venerdì 26 agosto 2011

"Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve" di Jonas Jonasson

Mettete un vecchietto che sta per compiere cento anni. Mettete una casa di riposo con una direttrice decisa a far rispettare le regole ed esporre quel centenario a stampa e autorità. Mettete l'irrequietezza di un uomo deciso a tutto pur di evadere dalle costrizioni, ed avrete Allan Karlsson, il protagonista de 'Il centenario che saltò dalla finetsra e scomparve'.
E ancora... Mettete delle straordinarie coincidenze: un giovane che sgarbatamente lascia in custodia ad un innocuo vecchietto una valigia, che invece lo stesso penserà di portare con sé per la propria fuga in autobus, rivelandone il contenuto.. una barca di soldi.. polizia, criminali e giornalisti alla sua ricerca e avrete la parte migliore del libro, le prime 50 pagine. Il resto si rivela una fantasmagorica vita di Allan Karlsson che attraversa l'intero novecento passando per Franco, Truman, Stalin, Mao, guerra fredda, spie, conflitti e imprese naturalistiche al limite. E tutto per una serie di coincidenze, per la naturale predisposizione di Allan alla sfacciataggine, alla fortuna, al caso che lo ha portato a vivere senza rendersi conto del tempo che passa, tutto come una costante avventura, impossibile dunque pensare di lasciarsi frenare da orari e pappine in una casa di riposo.. meglio la fuga, meglio la libertà, che poi coinvolga uomini, donne, stupidi delinquenti e un pachiderma, poco importa.. e nemmeno che alla fine la sua incredibile storia venga raccontata come un'epopea.
Narrazione a domino, quella di Jonasson si rivela eccessiva in tutto, in particolari, in sovraccarico di invenzioni, svuota il personaggio di personalità mitizzandolo al punto di ridicolizzarlo. L'autore cerca in ogni modo di trasformarlo in un eroe sui generis, uno simpatico ad ogni costo e invece si perde subito per strada, scarta la poesia, banalizza persino i contesti storici e i suoi protagonisti umanizzandoli senza ragione.
Ne 'Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve' c'è troppo ma manca il pathos che dovrebbe passare dal vecchio Jonasson al lettore.

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