sabato 24 luglio 2010

"Lo stupore del mondo" di Cinzia Tani

"Federico aveva qualcosa che lo ipnotizzava, delle caratteristiche che fino a quel momento aveva trovato solo in alcune specie di uccelli. Una regalità naturale, la coscienza della propria superiorità e della distanza incolmabile dagli altri esseri umani. Pensò che a dispetto di qualunque donna l'avesse carezzato, di qualunque figlio l'avesse baciato o di qualsiasi amico l'avesse abbracciato, lui sarebbe stato sempre solo come l'aquila, regina di tutti i volatili, libera e maestosa, possente guerriera, simbolo del sole che scalda e illumina ma nel contempo iccude chi si avvicini troppo ai suoi raggi".
Così Rashid su Federico II, 'stupor mundi'. Lui giovane arabo sottratto a un destino di morte dall'imperatore per via del suo straordinario talento con gli uccelli; lui costretto ad abiurare la sua fede per esser degno della fiducia dell'uomo che incantava il mondo.
Rashid strappato alla sua Sicilia, ai genitori uccisi barbaramente in mare per volere dello stesso imperatore che avrebbe poi servito, ammirato fino a sacrificargli tutto di sé, finanche l'amore dalla bella e indomita Flora che ritroverà alla corte di Federico II. Un amore proibito il loro, lui musulmano, lei cristiana. Lei talentuosa ricamatrice benvoluta a corte, lui umile uccellatore. Di mezzo proprio Federico II e due nobili gemelli romani dalla nascita funestata, Matteo e Pietro. Bellissimo il primo, sfigurato il secondo per un incauto gesto della levatrice. Il bene e il male allo specchio. Tanto amato il primo quanto temuto Pietro, costretto a crescere mendicando briciole di affetto dei genitori decisi a nasconderlo al mondo per tacitare le voci malevoleli che lo vogliono figlio di Satana e finirà per crescere odiando la sua famiglia Pietro al punto da farsi interprete di un gesto scellerato che lo condannerà a vivere ai margini del mondo. Morto per la sua famiglia penserà a vendicarsi, ma solo dopo aver dimostrato d'essere un cavaliere invincibile.
A dispetto di tutto Pietro non è solo male, non lo è quando si forgia in convento, quando si prende cura della vecchia nutrice responsabile del suo aspetto mostruoso, non lo è quando ricambia l'amore di Marianna né quando rispecchiandosi nel suo doppio riconosce i suoi errori e a suo modo decide di fare ammenda forzando inconsapevolmente il destino di tante altre persone straordinariamente legate l'una all'altro: Matteo, Flora, Rosetta, Valerio, Lucrezia, Rashid e la stessa Marianna.
In giro per l'Italia medioevale ridisegnata dalla grandezza di Federico II, in una società divisa da forti contrapposizioni religiose e politiche, il racconto di un gruppo di uomini e donne che a loro modo 'stupirono il mondo'.

Romanzo storico o brogliaccio di classe? Forse Cinzia Tani tenta il mix, convogliando le atmosfere di un medioevo acceso dall'aura geniale di un imperatore quale Federico II circondato da filosofi, artisti, intellettuali e scienziati -di cui si percepisce qui e là qualcosa- con un intreccio fantasioso che lega a filo doppio in un crescendo di odio e amore un nugolo di personaggi che la scrittrice tenta di elevare a protagonisti caratterizzandoli all'inverosimile in archetipi tipo bene/male, eroe/eroina, peccato/virtù, etc. La scrittura poi si fa sempre più 'precipitata' in un finale che si percepisce forzatamente esplicativo e che strappa qualche risata: Matteo che pensando a Flora dice "avrebbe riconquistato il suo amore.." sembre la versione maschile di Rossella O'Hara nell'ultima scena di 'Via col vento'.
In generale il romanzo si legge con piacere ma è intrattenimento, il grande romanzo storico e spiace dirlo per la Tani che ha dalla sua il pregio di saper raccontare è altra cosa.

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