblicava un interessante saggio sul rapporto tra i tedeschi comuni e l'Olocausto intitolato 'I volenterosi carnefici di Hitler', la Hess romanza il contesto storico e lascia che la sua Eva espii a suo modo la colpa dei genitori, "le persone che erano state dal lato giusto della recinzione non avrebbero mai capito cosa significasse essere prigionieri in quel lager. Si vergognò profondamente, avrebbe voluto piangere ma non ci riusciva, solo un odioso rantolo le uscì dalla gola. Non sta a me neppure piangere ". 


E dalle ceneri della disperazione Eva trova il coraggio di guardare all'uomo un tempo amato, per dirgli, sicura di sé stessa: "Il sentimento d'amore in me è indistruttibile". 
E la vita può ricominciare arricchita dalla conoscenza del proprio passato. 

giovedì 18 luglio 2019

"Il bosco silenzioso" di Wolfram Fleischhauer

Sono trascorsi vent'anni dall'ultima volta che Anja Grimm ha visitato i boschi della Baviera, nei pressi di Flossemburg.
Era il 1979, lei e i suoi genitori trascorrevano le vacanze estive presso la tenuta dei Leybach. Passeggiate, giochi all'aperto, scampagnate. Poi suo padre era sparito nel bosco senza farvi ritorno. E tutto era cambiato per Anja e sua madre. Silenzi, difficoltà, solitudine.
Erano passati gli anni, Anja aveva smarrito un po' il senso delle cose, ma aveva capito alfine che solo il bosco le dava tranquillità, lì alle origini del male doveva tornare per placare l'ansia che l'attanagliava togliendole il fiato.
Era stato il suo stage per la facoltà di scienze forestali a riportarla a Flossemburg. E improvvisamente tutto era precipitato di nuovo. I luoghi in cui un tempo risuonavano le gaie risate di bambini si fanno pregne dell'orrore di un omicidio. Poi di un suicidio. Che cosa era successo davvero vent'anni prima a suo padre? Chi cerca di ostacolare le sue ricerche? Chi segue tutti i suoi passi nel bosco? Perché sono stati abbattuti degli alberi?
Con i compagni di gioco d'un tempo, i fratelli Lukas e Rupert ormai adulti, Anja dà forma ai ricordi d'infanzia e ricostruisce l'orrore che il bosco ha cercato di nascondere per cinquant'anni. Un orrore che non può essere più tacitato perché lacera la coscienza di un'intera nazione.
Un orrore che si chiama olocausto.
Wolfram Fleischhauer confeziona un thriller lucido e inquietante perché scava nell'animo di un secolo, il Novecento, piagato dai rigurgiti di coscienza della nazione tedesca correa dei nazisti.
Carnefici che avevano smesso divise ed omicidi per indossare abiti civili di irreprensibili padri di famiglia. Una narrazione elegante che lega pathos a ricerche storiche.
Coraggioso il ricorso all'immediatezza del romanzo per far riemergere tutto il male di cui sono stati capaci gli uomini.
Ne "Il bosco silenzio" la protagonista, Anja Grimm, nome e corpo da eroina da favola, voluto ossimoro, guarda nell'abisso del male di cui è stato capace l'uomo per riemergere con la determinazione data dal giusto agire.
Un thriller non convenzionale, raffinato come tutti i romanzi di Fleischhauer. 

domenica 14 luglio 2019

"M. Il figlio del secolo" di Antonio Scurati

"La sfinge della storia siede muta, inamovibile, su ciò che è stato, che sarà, che avrebbe potuto essere e che invece resterà per sempre increato".'
M. Il figlio del secolo' racconta dell'ascesa di Benito Mussolini al potere, dalla fondazione dei fasci a Milano nel marzo del 1919 al discorso che tenne alla Camera dei deputati nel gennaio 1925 in cui rivendica la responsabilità dell'assassinio di Matteotti e che segna storicamente l'avvio della dittatura.
Quella di Scurati, di recente premiato con lo Strega, è un'opera imponente. Non solo per numero di pagine, ben più di ottocento, a cui seguiranno quelle degli altri due volumi, che completeranno il racconto sulla dittatura di Mussolini, ma perché si usa la forma del romanzo per raccontare quello che sino ad oggi è stato solo a disposizione della saggistica.
La storia qui non viene interpretata, ma raccontata - pur con qualche inciampo - di più romanzata per portare il lettore sulla scena del tempo, per descrivere il paese che anelava la pacificazione, sperava di dimenticare gli orrori e gli errori del primo conflitto mondiale, bisognoso di lavoro, diritti sociali, considerazione. Un paese diviso tra anarchici, socialisti, liberali asserviti alla vecchia politica di palazzo, e ad una monarchia silente.
Scurati prende in mano i documenti storici e affonda la penna nel racconto di un tempo abitato da tanti protagonisti, necessari a comprendere l'agire di un uomo che aveva fatto e detto tutto e il contrario di tutto e che "ambiziosissimo, è animato dalla convinzione di rappresentare una notevole forza nei destini d'Italia".
Sfera privata e pubblica, donne amate e amanti, compagni di partito, nemici politici, maggiorenti della società, uomini di potere, intellettuali. Tutti segnano l'agire di Mussolini.
Le sue parole, la descrizione finanche fisica di un uomo elevato dall'amore di una donna - la Sarfatti - a qualcosa in più del rozzo provinciale tutto impeto e violenza, la certosina proposizione di tutti gli eventi accorsi dal momento della fondazione dei fasci, fanno dell'opera di Scurati il tentativo di fornire al lettore gli strumenti per inquadrare la spasmodica ascesa al potere del dittatore che impietosamente ha distrutto il paese.
E comprendere per il tramite del passato il nostro presente. 
Un'opera coraggiosa, un romanzo documentario, un interessante tentativo di commistione di generi. 

lunedì 1 luglio 2019

"Le signore in nero" di Madeleine St John

1950. Sidney.
Grandi Magazzini Goode's.
La città insegue il sogno di bellezza facendo acquisti alla moda.
Nel reparto per signore, quattro donne vendono abiti da cocktail e  d'alta moda, nascondendo. dietro ampi sorrisi e una seriosa divisa nera,  sogni, promesse, aspirazioni, pensieri.
Sono così diverse tra loro Patty, Fay, Lisa e Magda.
Lisa è in prova, sembra un pulcino spaurito al suo primo giorno di lavoro. In attesa dei risultati del diploma, ha nei libri e nella poesia, la sua ancora di salvezza. Sogna l'università ma imparerà a guardarsi intorno, a lasciar sbocciare la sua bellezza acerba, a credere in se stessa, complici i consigli amorevoli e le iniezioni di coraggio di Magda.
Autorevole, brillante, l'unica europa del gruppo, così charmant, amabile, una mentore per Lisa e un faro per tutte, a volte troppo luminoso, al punto da intimorire per le sue conoscenze, un savoir faire elegante che incanta le clienti più ricche della città con modelli unici delle grandi maison parigine.
Patty sembra sempre insoddisfatta. Un marito insignificante. La maternità che non arriva, le chiacchiere della madre, i giudizi severi delle sorelle.
E Fay, graziosa ma in attesa dell'uomo ideale, e intanto gli anni passano e la felicità sfuma.
Intorno la vita della grande città scorre.
Così il lavoro. Abiti da sistemare, clienti da accontentare, lo shopping natalizio, i saldi. Le signore che si alternano mentre le giornate volano via, in apparenza tutte uguali.
Ma non per le quattro vendeuse.
Una festa, un incontro, una camicia da notte di pizzo e all'improvviso i sogni tingono di rosa la realtà per donne decise finalmente a prendere 
in mano la propria vita, a convincersi delle proprie capacità, a porsi obiettivi e raggiungerli.
Il XX secolo è di chi osa, delle donne pronte ad amarsi ed essere ben consce del loro posto nel mondo.

Deliziosa Madeleine St John.
Il suo 'Le signore in nero' strappa dal torpore della banalità e trascina il lettore nel buonumore.
Un piacere inatteso. Una narrazione briosa, coinvolgente.
Un romanzo corale, femminile, di formazione, di intrattenimento.
Godibile dalla prima all'ultima pagina.
Un romanzo sull'amore, protofemminista, di impatto emotivo. Una fiaba d'altri tempi in cui ognuno trova il suo spazio.
Un classico, nella sua costruzione, pur datato solo 1993 ed inedito sin qui per il pubblico italiano. 

domenica 30 giugno 2019

"Il cuoco dell'Alcyon" di Andrea Camilleri

"Pariva che ogni cosa si fossi firmata aspittanno la scomparsa della luna".
E con la luna la serenità, per il commissario Montalbano. 
A riempire le giornate di lavoro solo carte da firmare, poc'altro. 
Il suicidio di un operaio in una fabbrica prossima alla chiusura per colpa della totale incapacità del giovane proprietario, tal Trincanato. 
Interessato a sperperare nel gioco d'azzardo il patrimonio di famiglia. 
Eppure la sua morte e un bellissimo veliero spuntato nel mare di Vigata all'improvviso qualche segreto nascondono. 
Ma ora che le indagini paiono farsi interessanti Montalbano sembra tagliato fuori. Costretto prima a ferie d'ufficio poi screditato pubblicamente infine radiato. 
Ma cosa aveva combinato per incorrere nell'ira del questore e dei vertici della polizia?
Uomo d'azione, intollerante alle regole ma ispirato investigatore, Montalbano pensa di essere in uno degli strani sogni che spesso anticipano gli accadimenti quotidiani.
E invece..
..peggio che nelle litigate con Livia, la fantasia supera la realtà, chiedendo a Montalbano e al suo fidato collega Fazio, coraggio, trasformismo, azione fino all'estremo sacrificio. 
Fattezze snaturate, tanto pathos, un racconto periglioso, a metà tra epica e grandeur hollywoodiana, farfanterie come le chiama Montalbano e ironia.
Camilleri non delude e imbastisce una 'storia da film' che non oscura il personaggio Montalbano, se mai lo incornicia nel suo agire classico: pensiero intelligente, azioni mirate, collaboratori fidati.

venerdì 28 giugno 2019

"Non leggerai" di Antonella Cilento

"Abbiamo una cassa da morto ma non il morto, due fratelli che cercano una nonna, libri seppelliti al posto di cadaveri. Libri illegali.. E una gang". 
Help e Farenait frequentano l'istituto onnicomprensivo Pino Daniele, una delle cinque Scuole Riassunto di Napoli. 
Da quando il Governo ha decretato che leggere è inutile, bastano pochi riassunti veicolati su telefoni cellulari o dispositivi elettronici. Brevi messaggi, quiz al posto dei compiti in classe, tanti video. 
Se leggere è dannoso, pensare è pericoloso. "Le idee sono il male". 
Ma Farenait che sfida le regole collezionando video con gli ultimi istanti di vita degli anziani si lascia convincere a rubare un feretro da Help e quale sorpresa sarà trovarvi all'interno libri. 
Vietati. Leggerli è il passo successivo e segnerà la definitiva ribellione delle due ragazze, consapevoli delle assurde leggi, dei divieti, del pensiero unico imposto a tutti. I grandi classici insegneranno ad Help e Farenait il senso di libertà, la passione, l'amore, regalando la forza dell'amicizia, l'inattesa solidarietà dei vicini di casa, la conoscenza e saggezza degli anziani che trasmettono il ricordo e il sapere, e il cuore palpitante di un primo, grande amore.
Un piccolo romanzo esaltante, una forma di resistenza civile perché la letteratura in ogni tempo ha segnato le coscienze e folgorato i cuori degli impavidi. Un romanzo giocato sui paradossi che descrive una società non così diversa da quella che abitiamo.
La storia di una bellissima amicizia tra ragazze. Una narrazione intrigante che mescola realtà e fantasia giocando con le parole... parole che semineranno la curiosità, la voglia di pensare, tornare a sognare, per essere davvero liberi. 

sabato 22 giugno 2019

"Fedeltà" di Marco Missiroli

"La verità è ciò che si ricorda".
Ma la verità Margherita non la conosce. Non sa cosa è accaduto nel bagno della facoltà di lettere tra suo marito e una giovane studentessa sorpresi in atteggiamento sconveniente. 
Non sa cosa chiedere a sé stessa. L'agenzia immobiliare appena aperta, una casa bellissima che vorrebbe comprare per sé salvo costare una cifra spropositata ed essere disposta a tutto per averla, anche mentire, anche accettare l'aiuto del suocero che tratta suo marito come un ragazzino svogliato, insoddisfatto, indeciso sul futuro.
E in fondo Carlo non è davvero così? Imbambolato nel sogno di scrivere, e un principio di insofferenza alla propria fragilità, quella linea di confine da abitare per alcuni istanti senza esserne occupante, così da lasciare in sospeso il desiderio per Sofia, e tornare da Margherita, dal suo corpo, da quella strana sensazione di appartenenza tra loro. Eppure Margherita era andata in cerca di quella verità per scoprirne un'altra, che la parola fedeltà poteva avere accezioni diverse anche per lei, cosa aveva significato se no il desiderio per Andrea, il fisioterapista, il suo tocco deciso e delicato? Avventurarsi nella vita di lui così complicata?
E la verità Margherita l'aveva cercata anche  in sua madre Anna, nelle sue mani che avevano cucito abiti e silenzi, rammendato stoffe e sentimenti sgualciti dall'abitudine e forse dal tradimento del marito, per questo comprendeva sua figlia e ospitava nelle ore dei giovedì i sogni del genero: ascoltavano insieme vecchi dischi, lui leggeva e scriveva, lei lo guardava dandogli riparo e sostegno.
Alla fine il tormento si era quietato, così era sembrato, ma era tornato più volte di un tempo, anni dopo, a insidiare una famiglia, perché era arrivato Lorenzo a riempire tutti gli spazi liberi del loro cuore.
Cosa erano, non avrebbero saputo dirlo Carlo e Margherita, forse semplicemente due persone che attraversavano insieme la vita, con stoltezza e passione, con incertezza e paura, con il senso fragile del tempo coniugato in un infinito di ore e la disperazione di un poter essere che si scopre all'improvviso più reale di ogni desiderio e diventa il tempo giusto da vivere.
Per amare e lasciarsi amare.

Missiroli scrive un romanzo intenso, disturbante a tratti, perché i suoi personaggi sono veri, impauriti, in attesa di qualcosa, ancora non proni alla banalità dei sentimenti e alla rassegnazione dell'agire comune. Sbagliano. Si illudono. Aspirano a non cedere alla mediocrità di storie scritte dalle convenzioni. Sbagliano appunto, sperimentano, cadono e si rialzano, adattano le loro vite ma non barattano con nulla la loro voglia di felicità, autenticità. 

martedì 11 giugno 2019

"L'annusatrice di libri" di Desy Icardi

"Ci sono persone a cui piace annusare i libri: alcuni amano l'odore della carta e dell'inchiostro quanto, e talvolta di più, dello stesso contenuto dei libri".
Alcuni vanno oltre. L'odore dei libri racconta, amplifica le sensazioni provate da tutti quelli che hanno letto prima e descrive storie, personaggi, ambienti. Porta in mondi paralleli, attraversa paesi, città. E inquieta. 
Per Adelina è tutto nuovo.
Torino: una grande città al cospetto del paesello da cui è stata allontanata. 
La scuola: additata per i suoi calzettoni, il berretto di lana, quel panino con la frittata mangiato di nascosto, e la scena muta alle lezioni del reverendo Kelley.
L'amicizia con Luisella è l'occasione per scoprire il potere dei libri, l'amore per le storie, ma non come fanno tutti, leggendo.. semplicemente odorando.
E Adelina scopre la bellezza delle parole, ed è una forza che trascina, può tutto. 
Persino leggere odorando testi in lingue straniere, sconosciute, perdute nei secoli e così finire per attirare l'attenzione di quanti aspirano a decriptare un oscuro testo antico. 
Da Torino a New York, in un viaggio che sembra sfidare il tempo, Adelina capirà che spesso sono i libri a leggere noi stessi rivelando tutto il mondo che abbiamo dentro.
"L'annusatrice di libri" è un petit divertissement. C'è tutto quello che può catturare l'attenzione dei lettori. Libri, libri e ancora libri. L'idea che si possa leggere non con gli occhi ma annusando. Personaggi divertenti, da madame Peyran all'avvocato Ferro. Storie nelle storie, mistero e continui rimandi letterali.
La lettura scorre veloce. La sensazione è che sia stata abilmente costruita a tavolino, complice la capacità dell'autrice di mettere insieme pezzi di altre storie e ispirazioni di grandi classici, es. "Jane Eyre".
È adorabile la piccola Adelina ma sua zia Amalia è impareggiabile. Vale la pena solo per lei mettere il naso nel libro della Icardi. 

domenica 26 maggio 2019

"La versione di Fenoglio" di Gianrico Carofiglio.

Pietro e Giulio. Due uomini, vite che si sfiorano in un centro di riabilitazione. Esercizi di fisioterapia sotto gli occhi attenti della materna e simpatica Bruna che ha visto nell'incontro dei due la possibilità di un'amicizia, forse qualcosa di più. Perché vincere la ritrosia, riempire il silenzio, colmare l'imbarazzo si può in certe circostanze raccontando qualcosa di sé. Nel caso di Pietro, carabiniere prossimo alla pensione, l'occasione è opportuna per confrontarsi con il passato di esperienze di lavoro, ricche di intuizioni, errori, impacci, inciampi, buone indagini, successi, necessari ad addolcire il solco amaro del tempo che fugge ma soprattutto viatico per il giovane Giulio, ventenne dal futuro ancora da costruire. Cosa vuol far da grande Giulio ancora non lo sa, tanto bravo a mimetizzarsi tra amicizie, studio, famiglia, tra quello che gli altri si aspettano e quello che sogna, forse scrivere. 
Pietro "si chiese se avesse senso, se valesse la pena di raccontare certe cose". Gli occhi di Giulio, la sua capacità di ascoltare sono il passo necessario a vincere le paure di Pietro e accedere alla valigia dei ricordi e passare esperienze, sensazioni, desideri al ragazzo. Come un ragazzo si sia trovato per caso a fare il carabiniere, come abbia avuto la prima intuizione in un'indagine, come abbia imparato nel tempo a rispettare qualunque persona avesse di fronte, come avesse preso a riconoscere la paura, e soprattutto la menzogna, come avesse dato peso all'umanità in ogni gesto, come non avesse mai dimenticato lo sguardo di un assassino, come la vita riservasse versioni infinite di felicità ed infelicità, come non si dovesse mai perdere rispetto per se stessi, come temere chi si lascia corrompere dalla sete di potere, come rispettare la legge, come diffidare delle etichette, come dare forma ad un progetto di vita, non mancando mai di rispettarla, averne cura.
Giulio farà tesoro del tempo condiviso con Pietro Fenoglio, delle sue parole, pronto a tuffarsi nella vita, viaggiare, trovare la sua strada, fidando nelle divergenze, ovvero "non di quello che conferma, ma di quello che contraddice".
Una narrazione decisa per l'intensa e coinvolgente storia del giovane Giulio e del suo mentore Pietro. Un piccolo manuale su come eseguire una corretta indagine che si presta ad essere un prontuario di vita, un corredo di riflessioni buone ad animare gli animi indecisi. Una scrittura elegante, curiosa, intelligente.

lunedì 13 maggio 2019

"Non fa niente" di Margherita Oggero

"Di fronte a ogni ostacolo la reazione era stata sempre: nicevò".
Nicevò. Non fa niente.
Esther ricorda le parole della sua trisnonna.
Le ha fatte sue. Ha dovuto. Quando da ragazzina sua madre si è innamorata di un altro uomo e lei ha sofferto la sua partenza. Quando il suo primo grande amore Manfred si dimentica di lei preferendole Hitler, il nazismo, la supremazia della razza ariana sulla gente come lei, rea di essere ebrea. Quando il suo paese, la Germania, diventa terra di conflitto e orrore e lei è costretta a fuggire in Svizzera, nascondendo la sua identità. Quando suo padre muore in Germania lontano da lei.
Nicevò. Non fa niente. E invece sì. Fa male. Sentirsi tradita, abbandonata, sentirsi sempre spiata, come con quel giovane ingegnere italiano che dimostra interesse per lei. Parla tedesco, frequenta i suoi corsi in università.
Solo coincidenza. Sì, nicevò. Non fa niente. La guerra sta per finire e lui, Riccardo Olivero, ha attraversato l'Italia per raggiungerla a Zurigo, dichiararle il suo amore, chiederla in moglie. Può resistere questo amore, alla vita, nonostante tutto? 
Esther sposa Riccardo e lo segue in Italia, in un piccolo paese di provincia. L'Italia è un paese da ricostruire, ovunque miseria e patimenti. Lei è una straniera, ebrea, è sfuggita alla morte, ha studiato, è ricca ma agli occhi della gente di paese a partire da sua suocera è una donna fredda, altera, inadatta agli Olivero. Proprio come Rosanna, la giovane cameriera di casa. Bella, bellissima ma additata dalla gente come una poco di buono. La vera colpa di Rosanna è la povertà, un padre violento, ubriaco, poco più che una larva quando reduce dalla guerra torna a casa. Rosanna non vuole la vita della madre, sacrifici, silenzi, schiaffi. Desidera di più, essere felice, libera, provvedere a sé stessa. È curiosa, instancabile, intelligente. Esther riconosce in lei un'anima affine, sincera, onesta, buona. E a lei propone di partorire suo figlio. Perché a Riccardo, che ha iniziato ad amare davvero, vuole dare un figlio che lei non può partorire. È un'idea folle. "Può esistere un amore di madre che non contempli l'esclusiva, che accetti di essere condiviso con chi madre non è ma risulta ufficialmente esserlo?"
Sì, e a dispetto del tempo, del vissuto personale, dei dolori, Esther e Rosanna sapranno essere madri, rispettare il loro ruolo, volersi bene. Giorno dopo giorno, Esther insegnerà a Rosanna, trasmetterà sapere e riceverà amicizia, affetto. Rosanna riuscirà ad emanciparsi, aiutare la sua famiglia, costruirsi una nuova vita in città, a Torino. Continuare a studiare, lavorare, persino innamorarsi, senza mai allontanarsi da Esther, Riccardo e il piccolo Andrea.
Coraggiose, determinate, appassionate Esther e Rosanna torneranno ad abitare insieme dopo la prematura scomparsa di Riccardo, si sosteranno a vicenda. Protagoniste nel lavoro, del loro tempo, consapevoli della loro unicità, unite dall'amore per Andrea, straordinariamente donne.
'Non fa niente' di Margherita Oggero è una storia semplice, di una bellezza struggente. Una narrazione definita, l'amicizia di due donne che attraversa il Novecento. Una pagina della nostra storia recente che fa da sfondo alla risolutezza di chi a dispetto degli orrori della guerra che impatta e travolge tutto, decide di sopravvivere e concedersi la possibilità di essere felice, perché dopotutto 'nicevò', non fa niente. 

venerdì 3 maggio 2019

"Superga 1949" di Giuseppe Culicchia

"Solo il fato li vinse".
Il 4 maggio 1949, un aereo si schianta contro la Basilica di Superga, avvolta nella nebbia. 
A bordo, la squadra di calcio del Torino. 
Del Grande Toro. 
La squadra che con il suo bel gioco non solo ha inanellato vittorie su vittorie ma ha conquistato un'intera nazione, dalle Alpi all'Etna.
Un gruppo di ragazzi talentuosi che con passione domenica dopo domenica scendeva in campo, non solo per vincere, ma per divertirsi, con l'entusiasmo dei bambini che rincorrono un pallone. 
Ragazzi semplici, che lavoravano, sorridevano, vivevano la città, la quotidianità con l'allegria dei vent'anni e la consapevolezza del privilegio di vivere il proprio sogno.
Un sogno in cui identificarsi per un popolo provato dal secondo conflitto mondiale e deciso a ricominciare a vivere, a credere, pronto a rialzarsi, a correre, vincere come quei ragazzi vestiti di granata. 
Difficile spiegare, rievocare la passione che evocavano quei calciatori, nomi entrati nella leggenda, su tutti il grande capitano Valentino Mazzola, di più descrivere la commozione di una città, di un paese al cospetto di quell'immane tragedia. 
"Abbiamo la forza di piangere: è la sola cosa che possiamo fare per attenuare l'angoscia che ci stringe il cuore". 
Una forma di comunanza, di sentire che unisce uomini e donne nel ricordo di quello che un gruppo di ragazzi, di sportivi hanno rappresentato per intere generazioni. 
Anche oggi, per chi anagraficamente è lontano da quel tempo e vissuto, è impossibile non ricordare la magia del Grande Torino, la gioiosa indomita voglia di combattente del capitano Mazzola, capace di trascinare dietro di sé tutto il Torino, e gli spettatori a seguire. 
Per tutti quelli che hanno tirato calci ad un pallone, che hanno amato la gioia di chi sorrideva alla vita, e hanno visto nei giocatori del Torino la lealtà, lo straordinario impegno, la serietà di chi può tutto per realizzare un sogno, lo specchio di una società che aveva bisogno di immedesimarsi negli occhi di ragazzi dalla faccia pulita, che tendevano la mano, un sorriso aperto alla vita. Un simbolo di coesione. 
A settant'anni dalla tragedia di Superga le pagine di Culicchia arrivano dritte al cuore per raccontare i ragazzi del Torino e l'Italia che eravamo. Una narrazione complice, diretta, evocativa, partecipata, necessaria. 

mercoledì 1 maggio 2019

"Il censimento dei radical chic" di Giacomo Papi

"La cultura non può essere consumata, mentre oggi quello che ha valore deve essere divorato fino alla distruzione, fino a farlo sparire".
Il professor Prospero viene assassinato sul pianerottolo di casa. Un uomo onesto, sincero, uno stimato studioso. L'appartamento "era affollato di libri che dalle pareti modellavano lo spazio intorno alla sua vita e la popolavano di parole possibili", finanche quelle di Spinoza, nel corso di una trasmissione televisiva attirando le ire del presentatore, del pubblico, del primo ministro, additandolo come un mostro, un radical chic, reo di parlare in modo da sminuire, ridicolizzare il popolo.
Seguiranno altri assassini di insegnanti ed intellettuali. Il primo ministro coglie al balzo l'occasione per comunicare che è necessario censire gli intellettuali per proteggerli, a loro spese, così come semplificare la lingua e la sintassi, sfrondare il vocabolario delle parole difficili fino alla desertificazione del sapere, di ogni forma di conoscenza che possa cioè generare pensiero, dubbio, interesse.
In una società che inneggia al capo, che vive di rabbia e alimenta rancori, in cui si evoca il passato, gli intellettuali si nascondono, rinnegano il sapere o si mostrano compiacenti a messe in scene istituzionali e spettacolini al paio degli animali allo zoo per sopravvivere, silenti ombre.
Agli occhi di Olivia, la figlia del professor Prospero, da tempo lontana dal suo paese natio, tutto appare straniante, improbabile, incomprensibile.
Possibile che la cultura faccia paura? Che abbia smesso di "ricondurre a ragione gli istinti"?
Forse il padre aveva conservato la purezza di credere alla forza delle parole, del ragionamento perché "la cultura è una scommessa sul fatto che alla fine ci si possa capire. Per questo può dare fastidio".
In una narrazione che mette insieme ironia tagliente e spietata disamina sociale, al limite di un 'istant book' per l'assurdo plausibile scenario che delinea, con toni che rievocano Orwell e una comicità irridente, l'opera di Papi si rivela vincente in ogni sua pagina. Convincente, strappalacrime e strappa risate. Amare, anzi amarissime. 

lunedì 29 aprile 2019

"Il professore e il pazzo" di Simon Winchester

".. cosi ragionavano i grandi uomini di lettere: se la longitudine era importante, se la definizione di colore, lunghezza, massa e suono era vitale, perché non veniva dato lo stesso valore alla lingua nazionale?"
“Noi non abbiamo né grammatica né dizionario, né carta nautica né bussola che ci guidino nel grande mare delle parole". 
Alla guida dell'opera titanica della redazione dell'Oxford English Dictionary il professor James Murray, autodidatta geniale e tenace, l'uomo giusto per appassionare migliaia di lettori assoldati come collaboratori nella scelta e compilazione dei lemmi da inserire nel maestoso dizionario.
Tra i più assidui e prolifici il dottor William Chester Minor.
Quale la sorpresa per Murray nello scoprire che il dottor Minor è ospite di un manicomio criminale?
".. numero di matricola a Broadmoor, il 742, tenuto sotto custodia permanente come pazzo criminale conclamato".
Medico dell'esercito americano, di ricca estrazione sociale, era stato messo a riposo a causa di problemi mentali salvo uccidere al di là dell'oceano, nella vecchia Inghilterra, un operaio, reo di essere, "la persona sbagliata comparsa al momento sbagliato" in una delle tante notti martoriate dalle sue ossessioni.
Eppure proprio la lettura e la compilazione con metodo e disciplina di infinite schede di lavoro aveva in parte mitigato la pena della costrizione fisica del manicomio e supportato la lotta incessante dei demoni che abitavano le sue notti: paranoie, incubi, ossessioni.
Lo stimolo, la sfida di partecipare ad un progetto così importante: "fissare la grafia di tutte le parole", stabilirne la pronuncia, il corretto dire.
Corrispondenti per anni prima, per certi versi amici poi Murray e Minor, il professore e il pazzo, renderanno unica la compilazione del dizionario inglese, celando dietro identità in tutto opposte - per nascita, percorso di vita, familiare e professionale - la pari attenzione per lo studio, l'inclinazione naturale alla conoscenza, l'amore per la lettura e le arti in genere, la sfida per le grandi opere. 
E la stesura dell'Oxford English Dictionary lo è stata davvero. Dal 1857 sino al 1928, migliaia di collaboratori, un lavoro di gruppo brillantemente coordinato, illustri tentativi precedenti, investimenti, lettori entusiasti, e sfiancanti sacrifici che resero illustre il professor Murray e il pazzo che l'aiutò. 

giovedì 25 aprile 2019

"Una serie ininterrotta di gesti riusciti" di Alessandro Giammei

"Uno si legge in quel che legge, e dunque le biblioteche devono essere vaste abbastanza per dare respiro all'immaginazione di sé".
Alessandro, dalla periferia di Roma a Princeton. Raccontare 'Il grande Gatsby', un petit divertissement per scandagliare il passaggio all'età adulta, alla responsabilità di dare forma al proprio sogno di insegnare, e farlo in una grande facoltà dove tutto può sembrare il contrario di tutto, esponenti di famiglie prestigiose e figli di immigrati, straordinari docenti da incontrare in un caffè con cui dissertare dello scibile umano e le formali cene con i laureati che continuano a finanziare l'università, la passione per la ricerca e l'ansia per i tanti incontri di lavoro, piccoli rituali e quotidiani incontri capaci di rivoluzionare la propria percezione di stare al mondo. Lo sguardo del detenuto a cui insegna in carcere, le passeggiate nel campus, le disavventure di viaggio, l'amicizia con Jhumpa Lahiri, il disincanto per un'esperienza di vita e di studio che parte da un vissuto in apparenza simile a quello di tanti ragazzi, giochi di ruolo, grandi chiacchierate e ambizioni un po' spocchiose, salvo ritrovarsi proprio come il protagonista dell'opera di Fitzgerald - peraltro studente di Princeton - a "definire il futuro fuggente in cui credeva".
Edizione curata nei dettagli, l'opera pubblicata da Marsilio, rivela il brillante talento letterario di Giammei. Articolato in brevi capitoli con una voluta cialtronesca piaggeria emotiva nei confronti de 'Il grande Gatsby' citato e rivelato in alcuni passaggi chiave, 'Una serie ininterrotta di gesti riusciti' è un guizzo narrativo, rimandi, ricordi, personalismi estetici che a tratti virano allo snobismo. E non a torto. L'intento, peraltro riuscito, è di rendere al vero lo stordimento di un giovane al cospetto di grandi studiosi e di un certo establishment intellettuale.

venerdì 12 aprile 2019

“Dai tuoi occhi solamente" di Francesca Diotallevi

"La mia è la storia di chi ha vissuto attraverso le storie degli altri, di chi ha visto tutto senza mai essere vista. La mia è la storia di un'ombra".
Vivian è poco più di una bambina quando è costretta a lasciare New York per rientrare in Francia paese d'origine di sua madre. Dal caos della grande città alla quiete della campagna francese. Dai piccoli spazi del suo appartamento a quelli aperti dei boschi. Ritmi di vita, corpi, visi, movimenti diversi. Nemmeno il tempo di abituarsi e la piccola Vivian viene trascinata nuovamente via, perché ovunque sua madre si lascia indietro rovine, rancori, rabbia. Un matrimonio sbagliato, un padre assente, un figlio abbandonato e lei, Vivian cui provvedere con indolenza, con gli avanzi di sentimenti, di gesti di affetto che la piccola rivendica con forza al punto di preferire un'altra donna a lei come madre, sua nonna. A tredici anni aveva smesso di andare a scuola. Aveva diviso con lei la cameretta nella casa in cui era a servizio e si era fatta bastare le briciole di affetto, di normalità che la sua nuova famiglia le riservava. Normalità, quello cercava. Un lavoro in fabbrica, gli articoli da ritagliare, gli sguardi della gente. L'eredità improvvisa della casa di campagna in Francia era stato il definitivo punto di rottura con la madre che si sentiva defraudata. Non c'era stato modo di spiegarle. Solo parole pesanti, porte sbattute, odio. Quei soldi le bruciavano in mano ed erano serviti per realizzare un sogno, l'unico che da bambina le aveva dato interesse, curiosità, felicità: una macchina fotografica. Una coinquilina della madre le aveva insegnato ad usarla da piccola e adesso che era adulta poteva ricominciare a cogliere istanti di vita degli altri, della gente intorno a lei, farli propri, custodirli, viverli.
Non era stato semplice. Vivian cercava spazi aperti, gente, piccole emozioni, storie, vite vere. La fabbrica, l'isolamento in uno spazio confinato per tante ore, gesti ripetuti all'infinito non facevano per lei. Cercava altro. Prendersi cura dei bambini, entrare in casa d'altri, viverne le famiglie poteva offrirle la possibilità di colmare il vuoto nel suo cuore. Sostenere i talenti dei piccoli, osservare i loro progressi. E poi camminare per la città, mischiarsi alla gente, fotografare, cogliere il momento e nemmeno sviluppare le foto, tante, troppe, migliaia. La perfezione era nel momento stesso dello scatto. Ma in casa dei Warren qualcosa non aveva funzionato. Frank, il capofamiglia era uno scrittore di successo, un artista. Aveva colto la sua ritrosia, la sua sofferenza, il vissuto di dolore che nascondeva e il bisogno di vivere le vite degli altri, di catturarle in uno scatto. Si erano riconosciuti come pari e avevano preso a confrontarsi, rispettarsi, sostenersi. Al loro essere artisti chiedevano onestà. Entrambi però avevano finito per cedere ai compromessi della vita, lui aveva continuato a scrivere le storie che il suo pubblico amava, lei era partita, verso una nuova città, una nuova famiglia, nuove foto, nuovi istanti di vite da imprigionare. 

Romanzata quel tanto da completare la suggestione che di per sé la vita di Vivien Maier ispira guardando le sue foto, l'opera della Diotallevi si legge con piacere, rendendo al meglio tutto il tormento esistenziale di una donna che aveva vissuto come voleva: sopravvivendo a se stessa, ai fantasmi di un passato che l'avevano privata di affetti. La sua bellissima macchina fotografica era l'estensione della sua mano e della sua anima. Aveva fotografo chiunque, qualunque cosa. Sorrisi, baci, pianti, litigi, gelati sul viso, bimbi imbronciati, auto che sfrecciano. Tutto. Anche lei, un viso serio, mai un sorriso.
Impossibile non lasciarsi coinvolgere dalla sua storia, impossibile staccarsi dalle sue foto. "Dai tuoi occhi solamente".. però. 

domenica 31 marzo 2019

"Devora" di Franco Buso

"Dopo settecentoquattordici interminabili anni, la straordinaria avventura terrena di Devora si era conclusa".
1288. Tutto era cominciato con la piccola Miriam di sette anni in fuga da Gerusalemme, sopravvissuta alla puntura di uno scorpione.
Gli occhi si erano tinti del color dell'ambra, il cuore invaso dall'istinto della cura del prossimo, la mente di immagini che avrebbero avuto un senso solo per lei: premonizioni, che le avrebbero indicato sempre cosa fare, e al tempo stesso l'avrebbero fatta soffrire nulla potendo per impedire la morte delle persone amate: l'adorata sorella Jochebed, Sophia, Bernard, Caterina, solo per citarne alcuni. 
Aveva vissuto al cospetto dei Templari, era cresciuta saggia, indomita, preparata ad accettare il ruolo che sentiva essere stato assegnato a lei. E a dispetto di ogni pericolo gli aveva dato forma: una figlia, Devora, che aveva ereditato il suo stesso dono, gli occhi ambrati e un carattere che l'avrebbe portata a sacrifici e rinunce per assistere silenziosa alla morte del maestro dei Templari, Jacques de Molay, sul rogo, e all'avverarsi delle invettive pronunciate contro quanti l'avevano condannato a morte.
In viaggio da Acri a Venezia, da Parigi a Roma, Miriam e sua figlia Devora patiranno disagi e sofferenze, fuggiranno malattie e sospetti per sfidare l'impossibile, e forse conquistare la vita eterna.
Illusione o realtà?
Solo uno strumento per accertarsi che giustizia sia fatta.
Attraversando il tempo, anno dopo anno, in perenne girovagare, testimone della storia, al cospetto della pulzella d'Orleans o al fianco di Giordano Bruno, in piazza tra la folla per la presa della Bastiglia o tra i partigiani della resistenza, gli occhi di Devora metteranno a nudo l'animo umano per coglierne fragilità e grandezza.

Il legame di due donne non comuni, Miriam e Devora. L'amore totalizzante di una madre. La forza della storia che fa da collante in una narrazione serrata, brevi capitoli che si succedono con una scrittura chiara ed empatica, un preciso contesto storico e sociale cucito addosso ai personaggi che rende credibile il lato fantasy del romanzo: la puntura di uno scorpione che può regalare l'immortalità.
Un esordio interessante, un romanzo di piacevole lettura, personaggi pregni di carattere, un incredibile intreccio di storie ed emozioni che rievoca il mistero dei Templari e rivela la forza dell'amore come unica magia credibile.