venerdì 27 aprile 2012

"Il torto del soldato" di Erri De Luca

"Sono un soldato vinto. Il mio reato è questo, pura verità. Il torto del soldato è la sconfitta".
Così un vecchio parla alla figlia.
L'uomo è un criminale di guerra. Il suo vero nome perduto nel vento. La sua ossessione finire come i tanti catturati, processati: "non farò mai la fine di una foglia d'autunno che si arrende".
Di mezzo la vita di un uomo all'apparenza 'qualunque'. Un postino. Uno deciso a mimetizzarsi, e al contempo a sfidare ogni giorno il destino. E una figlia, fino ai vent'anni tenuta all'oscuro di tutto, finanche di saperlo padre. Ma non si può tacere in eterno, né si può nascondere il passato. Si può solo scegliere di non conoscere il dettaglio dell'orrore perpetrato, così come di sentire il peso della colpa, di non volerlo portare oltre, da qui la scelta di non avere figli, di sostenere l'ossessione di un padre verso la lingua ebraica, verso la kabbalà che reca inciso la fine, in un numero.. lo stesso della velocità dell'auto che ne sigilla la morte. E vendica milioni di vittime innocenti.
Un racconto breve quello di De Luca, capace col peso di ogni parola di rendere il dramma dell'olocausto, la bellezza di una lingua -l'yiddish- che non morirà fino a che "uno solo al mondo la muove tra il palato e i denti, la legge, la borbotta.." e che fa testimonianza di un popolo piegato ma non vinto, l'inquietudine di una generazione che ha dovuto fare i conti con un passato che, semplicemente, non si può perdonare.

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