domenica 20 novembre 2011

"L'agente segreto di Cavour" di Nico Perrone

"L'agente segreto di Cavour", titolo appetibile, che occhieggia al lettore quasi quanto il sottotitolo 'Giuseppe massari e il mistero del diario mutilato' è l'ultimo libro edito da Nico Perrone, docente universitario, ricercatore, storico attento a dare luce a piccoli misteri su figure solo apparentemente di nicchia della storia moderna e contemporanea. Un uso attento delle fonti -punto focale del lavoro del ricercatore- e la naturale propensione alla ricerca della verità hanno spinto Perrone a interrogarsi sulla figura storica e sul ruolo pubblico e politico del pugliese Giuseppe Massari, più volte parlamentare, segretario privato di Cavour dall'agosto del 1858 al settembre del 1860, negli ultimi concitati mesi che portarono all'unità d'Italia. Di quel periodo Massari tenne un diario quotidiano in cui annotava tutto, stralci interi delle conversazioni di Cavour, dei colloqui ufficiali che il primo ministro tenne con politici italiani ed emissari delle corti europee. Massari fu valente biografo di Vittorio Emanuele II, era accorto uomo di corte, capace uomo di lettere, audace autodidatta negli studi dopo la precipitosa e necessaria fuga a soli diciassette anni in quel di Parigi per sottrarsi alle carceri borboniche. Il suo nome è tuttora legato, quasi esclusivamente, alla relazione sul brigantaggio, più volte sollecitata dalla sinistra per denunciare gli errori e gli abusi gravissimi ai danni della popolazione meridionale, e precipitosamente redatta nel giro di pochi mesi dal dicembre 1862 al maggio del 1863, manchevole dell'opportuna osservazione diretta sul territorio e di un'analisi sociale che avrebbe giustificato ben altri interventi. C'è chi come il Miceli in Parlamento ebbe a dire in risposta ai lavori della commissione sul brigantaggio: "C'è l'Italia, là, signori, e se vorrete che l'Italia si compia, bisogna farla con la giustizia, e non con l'effusione del sangue". Ma Massari fu coscienzioso uomo politico, il suo diario, interrotto volutamente o forzatamente, avrebbe forse potuto dir di più dell'agire politico di Cavour ma resta integra la sua dedizione alla causa italiana. "Gli ultimi anni li passò a Roma, dimenticato, senza una casa, ospite di amici: era in miseria, perché le cariche pubbliche allora non erano retribuite e non davano pensione, né mai egli ne approfittò per interessi propri".

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