venerdì 12 settembre 2014

"Come fossi solo" di Marco Magini

"Sparo, sparo per non sentire più quelle urla, sparo perché non posso non sparare, sparo perché non voglio ricordare chi sono veramente, chi sono diventato".
Srebrenica, metà luglio 1995.
Dieci, cento, mille corpi scivolano per terra, ammonticchiati in un angolo come fossero meno che carne da macello. Ed è per coprire le voci strozzate di paura, rabbia, orgoglio, per salvare la propria vita e quella della propria famiglia che Drazen spara. Sa che è sbagliato, sa che quel gesto atroce segnerà la sua fine di uomo, mangerà la sua coscienza, irriderà la sua vita di lì in poi, sa che ipotecherà il futuro ma non ha altra possibilità. E' un uomo solo, vile, impotente.
Così Dirk, casco blu olandese, testimone del massacro degli innocenti che bagnerà di sangue la città sotto il controllo del contingente Onu e tingerà di vergogna l'Occidente tutto, silente e altero nei suoi palazzi di vetro. "Obbedire è non pensare", ripete ossessivamente Dirk, illudendosi di fingersi utile per sopravvivere al nulla di mani che non possono usare arma alcuna per difendere chi chiede aiuto, protezione.
Così tempo dopo Romeo Gonzales, giudice al Tribunale penale per la Ex Jugoslavia incaricato di far luce sui colpevoli dei crimini di guerra. Salvo scoprire che il crimine si cela nelle carte di una burocrazia sterile che non sa leggere le pene di chi non ha alibi per sottrarsi agli orrori della guerra.
In fondo "quella che noi siamo abituati a chiamare storia non è altro che l'insieme delle azioni di grandi uomini, siano essi esempio di grandezza assoluta o sintesi di malvagità estrema. Ma il motore della storia è un altro. Il motore della storia sono i milioni di uomini che lottano con le loro inadeguatezze, con le loro paure e le loro ambiguità. Persone che non prendono decisioni nette, ma che fanno del loro meglio. Magari sbagliano, magari reagiscono troppo tardi, ma comunque cercano di resistere ai loro istinti e, anche se non sempre l'hanno vinta, scelgono di andare controcorrente per continuare a sentirsi umani".
In quei giorni, mesi, anni nei territori della Ex-Jugoslavia in un tempo che credevamo di pace, molti, troppi uomini hanno smesso di sentirsi umani per essere vittime o carnefici, lasciando inquieti tutti quelli che pur imponendosi di non vedere hanno sentito lacerarsi qualcosa dentro.
Marco Magini trasforma i fatti in pagine di un romanzo che lacera dentro a distanza di tempo, costringendoci a confrontarsi con la banalità del male, a sporcarci duramente la coscienza con quelle scene di stupri e assassini di massa che credevamo relegati in un'epoca lontana. Lo fa indagando con semplicità, veridicità e pathos l'animo dei protagonisti di quei giorni, uomini, uomini lasciati soli, cui guerra e odio hanno strappato la speranza. Un romanzo intenso e necessario.


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