sabato 5 giugno 2010

"Glifo" di Percival Everett

Ralph..
un bambino..
la sua diversità.
Pochi mesi di vita e la straordinaria capacità di articolare pensieri, leggere, scrivere, analizzare l'ambiente e gli esseri che lo abitano. Di contro un ostinato mutismo.
Per suo padre -un professore universitario troppo preso da sé- Ralph è poco più che un mostro.
Per sua madre -vinta dall'incapacità di esprimere i proprio sentimenti attraverso l'arte- è l'essere da amare e proteggere.
Intorno..
sedicenti militari, ricercatori pazzi, preti ossessionati dal demonio, grandi studiosi e scimpanzè! Tutti coinvolti nell'obiettivo di mettere le mani sul piccolo genio per sfruttarlo, analizzarlo o eliminarlo.
Un finale aperto legittima un'auspicata normalità.

A dispetto di Ralph e i suoi prodigi spiazzanti, la vera protagonista di 'Glifo' è la scrittura innovativa -non finiremo mai di dirlo- di Everett.
Difficile, caotica, impegnativa con continui rimandi eruditi a linguaggi altri e pensieri filosofici. Un apparente guazzabuglio in cui si mescolano schemi grafici, artifici narrativi, poesie, dialoghi surreali tra pensatori del passato e linguisti contemporanei ma anche osservazioni logiche e l'elogio dei sentimenti sulle diverse forme di sapere.
Ralph svincola dalla sua vita di potenziale caso scientifico affidandosi alle cure dell'unico essere che lo ama a prescindere da quel che è: sua madre appunto.
Del resto, canoni di stile a parte, come suggerisce il piccolo Ralph (peraltro voce narrante): 'solo una storia è una storia'.

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