sabato 13 novembre 2010

"La sposa gentile" di Lia Levi

Amos Segre è un giovane banchiere ebreo. Il capodanno del '900 segna per lui uno spartiacque. E' ora di prendere impegni, di dar forma ai sogni: consolidare le sue fortune e metter su una famiglia patriarcale. Se il primo dei suoi obiettivi è già cosa fatta difficile si prefigura trovar moglie, pare che affidarsi alle buone conoscenze della sorella Anna possa ispirargli l'incontro con la bella Margherita e sistemar tutto eppure ad un passo dal fidanzamento che tutti danno già per scontato ecco che l'irrazionale prende forma nel corpo sinuoso, nel volto bellissimo, negli occhi vivaci, nella bocca sensuale di Teresa che Amos inizia a frequentare di nascosto fino a lasciarsi vincere dalla passione, giorno dopo giorno. Sarà lei la donna che Amos deciderà di amare, a dispetto della sua famiglia, della comunità ebraica che all'improvviso gli volta le spalle, perchè Teresa è una cristiana.
Lei, la sposa gentile, riuscirà però a trasformarsi nella donna che tutti avrebbero voluto vedere al fianco di Amos. Una sposa ebrea. L'unica capace di riunire la grande e numerosa famiglia Segre intorno a un tavolo per le feste relgiose, l'unica a sostenere tutti, l'unica a custodire gelosamente le tradizioni, lei che tutto si è lasciato alle spalle con l'unico proposito di amare incondizionatamente Amos, di farlo 'contento'. Per questo assorbire la fede del proprio sposo è cosa normale fino alla sua morte.
Allora "da quella sagoma che formava il suo corpo in movimento se n'era fuggita via l'anima. Non l'anima dei filosofi e degli uomini di fede ma la piccola anima, quella che dà un senso preciso alle umili cose di tutti i giorni, come lo stoppino a una candfela o la pila che permette di accendere una torcia".
Poi era arrivato il 1938, le leggi razziali e nulla era stato più come prima.

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