venerdì 21 gennaio 2011

"La versione di Barney" regia di Richard J. Lewis.

Barney Panofsky ovvero.. un produttore ebreo di una strampalata soap opera, costretto a ricordare la sua vita, le sue amicizie, i suoi amori, le sue scelte -a volte anche drammatiche- a seguito di un libro in cui un vecchio detective a distanza di trent'anni lo accusa dell'omicidio dell'amico Boogie, brillante ed eccentrico scrittore.
Irriverente, strampalato, generoso, romantico, ma anche fortemente insicuro Barney ricorderà i periodi trascorsi a Roma con gli amici artisti e la prima moglie morta suicida, l'apatia con la seconda moglie ebrea, una parvenue logorroica, pretenziosa e antipatica e l'adorata terza moglie Miriam, la madre dei suoi figli, una speaker radiofonica amorevole, saggia, paziente.
Paziente come l'amore che lo lega a Barney, un pò cafone, indifferente ai suoi bisogni, ai suoi amici, ai suoi interessi, drammaticamente attaccato a lei da perdersi nei pochi giorni in cui le è lontano rovinando tutto, macerandosi di lì in poi nel lamento, nella gelosia fino a spegnersi giorno dopo giorno con la malattia salvo veder riconsciuta la sua estraneità a quell'ancestrale dubbio sulla scomparsa di Boogie e sapersi -nonostante tutto- amato e rispettato da quanti gli erano stati intorno: amici, colleghi, parenti.
"...la vita è reale, è fatta di piccole cose: minuti, ore, sonnellini, commissioni, routine... e questo deve bastare..."
Nel complesso un buon film quello di Lewis, nonostante una narrazione a tratti lenta -di certo non al passo con la sfolgorante scrittura di M. Richler. Brillante l'interpretazione di Giamatti, a dir poco esilarante il grande Hoffman, bellissime le musiche -struggenti i pezzi di L. Cohen- e i riferimenti a grandi autori del passato come Heinrich Heine. Da questo punto di vista un film 'non per tutti'. Difficile cogliere il senso di certe frasi, di certi contesti culturali.

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