Metà anni '70, Zurigo. E' nelle fabbriche svizzere dove si produce amianto che lavorano gli italiani illusi dal riscatto dalla povertà, di un futuro diverso per i propri figli. Ne arrivano tanti, tantissimi.. dialetti diversi, uno spazio in un freddo capannone dove condividere patimenti e speranze e per la quindicenne Mimì anche il primo amore. Per molti il sogno di un lavoro che dà pane e forme nuove nel cuore si trasforma in un incubo quando non nella morte di lì a pochi anni, "un corpo svanito, un respiro ridotto e le iridi spente degli occhi". Ne vedrà soffrire tanti Mimì, amici, conoscenti, parenti tornati a morire nella terra d'origine che ha riaccolto Mimì e la sua bambina, Arianna, figlia di chi ha sfuggito le sue responsabilità senza dare spiegazioni se non forse la paura per il coraggio primordiale di una donna orgogliosa, decisa, indipendente. Mimì è così.. "per alcuni un'eccentrica che non era riuscita a dare un ordine sereno alla propria vita e adesso ne raccoglieva i meritati frutti di tem pesta; per altri Mimì era il sinonimo di libertà, era la parola magica che in ogni paese di provincia di questo mondo rende l'idea di una possibilità: vivere nei propri luoghi, vivere dove si è nati, vivere intensamente con la certezza di rimanere sempre se stessi. Perchè di Mimì ne sono pieni i cuori e le teste in mille perfierie, ma sono in pochi ad andarne fieri, con il mento alto e gli occhi piantati sull'orizzonte". Una lavoratrice indefessa, uno spirito libero capace di amore sincero e cure infinite per il fratello disattato e alcolizzato, come verso chiunque celi la parola aiuto negli occhi. Lei che da sempre accompagna i morti, che parla con gli antenati, che affonda nella natura antica si carica del dolore degli altri per trasformarlo, forte dello slancio positivo verso il futuro.. una sopravvissuta decisa a lottare per chi non ha forza, così per le vittime del mesotelioma da amianto, così per le colleghe di fabbrica, così per chi come lei è decisa a riscattare l'amore infelice.. che sia pure per un momento di felicità.
L'epopea quotidiana di una donna del sud, dall'ultimo lembo di terra pugliese abbacinato di sole e scosso di vento al freddo plumbeo della Svizzera, un personaggio tenace e misterioso.
"Mimì non era donna da essere amata dai poeti. Era troppo umana e troppo reale per essere trasfigurata da qualche scribacchino. Non era donna che poteva consegnarsi a qualche verso. A volte nulla per una donna è più offensivo di una poesia".
Un romanzo quello di Mario Desiati che racconta una pagina dolorosa e in parte rimossa della storia recente dell'emigrazione del sud Italia, di più la 'tragedia del lavoro che nutre e uccide', e dei vuoti d'affetto lasciati dalla scomparsa di padri, mariti, fratelli risucchiati dalla malattia: ferite spesso mai risanate.
Una scrittura vibrante, lucida, a tratti evocativa, a tratti fantasmagorica persino naturalistica tanto sono accesse alcune descrizioni di luoghi, odori, tradizioni di paese, inframezzate da frasi in dialetto, che attraggono inevitabili i ricordi d'infanzia comuni a tutti. Un patrimonio condiviso di emozioni e sentimenti cui l'autore saccheggia. Un romanzo, per le tematiche trattate, che sfiora una ricercata maturità nella narrazione salvo infrangersi in un personaggio quale quello di Mimì che risucchia tutto e tutti, stringendo in una morsa il lettore deciso a scoprire quel che il suo cuore indomito di donna cela.
"..perchè anche a vivere annegati nel silenzio e sul mare ci vuole passione e ci vuole coraggio".
"Mimì non era donna da essere amata dai poeti. Era troppo umana e troppo reale per essere trasfigurata da qualche scribacchino. Non era donna che poteva consegnarsi a qualche verso. A volte nulla per una donna è più offensivo di una poesia".
Un romanzo quello di Mario Desiati che racconta una pagina dolorosa e in parte rimossa della storia recente dell'emigrazione del sud Italia, di più la 'tragedia del lavoro che nutre e uccide', e dei vuoti d'affetto lasciati dalla scomparsa di padri, mariti, fratelli risucchiati dalla malattia: ferite spesso mai risanate.
Una scrittura vibrante, lucida, a tratti evocativa, a tratti fantasmagorica persino naturalistica tanto sono accesse alcune descrizioni di luoghi, odori, tradizioni di paese, inframezzate da frasi in dialetto, che attraggono inevitabili i ricordi d'infanzia comuni a tutti. Un patrimonio condiviso di emozioni e sentimenti cui l'autore saccheggia. Un romanzo, per le tematiche trattate, che sfiora una ricercata maturità nella narrazione salvo infrangersi in un personaggio quale quello di Mimì che risucchia tutto e tutti, stringendo in una morsa il lettore deciso a scoprire quel che il suo cuore indomito di donna cela.
"..perchè anche a vivere annegati nel silenzio e sul mare ci vuole passione e ci vuole coraggio".
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