domenica 16 settembre 2012

"E' stato il figlio" regia di Daniele Ciprì

Periferia degradata di Palermo. Casermoni popolari. Bimbi che giocano spensierati per strada. Improvviso uno sparo. Serenella, una manciata di anni, la spensieratezza nello sguardo che si chiude per l'ultimo volta su un mondo che ignora la sua esistenza. Il sangue che accarezza, avvolge il suo corpo mentre intorno si affacciano volti familiari. E' un momento e la precaria situazione familiare dei Ciraulo precipita. Perché Nicola, l'unico a campare la famiglia recuperando pezzi da navi in disarmo assieme al vecchio padre e al figlio vintino incapace di esprimere persino i suoi sogni in un tempo e in uno spazio in cui i sogni sono proibiti, non si dà pace. Mentre le donne della famiglia si disperano silenziose tornando operose in un quotidiano che le vuole forzatamente presenti, necessarie, Nicola si lascia andare salvo intravedere riscatto nel vagheggiato risarcimento per le vittime innocenti della mafia che potrebbe spettare a Serenella. Tra cicliche e impietose lungaggini burocratiche, strozzini inquietanti e surreali, e insulsi compromessi il denaro servirà a dare forma ai sogni.. ad un sogno che diventa comune: il possesso di un'auto che tutti possono e debbono invidiare e che enfatizza il nuovo status dei Ciraulo. Ma è fumo negli occhi. Non vi è riscatto alcuno nel possesso scevro dalla consapevolezza di quel che si ha e che rappresenta. E l'avventata sconsideratezza di una sera spingerà i Ceraulo l'un contro l'altro in un finale che enfatizza l'atavica prevalenza di leggi sociali proprie alle leggi dell'uomo, la spersonalizzazione dei vincoli familiari proni alla sopravvivenza più spiccia, una mafiosità insita in uomini e donne che si fa norma.
Una fotografia dai colori sfocati, immagini desolanti, volti grotteschi dipingono un fondale di umanità persa, osservata dallo sguardo inquisitorio di una bambina mai ammessa ai giochi dai compagni e ad un vecchio vestito di nero, coscienza messa a tacere in un posto dove non si ascolta che se stessi, dove si usa e abusa  della forza per emergere, diventare qualcuno. Schiacciato in un finale preconizzato dalla figura spenta e smunta che racconta in un ufficio postale le sue storie, lo spettatore resta attonito a fronte di tanto odioso, repentino far giustizia della vecchia nonna, uan strepitosa Aurora Quattrocchi. All'altezza l'intero cast, che dà profondità a una narrazione a tratti grottesca.

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