sabato 7 luglio 2012

"L'eredità dei corpi" di Marco Porru

"Odia suo padre e odierebbe anche lei, cosa pretende?"
"Niente, ma devo provarci"
Rosaria si voltò di nuovo, sospirando. "Pensi alla sua famiglia. Stia con loro, si prenda cura del suo passato. Lei che l'ha costruito. Ce l'ha. Non mi rubi quel poco che ho io"
E quel che Rosaria ha è Raniero, un nipote affetto da una malattia ereditaria che gli deforma il corpo e piega lo spirito. Raniero è un ragazzo difficile, rabbioso verso quel corpo che non riconosce suo, attraversato dal 'bastardo', così chiama il suo male, come l'uomo, il padre mai conosciuto che glielo ha trasmesso. Galleggia nella sua vita, timido, costretto all'angolo da chi lo guarda con orrore, commiserazione, o semplicemente lo schernisce, non può definirsi se non in funzione dell'unico amico di sempre, Gabriele. Un ragazzino problematico come lui, bello, forte, determinato in mezzo agli altri quanto drammaticamente solo, furente con il padre verso cui trattiene a stento l'istinto violento.
Raniero e Gabriele, adolescenti in crisi, vicini e lontanissimi l'uno all'altro, si respingeranno e si ritroveranno mille volte nel corso di un'estate. Si comprenderanno davvero solo quando saranno lì per perdersi, si salveranno reciprocamente, Raniero dalle spire odiose di un pedofilo, Gabriele dal passato familiare sempre rimosso, per ritrovarsi nella sfacciata vitalità del sorriso di Simona, nel vagheggiare di una notte in giro per la città, sfrontatamente liberi da ogni forma di controllo, liberi di affrontare la vita, con la consapevolezza di poter bastare ognuno a se stesso, prescindendo dai drammi esistenziali, dalle rinunce, dagli umori di corpi in mutamento, corpi che hanno e si sono cercati reciprocamente, per sfuggire nella concretezza di un esserci che alcuna presenza potrà mai distruggere.
L'eredità dei corpi.. quel che ognuno di noi si porta dentro, un passato che non si può cancellare, errori, orrori, furori, sogni, speranze. Un fiato soffocato, una disperazione assoluta che si legge addosso, cicatrici visibili e invisibili che solo l'ostinato amore, la cura, la caparbietà cancellano, rigenerando la pelle, liberando il cuore, sollevando l'anima.

La scrittura di Porru è reale, disincatata, a tratti brutale nella descrizione del dolore dei personaggi, non solo dei due giovani protagonisti ma di Rosaria, sola, annientata da responsabilità e impossibili scatti di emancipazione che scarica su un corpo di cui usa e abusa senza trovare rassegnazione, pace, conforto; e ancora Cesare, Domenico, Francesca, Gilla, un'umanità problematica, disperata, avvilita, malata, disumanizzata, sola.
Le tematiche al centro de "L'eredità dei corpi" sono forti, trattate con spiazzante irruenza, ma arrivano al lettore come un pugno allo stomaco, lasciando che poi su tutto prevalga la straordinaria, bellissima amicizia tra Gabriele e Raniero.

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