Forse è lui l'untore, forse è lui che ha trasmesso il morbo, forse è lui che a dispetto dei suoi nonni non merita di aspirare alla felicità, forse è lui lo strumento di un Dio cattivo che ha permesso la sua tragica infanzia, la sua lotta alla vita, il tentativo di mirare ai sogni per poi ricacciarli indietro, trascinando nel baratro innocenti. Rabbioso verso un Dio ingiusto che ha permesso la morte, la malattia di tanti bambini, che ha portato il dolore in tante famiglie già provate dalla guerra Bucky si lascia vincere da un destino avverso, lui 'una brava persona' si ostina a emendare alla sua colpa, lui sopravvissuto alla malattia, se pur storpio, rinuncia all'ultima possibilità di felicità: lo fa respingendo l'amore della sua donna, lo fa a distanza di tanti anni rifiutando l'amicizia di un suo ex allievo, malato come lui, che ostinatamente cerca di liberarlo dalla sua ossessione: "Non metterti contro te stesso. Nel mondo c'è già abbatsanza crudeltà. Non peggiorare le cose facendo di te un capro espiatorio".
Tutto inutile: "In uno come Bucky il senso di colpa potrebbe sembrare assurdo, ma in realtà è inevitabile. Niente di ciò che fa è all'altezza dell'ideale che nutre dentro di sé. Non sa mai dove finisce la sua responsabilità. Non accetta i propri limiti perchè, gravato da un'austera bontà naturale che gli impedisce di rassegnarsi alle sofferenze degli altri, non riconoscerà mai di avere dei limiti senza sentirsene in colpa".
Ancora una volta Roth regala un grande romanzo ai suoi lettori, un maestro nell'evocazione di tempi, spazi, luoghi. Un capace creatore di personaggi che restano dentro. Una scrittura vibrante, potente, pregna di significato eppure a tratit meravigliosamente poetica, romantica, illusorea. Pare quasi magico il momento in cui Marcia canta al suo uomo per astrarlo dal dolore, da quel senso di colpa che si sta facendo strada nel cuore e che rischia già di rubarlo al mondo. E canta non una canzone qualsiasi ma 'I'll be seeing you' di Irving Kahal.. di per sé un testo dolorosamente emozionante.
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