Perchè Shakespeare cambiò il testo a qualche ora dalla prima messa in scena? Fu forse per la morte sospetta dell'attore che interpretava il ruolo di Lady Macbeth? E quali oscuri intrighi di corte e potere celavano la stesura del testo? E a distanza di secoli chi si ostina ad inscenare strani sacrifici e rituali nelle campagne scozzesi per recuperare il manoscritto perduto e gli oggetti di scena di quella prima rappresentazione? E' possibile evocare il male? Credere nelle streghe?
La povera Kate si trova invischiata suo malgrado in una indagine rocambolesca al limite della logica, del resto 'non esiste altro che ciò che non esiste'.
"Intendi davvero sostenere che il genio di Shakespeare sia dovuto al fatto che abbia spiato un rito magico?". E dopo la lettura di questo secondo romanzo con protagonista Kate Stanley bisognerebbe chiedere alla Carrell se è lecito sostenere una trama così inverosimile fidando esclusivamente nell'amore dei lettori per Shakespeare? La trama è confusa, esagerata, forzatamente lunga in una conclusione che fa dubitare il lettore di ricordare i nomi dei protagonisti e la loro suddivsione nel campo buoni/cattivi. L'alternarsi con gli 'interludi' narrativi che riportano al tempo di Shakespeare risulta quasi inutile. Lento, noioso, pieno di rimandi a tradizioni, arti magiche, riti. Si arranca in un finale improbabile e drammaticamente aperto.. ovvero il lettore si imbatterà ancora nella Kate Stanley.
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