sabato 16 luglio 2011

"Storia della mia gente" di Edoardo Nesi

Fresco di Premio Strega -visto il recente passato, egregiamente meritato- il libro di Nesi mi è subito entrato dentro, e l'impressione è che ci resterà a lungo. E' un libro autobiografico, dentro c'è la vita di un ragazzo privilegiato di provincia che assiste impotente alla fine di una stagione di lavoro e successo per la piccola industria italiana e forse, lungimirante rispetto ad altri, vende l'azienda di famiglia per dedicarsi alla passione di sempre: la scrittura. Di mezzo, la propria vita, gli studi, la famiglia, quel pezzo di vita trascorso in fabbrica, l'amore per il lavoro, per i ritmi di produzione e per la creatività che consente sempre di innovare il prodotto ma anche l'inarrestabile crisi economica frutto della globalizzazione e di una cieca politica che non vede oltre il suo naso, e che condanna la generazione di trenta-quarantenni a sentirsi in colpa e i più giovani ad un futuro senza reali prospettive. Intorno l'amore a tratti rabbioso per una provincia -quella di Prato e del distretto del tessile- lasciata sola ad arrangiarsi, colonizzata da stranieri che in barba alla legge, marchiano con il made in Italy pezzaglie che non hanno valore, cuore, passione nella lavorazione negando diritti umani e calpestando ogni tutela del lavoratore. Ma in Nesi c'è anche tanto amore per la lettura, per la buona musica capace come capita spesso di farsi interprete dei nostri pensieri, dei nostri stati d'animo: "quanto sia disperatamente vero che un romanzo può essere molto più d'un libro e diventare così reale da tormentarti ogni giorno".
Capita proprio così con la scrittura di Nesi e con una storia così vera da sembrare cronaca, da non sfigurare al cospetto di un saggio d'economia, diretto e doloroso come un pugno allo stomaco di quanti si rifiutano di vedere il danno fatto al paese 'Italia', alla sua gente, ai lavoratori e a quegli imprenditori.. piccoli imprenditori che tali non sono stati mai: "artigiani, straordinari e fragilissimi artigiani", figli di un tempo -il dopoguerra- e di un particolare humus sociale, che non tornerà più. Eppure è bello condividere il sogno di Nesi: "sarebbe bellissimo se oggi potesse essere la cultura a salvare l'Italia". Ma per chi ci governa la cultura è acqua sporca. E quell'acqua sporca ha infangato i nostri sogni.

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