mercoledì 25 gennaio 2012

"La baracca dei tristi piaceri" di Helga Schneider

Estate 1942. Berlino. L'incontro tra i giovani Herta e Uwe sembra rapito al caso. I loro sogni però si infrangono contro il muro dell'odio e del pregiudizio. Uwe è ebreo per parte di padre. La sua colpa di lì a breve, nella Germania nazista, sarà espiare per essere venuto al mondo. La stessa Herta, respinta dalla famiglia, sarà condannata a tre anni di rieducazione politica e sociale nel campo di concentramento di Ravensbruck. E' l'inzio della fine. Lavori forzati, privazioni, punizioni corporali, inquietanti strategie del terrore, prevaricazioni sui più deboli. Un orrore da cui fuggire con ogni mezzo, a qualsiasi prezzo, persino alla rinuncia della dignità come persona, se mai era possibile conservarne ancora:
"Le candidate avrebbero ricevuto ottimo cibo, un piccolo salario e dopo sei mesi sarebbero state congedate. Le candidate devono fare cinque passi avanti. All'improvviso Herta fu animata da un unico pensiero: avrebbe avuto ottimo cibo, un piccolo salario e dopo sei mesi sarebbe stata liberata. Fece cinque passi avanti".
Herta accetta e viene scelta per essere una delle ragazze addette 'a un uso particolare' nel lager di Buchenwald, prostitute da bordello per soddisfare i prigionieri meritevoli e i soldati.
Herta se ne sarebbe pentita una, cento, mille volte.. negli anni a venire la vergogna di quello che era stato non l'avrebbe mai lasciata. 'Le prigioniere erano state degradate a oggetto il cui corpo doveva servire all'incremento della produzione bellica del Reich. Corpi che non dovevano essere altro che sesso'.
Quando ormai anziana, sopravvissuta, Herta racconta la sua storia il disgusto, gli orrori delle pene subite, lo scoramento per quelli che avrebbe potuto aiutare e non ha salvato, la perdita delle persone care la tormentano ancora ma raccontare, lasciare testimonianza dell'abiezione in cui è caduto l'uomo nel timore che tutto possa capitare ancora anima il suo corpo dolente e il suo cuore straziato.
Un espediente narrativo semplice per raccontare una pagina taciuta degli orrori perpetrati dai nazisti nei lager, lì dove 'il valore assoluto della vita e della dignità dell'individuo venivano calpestati'.

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