martedì 2 agosto 2011

"Volevo essere una gatta morta" di Chaira Moscardelli

"Quindi che dovrei fare secondo voi?"
"Cercare di essere meno Chiara e più gatta morta. Farti desiderare. Scappare e non inseguire" provò a suggerirmi Luca di nuovo.
"Già, ma se scappo e nessuno mi insegue?"
"E tu continua a correre"
Ma Chiara proprio non riesce ad imparare dalle 'gatte morte', categorie di donne a sé, quelle che sono sempre a dieta, che non hanno mai un capello fuori posto, che ascoltano e non contraddicono mai i propri compagni, che non guardano thriller, etc., Chiara è nata podalica, quindi dal suo venire al mondo si è creata e ha creato problemi, non ha mai saputo sentirsi "a posto" da nessuna parte, imbranata, calamita di disavventure eppure determinata a lasciarsi travolgere dall'amore, a concedersi esperienze al limite della pazzia e ancora, studiare, viaggiare, buttarsi nel lavoro e farsi forza fidando nella combriccola sconbinata e chiassosa dei suoi tanti amici. A dispetto di avventure e disavventure anche di salute Chiara viene a capo del suo modo di stare al mondo concludendo che in fondo è opportuno piacere a se stessi prima che agli altri, del resto "il mondo è pieno di gatte morte, inutile negarlo. Ma io sono Chiara. E la mia bellezza sta proprio nella mia unicità".
Dirompente, ironico, graffiante il libro della Moscardelli rischia di intrigare per il suo alto potenziale di immedesimazione. Ognuno, uomo o donna (e diciamolo, gli uomini tratteggiati dall'autrice non ne escono bene: indecisi, mascalzoni, gaglioffi) ci vedrà qualcosa di sé.

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