giovedì 1 dicembre 2011

"Miracolo a Le Havre" regia di Aki Kaurismäki

Un film lieve.. che sfiora il cuore dello spettatore toccandone l'anima, raccontando una storia al tempo stesso semplice e universale, di amore, altruismo, di un prendersi cura che è insito nelle persone buone come sono Marcel e sua moglie Arletty.
Periferia di Le Havre, Francia.
Marcel è un lustrascarpe. Un uomo abituato a guardare per terra ma capace di leggere nel cuore degli uomini. Sua moglie Arletty, lo aspetta paziente a casa ogni sera con la cagnetta Laika. Prepara la cena, sbriga le faccende domestiche con un fare sereno e uno sguardo dolce. Nel loro piccolo quartiere la panettiera cui Marcel ogni tanto ruba una baguette, il fruttivendolo con cui ha un conto in sospeso, il bar a cui bere un bicchiere prima di tornare a casa, gli amici stralunati e un pò disorientati in un mondo che fagocita tutto compreso il tempo e qualche vicino invidioso. E poi la sorpresa, in due occhi profondi come il mare in cui si nasconde: Idrissa, un ragazzino venuto dall'Africa, sfuggito da un conteneir e diretto a Londra. Complice l'intero piccolo quartiere, che si dimostra solidale e concretamente collaborativo, e uno strano ispettore di polizia capace di una bontà d'animo insperata, Marcel aiuterà il piccolo Idrissa ad attraversare la Manica per raggiungere la madre, lasciandosi scivolare addosso il dolore peggiore: la malattia dell'adorata moglie Arletty che come il ciliegio in fiore dell'ultima scena apre alla speranza di una vita in cui in fondo persino credere nei miracoli è possibile.
Un film delicato, suggestivo, pieno di emozione. Un film che parla dell'emigrazione con disincanto, complice una regia capace, facce espressive, un'ironia tagliente e un'atmosfera retrò che apre al ricordo di una società in cui le parole, gli sguardi avevano valore.

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