mercoledì 6 ottobre 2010

"Un giorno" di David Nicholls

Un giorno. E' il 15 luglio 1988.
Un giorno. Ripensato, rivissuto all'infinito.
Un ragazzo e una ragazza: Dexter ed Emma.
Ricco, fascinoso, egocentrico, supponente il primo.
Carina, confusa, appassionata, idealista la seconda.
Nulla apparentemente li accomuna...
...apparentemente...
perchè in realtà una strana, inesplicabile complicità lega i due ragazzi.
Sin da quel primo giorno vissuto intensamente -il successivo alla loro laurea- Emma e Dexter sapranno di appartenere l'uno all'altra, amici, in qualche occasione amanti, sicuramente l'uno per l'altro punto di riferimento, e scontrosa coscienza critica.
Vite parallele le loro, difficili, arrise da falsi successi, illuminate da nuove speranze, costellate di amori, dolori, impegni reali o immaginari, da tanti falsi problemi, piccoli e grandi paure. In mezzo il timore di fallire, di non essere all'altezza delle aspettative di quando si aveva vent'anni appunto e si credeva di poter cambiare il mondo.
Poi basta un sorriso, la parola di un amico e si trova la forza per andare avanti, per credere in se stessi; perdonarsi e sentirsi degni dell'amore di chi ci sta intorno, in una parola provare ad essere felici.
Ma un giorno, non uno qualsiasi, il 15 luglio 2004, tutto potrebbe cambiare...
Un giorno, solo un giorno.

Una love story moderna in salsa british anni '90 che non ha nulla di straordinario quella di David Nicholls se non la capace macchina di marketing editoriale che lo ha trasformato in un libro ben venduto. La storia non è originale, non lo è la narrazione, non lo sono i personaggi -piuttosto stereotipati-, non lo è l'ambientazione, non lo sono le tematiche trattate -malattia, maturità/immaturità dei giovani, il convenzionale adattarsi alle circostanze della vita che spinge a mettere da parte i propri ideali, etc.- non lo è il finale, stentato, banale, spento.
Non si spiegano in alcun modo le lodi sperticate ad un romanzo che ha l'unica dote di "intrattenere" modestamente il lettore per un paio di ore.
E viene da chiedersi sempre più spesso, ma gli editori sanno ancora fare il loro mestiere? Se quello di Nicholls come altri sedicenti 'capolavori' letterari degli ultimi anni (basta limitarci alle nuove generazioni di autori italiani, per intenderci dai Giordano in poi.. per legittimare il senso di nausea che coglie l'accorto lettore) è spacciato per un bel libro, quali sono i canoni di riferimento? Non sarà che l'appiattimento culturale di oggi, che l'ignoranza diffusa spinge verso il basso anche la scrittura? Se questo è quello che offre il panorama editoriale occorre rifugiarsi nel passato, tenersi abbracciati i classici con l'accorata preghiera di non spacciarli come 'i libri preferiti da Bella e Edward' di Twilight per venderli, come fa la Mondadori. Per piacere.. e non venitemi a dire che in questo modo le ragazzine leggeranno la Austen! C'è di che inorridire.

Nessun commento:

Posta un commento