venerdì 11 marzo 2011

"Il gioiellino" di Andrea Molaioli

"Se i soldi non ci sono, inventiamoceli!"
Una piccola industria agroalimentare costruita negli anni per fruttare, soldi.. visibilità sociale.. in una sola parola: potere. La Leda principalmente produce il latte.. il corollario è un'azienda di famiglia destinata a far grandi cose: lanciarsi sul mercato, conquistare nuovi spazi commerciali all'estero, consolidare un patrimonio fittizio. Tutto intorno poche figure chiavi: il proprietario, gli amici potenti e lui il ragioniere: quello che in un modo o nell'altro riesce sempre a far quadrare i conti, anche quando porprio non dovrebbero. Uno che vive in simbiosi con il lavoro e che ha la presunzione di credersi indispensabile, semplicemente il migliore. In realtà è un uomo gretto, terribile, che si tiene stretto un bicchiere di buon vino la sera quando gli manca una donna a cui per asprezza di carattere mai confidare un bisogno, un sentimento. Ma la Leda altro non è che la Parmalat.. e il film di Molaioli il tentativo -peraltro riuscito- di descrivere senza alcuna pretesa di capire né di prender posizione, quanto accorso negli ultimi vent'anni. E' disarmante la pochezza di certi passaggi narrativi.. il politico che ricorda al propietario della Leda che per essere figure di spicco nel mondo degli affari bisogna possedere un'azienda, una squadra di calcio e una banca, ovvero agganci giusti per un credito illimitato dice una cosa tristemente vera. E se proprio questo terzo tassello come nel caso della Leda (alias Parmalat) manca, il denaro bisogna semplicemente crearlo dal nulla e poco importa se di mezzo ci vanno ignari cittadini sollecitati ad investire in quello che sembra essere un affare d'oro.. intanto c'è chi si arricchiosce impunemente sottraendo denaro dai conti già in rosso dell'azienda.. c'è chi sfreccia con auto di lusso per le strade di Parma.. c'è chi si bea di passeggiare per le vie del centro riverito come un dispensatore di felicità.. Un cumulo di ignobili menzogne, una facciata di rispettabilità dietro un muro di corruzione, iniquità, falsità d'ogni tipo. Fino allo sconcertante gesto di denuncia di un suicida, le voci che corrono.. non si trattengono più su quello che in realtà cela l'azienda: un enorme buco in rosso e il male torna ad abitare la faccia di uomini solo fino al giorno prima rispettati.
Dietro il potere il vuoto della nullità.
Un film che si regge sulla drammaticità della storia vera, e sulla bravura degli attori, su tutti Tony Servillo, la prima immagine, il suo primo piano basta a spiegare cosa è e cosa fa un attore. A dispetto di questo il film si schianta, si appiattisce su questo scorcio di provincia italiana che grida rivalsa, attenzioni. Un film che turba per la denuncia della spietata corsa al potere ma che non travolge. Forse perché siamo talmente abituati al 'male' nel dispiegarsi delle sue varie forme, a che nulla pur denunciato cambierà, che vederne la messa in scena è poca cosa.

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