
Una manciata di pagine per un racconto che toglie il fiato proprio come in cima alla montagna che un figlio scala per ritrovare il padre perduto. Un ascolto forzato, imposto a se stesso, in cui figlio e padre si sfiorano, si riconoscono in quell'assenza imposta dalle scelte di una generazione rivoluzionaria che usava il noi per appartenenza a una causa politica, che credeva di cambiare il mondo salvo scavare il vuoto intorno, un vuoto di sentimenti, a volte di responsabilità, come di un padre che abbandona il figlio, lo tiene forzatamente, volutamente fuori dalla sua vita, lontano dal carcere per sopravvivere, a se stesso, al crollo delle illusioni perdute. Salvo ritrovarsi lì, su una montagna, a dispetto di una morte, pure quella solitaria, e servire, spiegare, perdonare quel "tu non c'eri" di un figlio con un annuncio di vita e un proposito deciso "
gli sarò padre".
La scrittura di De Luca, splendidamente riconoscibile nel mare di parole banali della editoria italiana, riempie di significato ogni pagina scritta.
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