Scacciate la mediocrità prossima di tanta narrativa contemporanea e lasciate che la letteratura sferzi l'anima raccontando di Pier Paolo Pasolini, del libro incompiuto 'Petrolio' e di tutto quel che vi si cela; soccombete alle pesanti offese della bisbetica Laura Betti così brutalmente fascinosa da esserne catturati; percorrete le stanze dell'archivio 'Fondo Pier Paolo Pasolini' e le strade di una Roma che quando vuole sa ammaliare e prendere allo stomaco con odori, umori, immagini; ragionate su grandi figure del novecento italiano, sul ruolo dell'arte, sulla fine di un tempo in cui letteratura significava sperimentazione, modernità mai ruffianaggine ai desideri del mercato; innamoratevi della scrittura, del viaggio, entrambi veicoli di iniziazione alla vita, al cambiamento. E avrete fartto vostre le paorle di 'Qualcosa di scritto'.
Sarebbe limitato dire che Trevi racconta Pasolini e la Betti, Trevi fagocita il lettore rendendolo sodale di un'accorta e accorata analisi della narrazione ultima di uno straordinario protagonista del nostro tempo: "aveva una tale presenza.. no, non c'è più stato un uomo come lui. Dove c'era lui, adesso c'è un vuoto, e questo vuoto urla, non smette di urlare.."
Per chi non si è mai approcciato a Pasolini, o per chi si è fermato ai commenti superficiali sulla sua opera, o ancora per chi non l'ha mai letto, la scrittura di Trevi risulta necessaria, critica, stimolante. Altro che Premio Strega.
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