domenica 17 febbraio 2013

"Rosa candida" di Audur Ava Ólafsdóttir

"Ho una paura matta che da fuori si veda quello che mi passa per la testa".
Lobbi. Ventidue anni. L'irreparabile alle spalle. La speranza nel suo futuro.
La perdita improvvisa della madre. La sua eredità stretta in una mano: la talea di una rosa ad otto petali, senza spine, la Rosa candida.
 Il bisogno: trovare un tempo, un luogo, uno spazio dove ridurre il suo dolore, dargli forma e imparare a vivere, far crescere la rosa a otto petali e aver fiducia nel prossimo..
Tanto più se il prossimo è la giovane Anna, la donna amata per una notte sola e la piccola Flóra Sól, sua figlia di sette mesi, una fatica irreale nel pronunciarne anche solo il nome.
Eppure in un paesino arroccato nel nulla, lontanissimo dalla sua terra, nel giardino di un monastero Lobbi ritroverà se stesso come per incanto, complice la mano tesa di tanta brava gente, i consigli di padre Tommaso, il sorriso di sua figlia e l'amore inaspettato per Anna, capitata lì quasi per caso.
"E' così che nasce la mia nuova vita. E' cosi che la realtà viene alla luce".
Una piccola storia sull'elogio della lentezza nell'approcciarsi con i giusti tempi alla maturazione personale, all'elaborazione di un lutto, all'affrancarsi dagli orpelli esteriori di una vita che chiede solo di amare e lasciarsi amare. Una narrazione minima, emozionale che scardina il consueto per tratteggiare paesaggi e personaggi fuori dal tempo, incantando con descrizioni di un giardino riportato alla vita dall'amore, profumi di rose e neonati che risvegliano un paese intero.
 "Se si vivesse con la testa e basta, sarebbe impossibile incontrare l'amore".

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