sabato 5 marzo 2011

"La fabbrica dell'obbedienza" di Ermanno Rea

Uno sfogo.. nato dall'impellente bisogno di raccontare, analizzare per certi versi, la decadenza dell'Italia. Questo dichiara nell'introduzione Ermanno Rea nel suo ultimo libro. Giornalista e scrittore napoletano, Rea ravvisa l'origine dei mali dell'Italia o meglio 'il lato oscuro e complice degli italiani' come ricorda il sottotitolo dell'opera, nella controriforma che 'espulse dall'Italia quell'homo novus appena plasmato sostituendolo con un suddito deresponsabilizzato, vera e propria maschera della sottomissione e della rinuncia a ogni forma di autonomia del pensiero'.
Scrive Rea: 'La chiesa tra '500 e '600 e anche oltre, fece conoscere con notevole anticipo all'Italia il fascismo che si annida tra le pieghe del potere, di qualsiasi potere, e tanto più di quello che non si accontenta di imporre le sue regole con la forza bruta ma pretende di impossessarsi della coscienza stessa del cittadino'.
Da lì in poi nulla è cambiato, se non negli strumenti usati per controllare.. per imporre il pensiero unico, nel caso di Berlusconi negli ultimi trent'anni: la televisione.. "con la televisione si può mutare il modo di pensare, stravolgere il lessico corrente, imporre mode e comportamenti, soprattutto in un paese dove soltanto il 29% della popolazione è in grado di vantare un livello accettabile di alafabetizzazione".
Eppure il libro di Rea si chiude con una proposta per superare l'innegabile drammatica crisi economica, sociale e politica che attanaglia il nostro paese, scosso da venti secessionisti di un nord che affonda nei pregiudizi. 'Può una condizione di assoluto svantaggio trasformarsi in un punto di forza, in un'occasione favorevole? (...) Perchè non sperimentare su una fetta limitata del territorio una soluzione alternativa, un modello di sopravvivenza in grado di rappresentare un termine di confronto utile anche agli altri?' Ovvero realizzare al sud quella che molti chiamano 'economia virtuosa'? Per farlo bisogna tornare all'homo novus del rinascimento, 'alacre, operoso, con i piedi per terra'.
Si potrebbe dire di più del libro di Rea, citare passaggi straordinari sulle potenzialità dell'uomo, su grandi interpreti dei secoli passati, esponenti di un modo nuovo di intendere l'uomo nel mondo e ancora rimandare all'interessante parallelo tra Giordano Bruno e Caravaggio: il primo rivendicò l'assoluto primato della verità su tutti i valori che concorrono a configurare l'etica umana, il secondo sostenne che è attraverso la verità che l'uomo può esprimere il meglio che è dentro di sè.
Che sia un semplice sfogo o qualcosa di più.. lo scritto di Rea è figlio del nostro tempo, è sprono all'uomo di oggi a sfuggire al giogo che i potenti di turno aspirano a imporgli, istiga a prendere coscienza, a dire no, a schierarsi in prima linea contro ogni forma di censura perchè come sosteneva Giordano Bruno 'il pensiero e la parola devono essere tassativamente liberi'. Sempre.

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