venerdì 1 febbraio 2013

"Il rosso e il blu" di Marco Lodoli

"Bisogna sempre essere sinceri, ma prima bisogna educarsi a pensare, dubitando almeno un poco che ogni nostro prurito sia una verità assoluta da grattare in pubblico"
Il rosso e il blu ovvero cuori ed errori nella scuola italiana. Così declina il titolo. Ma si potrebbe correggere il tiro e aggiungere orrori della scuola italiana e l'impressione che se ne ricava leggendo il libretto di Lodoli è proprio quello, che a volte di un orrore dopo l'altra sia teatro la nostra scuola.
Torbe di ragazzi senza rotta, svogliati, proni al dio denaro, l'unico che possa concedere loro una via di fuga dalla realtà di assuefatta pochezza, compromessi, sacrifici; la cultura, il sapere ridotti ad un bignami di parole vuote come i sentimenti. Al posto della fatica la leggerezza, il disimpegno, quasi che poco o nulla serva per galleggiare nella società degli artifici, dei bisogni indotti. Eppure si ritrova ancora passione nella scuola, in molti insegnanti che sfidano lo scoramento e lo sberleffo degli alunni per comunicare, trasmettere non solo nozioni ma curiosità, interesse verso la propria materia. E ancora occasione per maturare, mettersi alla prova, conoscere e conoscersi.
E' cambiata e cambia ancora molto la scuola, non più elemento portante della società ma imbuto di sogni. Mesi, anni di forzata coabitazione, tra alunni e professori in vista della meta finale: un diploma, frutto di studio e compromessi, illogiche elaborazioni, immaginifiche interpretazioni. E lì dove un tempo vi era silenzio e rispetto adesso vi è confusione e stordimento, nulla più che un campo di battaglia dove inscenare finzioni, tutto in nome della libertà d'espressione.
I ragazzi sono diversi dai loro padri, nonni.. e pure nella loro drastica soggezione al tempo moderno che tutto consuma regalano spunti di  inquietante analisi sociologica. Questo poi per certi versi si rivela il libro di Lodoli, mescolando aneddoti personali ad una proposizione verosimile della scuola d'oggi.
"Le cose non sono difficili a farsi, ma noi, mettere noi nello stato di farle, questo sì è difficile".
Questo, pare dire l'autore, dobbiamo alle nuove generazioni. 
Mettere i ragazzi nelle condizioni di migliorare il proprio tempo senza sentire il bisogno di rigettarlo, fuggirlo.

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