venerdì 4 marzo 2011

"127 ore" di Danny Boyle

127 ore. Tanto dura la straziante, tenacissima, a tratti delirante resistenza di un giovane escursionista incastrato in dirupo del Blue John Canyon nello Utah. Partito come sempre.. libero e sfrontato nella dannata sicurezza che dà l'idea di governare la natura, Aron Ralston, zaino in spalla, si lascia vincere dalla spietata bellezza dei canyon, sorridente dopo un imprevisto incontro con due ragazze e decine di tuffi nel cuore blu profondo della terra, sfiora la roccia come un uomo accarezza una donna lasciandose incantare fino all'imprevisto tragico, una caduta, un masso che rotola e lo inchioda a terra serrandogli la mano.
"ops.. ops.. ops.."
Solo.. una piccola scorta di acqua e cibo sfiderà se stesso, metterà a nudo la sua anima, confesserà ad una telecamera il suo amore per la famiglia, chiederà perdono alla madre per la telefononata a cui non ha dato risposta, passerà dalla cieca rabbia all'inutile smarrimento fino ad un impercettibile anelito di vita, una sorta di premonizione che lo spingerà ad un atto violento ed estremo, l'unico capace di strapparlo alla roccia e restituirlo alla vita: segare il braccio con un coltellino. Un film di dinamica staticità (l'ossimoro è volontario) che mette in luce la bravura di James Franco e spinge a riflettere sulle potenzialità dell'uomo gettato nell'agone della natura. Bravo anche Danny Boyle in una regia che mescola flashback e visioni oniriche alla forza dei primi piani rendendoli funzionali ad una narrazione che trascina lo spettatore preparandolo all'angoscia pura dello scoramento delle ultime ore.

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