martedì 24 dicembre 2013

"Il manoscritto ritrovato ad Accra" di Paulo Coelho

"Ora che sono giunto alla fine della vita, lascio a coloro che mi succederanno tutto ciò che ho appreso mentre camminavo sulla superficie della Terra. Che ne facciano buon uso".
E' il 14 luglio 1099. Di lì a poche ore la città di Gerusalemme verrà invasa dai crociati. Un uomo anziano, straniero, conosciuto come il Copto, parla alla gente della città, musulmani, ebrei, cristiani, insieme nelle ore che preludono la fine.
E' un momento e intorno all'uomo si fa silenzio. Il suo non è un incitamento alla battaglia, non è un invito a resistere. Parla, racconta, ricorda quel che ha osservato, imparato in una vita intera. Il suo è un'appassionato e sincero incitamento a farsi testimoni di vita, una vita in cui la vera saggezza sta nell'aver amato e rispettato se stessi e il prossimo, nell'aver riconosciuto le difficoltà per trarne insegnamento, nell'aver fatto della gioia un faro e della quotidianità l'occasione per cogliere il presente e non temere la morte.
Nel cuore di tutti un bagaglio di parole, parole che nel tempo tanti troppi uomini fuggiranno, dimenticheranno volutamente, parole che raccontano delle paure e delle gioie dell'uomo, che sanno di solitudine e comunione, sfidano destino e ansie, descrivono la bellezza e la purezza dell'amore che supera odi e rancori, parla di sfide e cambiamenti. Un messaggio potente perché potente è chi se ne fa interprete. 
"Coloro che fanno realmente del bene agli altri non cercano di mostrarsi utili, ma si impegnano per condurre una vita retta e interessante. Non offrono quasi mai consigli: costituiscono un esempio da imitare".
Paulo Coelho rielabora il manoscritto ritrovato dall'inglese sir Walter Wilkinson nel 1974 nei pressi di Nag Hammadi, scritto in arabo, ebraico e latino, rendendolo accessibile al lettore con una narrazione fluida e coerente che stimola riflessioni e invita a cogliere nell'individualità del nostro agire gli attimi da portare a modello per arginare la morte dell'anima. 

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