domenica 5 dicembre 2010

"Accabadora" di Michela Murgia

Tra gli scrittori 'emergenti' degli ultimi anni Michela Murgia è sicuramente tra le più interessanti, lo è senza ombra di dubbio la sua scrittura: capace, evocativa, elegante; lo sono i personaggi della sua storia intessuti di un lirismo, di un realismo che li rende presenti a se stessi prima che funzionali al meccanismo narativo; lo è lo scenario storico e sociale di sfondo in una Sardegna del dopoguerra che è al tempo stesso isola a sé e Italia ovvero parte e tutto insieme; lo sono i sentimenti, gli affetti familiari e non, che si intrecciano a un quotidiano di tradizioni, rituali, religiosismi, sottaciute leggende.
In 'Accabadora' Maria è una bimbetta di pochi anni, ultima di quattro figlie, famiglia povera la sua che dopo la morte del padre sopravvive appena. Poco più che un numero in casa, quando non 'l'ultima', la sua vita cambia quando Bonaria Urrai, una donna senza età, senza tempo, ammantata di rispetto quando non temuta in paese, la prende con sé, la sceglie come "fill'e anima", per farne sua erede, crescendola con amore per poi riceverne cura in tempo di bisogno.
La gente in paese mormora, quale reale motivo avrà spinto la vecchia Tzia Bonaria a prender Maria e quale fortuna per quella povera famiglia di sole donne.
Maria in breve tempo prenderà confidenza con gli ampi spazi in casa di Tzia Bonaria, smetterà d'essere "l'ultimo pensiero di una famiglia che ne aveva già troppi" per percepire su di sé le attenzioni, l'affetto sincero ma anche la fascinazione, la meticolosità della donna nell'arte del cucito per cui è tanto conosciuta e apprezzata in paese, seriosa e attenta in quel misurare, lavorare la stoffa che di lì a breve prenderà forma sul corpo di un uomo e una donna ma c'è di più.. Maria crescendo si chiederà cosa spinge la donna a uscir di notte, ad esser cercata dalla gente, la stessa che di lì a poche ore, finirà per osservare, vestirà il colore del lutto, perchè "il dolore è nudo, e il nero serve a coprirlo, non a farlo vedere".
Ma chi è davvero Bonaria Urria? Lo spiega lei stessa a Maria:
"Non mi si è mai aperto il ventre e Dio sa se lo avrei voluto, ma ho imparato da sola che ai figli bisogna dare lo schiaffo e la carezza, e il seno, e il vino della festa, e tutto quello che serve, quando gli serve. Anche io avevo la mia parte da fare e l'ho fatta (...) Io sono stata l'ultima madre che alcuni hanno visto".
Sì lei, che cuce e risana al contempo le ferite dell'anima, è capace di dare a chi la chiede una morte pietosa.. lei è l'ultima madre, l'accabadora.
Maria rinnega la verità, fugge lontano ma tornerà quando la vecchia avrà bisogno, in punto di morte, di quel conforto che lei è stata capace di dare ad altri e allora avranno senso le parole che Bonaria le aveva lasciato come saluto, ammonimento: "Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata". Maria ha perdonato, si è perdonata, ha preso confidenza con la sua stessa realtà prossima.
Ora si.. è tempo di morire per Bonaria Urria.
E' tempo di vivere per Maria.

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