lunedì 2 agosto 2010

"Stabat mater" di Tiziano Scarpa

Prima metà del XVIII secolo. Ospedale della Pietà di Venezia. Cecilia è un'orfana. Ha sedici anni e invoca nella notte la madre che l'ha abbandonata. Il suo è uno struggimento puro che rende il suo spirito irrequito, incerto sul destino che accomuna le tante giovani ospiti dell'orfanotrofio costrette ad una vita da recluse, voci tacitate, corpi nascosti al mondo. L'unico anelito di libertà è sostenuto dalla possibilità di suonare, cantare e così regalare al mondo di fuori qualcosa che racconti di loro, che testimoni la loro presenza alla gente cancellando la colpa della loro nascita oscura. Così Cecilia, ostinata nel voler sapere del suo passato, nel capire le problematiche cui le donne sono condannate spesso per nascita, si aggrappa inconsapevolmente alla musica, la rifugge al tempo stesso ma quando un nuovo maestro arriva loro ad insegnare non può più nascondere il suo talento, quello che il cuore le detta e che riversa nella musica. L'insegnante è Antonio Vivaldi -il prete rosso- e per Cecilia scrive musica, geloso del suo talento e del suo straordinario modo di interpretare la musica al punto da sperare che nessuno la incovhi a sé. Sarà proprio attraverso la musica di Vivaldi che Cecilia leggerà nelle pieghe del suo passato tracciando la strada per un futuro tracciata sulla via della libertà.
Un libro dalla prosa asciutta, sfrondato da fronzoli ed espedienti narrativi, capace di parlare al lettore e trasferirgli le stesse emozioni che prova la giovane Cecilia. E per lei arrivare a Vivaldi e alla sua musica. A tratti inquietante, a tratti sublime.

Nessun commento:

Posta un commento