sabato 7 gennaio 2012

"La mia vita di uomo" di Philip Roth

"Potrei essere la sua musa, se solo me lo permettesse".
Peter Tarnopol è un giovane scrittore, un docente universitario, viene da una famiglia ebrea e non riesce a divorziare dalla moglie Maureen.
Siamo nell'America degli anni '60, fremiti di libertà, emancipazione e marce per i diritti degli uomini. Eppure Peter è un uomo tormentato, succube di un rapporto matrimoniale costruito su una bugia, e di una famiglia che ha sempre preteso dai figli niente meno che grandi cose. Il suo è dunque un talento castrato dai vincoli familiari, umiliato dal bisogno di altro cercato al di fuori di un matrimonio smaccatamente sbagliato, guidato da ore di analisi, supportato dalla ricerca di liberazione, estremo e sogno nel sesso con giovani studentesse, più decise di lui nel rivelare l'impossibilità a reggere unioni così complesse.

La straordinarietà e l'originalità della scrittura di Philip Roth, da sempre, sta proprio nella sua capacità assoluta di sviscerare la complessità dell'uomo, mettere a nudo la problematicità del rapporto padre-figlio, fotografare una generazione in conflitto, presentare il confronto ebrei-gentili, e rivelare la dinamicità funzionale dell'arte per leggere la vita.
Rieditato da Einaudi dopo 40 anni 'La mia vita di uomo' è se vogliamo romanzo nel romanzo, i primi due racconti, che aprono il libro, presentano la figura di Nathan Zuckermann, alter ego dell'autore, e dello stesso personaggio Peter Tarnopol che il lettore finisce per avvertire nella sua interezza di uomo, debole, incapace di provare davvero amore, vittima di un silente senso di colpa verso se stesso e incapace di esprimersi al meglio, comico, a tratti anticipatico e crudele eppure vibrante, drammatico, vivo come la potente scrittura di Roth.
Come tutte le opere di Roth.. imperdibile.

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