domenica 6 giugno 2010

"Spasimo" di Federico De Roberto

Un De Roberto così pochi lo ricordano. A voler esser pignoli pochi ancora ascrivono allo scrittore napoletano autore de 'I Vicerè' il plauso che merita. E invece sul finire del 1896 esce a puntate un romanzo il cui scopo è d'essere 'interessante' per piacere al pubblico femminile bisognevole di quella 'sospensione di curiosità' tanto cara ai romanzi in voga in Europa al tempo, per intenderci quelli usciti dalla penna di Collins, Conan Doyle e compagni.
Ben prima che il genere poliziesco furoreggiasse nelle letture degli italiani De Roberto se ne fa maestro proponendo al pubblico del tempo 'Spasimo'.
In una villa sul lago di Ginevra in un giorno d'autunno s'avverte un colpo di pistola. Poco dopo viene rinvenuto senza vita il corpo di una donna. Si tratta della bella contessa Fiorenza d'Arda. Si pensa subito al suicidio. Tutto lascia supporlo. Le sue sofferenze, le testimonianze delle persone che erano al suo servizio, i suoi scritti.
Eppure qualcuno si ostina a credere ad un assassinio.
Robert Vérod, caro amico della vittima, forse un nuovo amore, sospetta del principe russo Alessio Zakunine, compagno della donna, anarchico e rivoluzionario.
Incaricato delle indagini il magistrato Ferpierre, cui spetta il compito di dipanare il mistero.
Fiorenza d'Arda religiosa, caritatevole, di alti principi morali anche se assai ingenua in fatto di sentimenti, sembra decisa a negarsi ogni speranza, ogni gioia futura con un'altro uomo pur di non rompere il legame -pur mai ufficializzato, non per sua decisione- con Zakunine. Affranta per il fallimento personale, certa di scorgere nell'amicizia con Vérod non requie al suo tormento ma nuovo dolore guarda al suicidio come unica via d'uscita.
Così viene dunque interpretato il suo gesto. Ma può una donna religiosa peccare con il suicidio? Può una donna che riesce a salvare, a ridare forza di vivere agli oppressi, a Zakunine prima, allo stesso Vérod poi abbandonare la vita con un atto estremo, senza nemmeno un biglietto in cui spiegare? Può una donna che poche ore prima ha lasciato intendere di voler ancora amare, annullarsi fino a cercare la morte?
Il magistrato indaga sulla personalità complessa della vittima, ma va oltre e si interroga sugli altri protagonisti della vicenda. Immedesimandosi ora nell'uno ora nell'altro.
Cosa si cela dietro la morte della donna?
Un apparente banale triangolo amoroso mandato in pezzi dalla gelosia. O qualcos'altro?
Quali erano i sentimenti di Zakunine? Perché il principe aveva fatto ritorno nella villa della contessa dopo un lungo periodo di separazione? Cosa cercava? Protezione, denaro? Rivendicava l'amore quando sentiva di essere sul punto di perderlo per sempre a dispetto di un altro? E chi era la giovane russa che lo accompagnava? Una compagna di partito? Una nuova amante?
Alternando lunghi interrogatori, ascoltando i testimoni, leggendo i diari della vittima il giovane magistrato Ferpierre crede di essere arrivato alla soluzione del caso salvo essere scalzato da una nuova prova, da una confessione, che ribalta tutto.
Alla fine sarà l'assassino -provato dalla sua stessa coscienza- a rivelare tutto di sé, a raccontare gli ultimi tragici istanti di vita della bella contessa triste.
"Vi sono di queste creature venute al mondo per convertirci alle cose della quli purtroppo la vita ci fa dubitare. Il loro cuore è come una fontana di salute. voi felice che la conosceste, che l'amaste, che ne custodite gelosamente l'imperituro ricordo".
Felici noi lettori invece che abbiamo avuto modo di apprezare a distanza di più di ottant'anni dall'ultima edizione, un primo poliziesco all'italiana -anche se sui generis- ricco di una scrittura felice, viva, capace di trasmettere emozione, partecipazione per una protagonista -haimé vittima- trasfigurata nel giro di poche pagine da eroina virtuosa a istigatrice.
Una scrittura che affonda le mani nell'introspezione psicologica per dare un senso all'azione dei personaggi.
Una scrittura che rivela pensieri sull'amore, sul senso di dovere e responsabilità, sui patimenti tutti sofferti dall'animo umano.
Una scrittura che rifugge come accade oggi dall'orrore del dettaglio macabro senza per questo essere meno credibile.
De Roberto pertanto raggiunge l'obiettivo, il suo è davvero un romanzo interessante "nel senso che le lettrici danno a questa parola".. ovvero non noioso.

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