domenica 31 luglio 2011

"Il sangue che resta" di Jennifer Lee Carrell

Kate Stanley è una giovane e brillante studiosa di Shakespeare. Alla carriera accademica ha preferito la regia teatrale in giro per il mondo ma, complice una cara amica a cui non può dire di no, accetta di aiutare Lady Nairn a venire a capo della morte del marito Angus, collezionista di reperti del tempo dello Scottish Play ovvero del Macbeth, l'opera maledetta del Bardo, di cui la stessa desidera mettere in scena una rappresentazione teatrale, fidando nel testo originale, antecedente a quello comparso nel 1623 sette anni dopo la morte dell'autore, che è certa sia appartenuto alla sua famiglia e che metteva in scena il male con tanto di streghe, incantesimi ed evocazione di spiriti demoniaci.
Perchè Shakespeare cambiò il testo a qualche ora dalla prima messa in scena? Fu forse per la morte sospetta dell'attore che interpretava il ruolo di Lady Macbeth? E quali oscuri intrighi di corte e potere celavano la stesura del testo? E a distanza di secoli chi si ostina ad inscenare strani sacrifici e rituali nelle campagne scozzesi per recuperare il manoscritto perduto e gli oggetti di scena di quella prima rappresentazione? E' possibile evocare il male? Credere nelle streghe?
La povera Kate si trova invischiata suo malgrado in una indagine rocambolesca al limite della logica, del resto 'non esiste altro che ciò che non esiste'.
"Intendi davvero sostenere che il genio di Shakespeare sia dovuto al fatto che abbia spiato un rito magico?". E dopo la lettura di questo secondo romanzo con protagonista Kate Stanley bisognerebbe chiedere alla Carrell se è lecito sostenere una trama così inverosimile fidando esclusivamente nell'amore dei lettori per Shakespeare? La trama è confusa, esagerata, forzatamente lunga in una conclusione che fa dubitare il lettore di ricordare i nomi dei protagonisti e la loro suddivsione nel campo buoni/cattivi. L'alternarsi con gli 'interludi' narrativi che riportano al tempo di Shakespeare risulta quasi inutile. Lento, noioso, pieno di rimandi a tradizioni, arti magiche, riti. Si arranca in un finale improbabile e drammaticamente aperto.. ovvero il lettore si imbatterà ancora nella Kate Stanley.

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