domenica 11 novembre 2012

"Le donne perdonano tutto tranne il silenzio" di Rosa Matteucci

Su un set cinematografico, ai piedi di un calvario grottesco quanto i volti della gente che lo abita, scivolano figure reali e figuranti di ogni tempo e ogni dove. Uomini e donne ammalati di un morbo che esiste da sempre senza speranza alcuna di essere debellato: l'amore; incapaci di guardarsi dentro, accettare i propri limiti, rassegnarsi a soccombere al proprio destino o impetuosamente ribellarsi, semplicemente vivere.
Qui, tra fantasia e realtà, incubi dettati da cattiva digestione o asfissia umorale, si incrociano Marta e Maria, sofferenti per uomini che non hanno saputo, voluto, potuto amarle. Inquiete, diversissime tra loro, eppure prossime, inspiegabile sostegno l'una delle pene dell'altra, consapevoli che "come tutte le donne lei sopporta le parole più dure, accetta gli schiaffoni, le mezze verità, i tradimenti ma ai silenzi degli uomini non si perdona mai".
Perché "la vita delle donne è sempre stata condizionata dal potere degli uomini. Per noi non c'è mai stata libertà di esistere, contiamo soltanto in funzione loro, sempre per derivazione: la figlia, la madre, la sposa, la sorella, l'amante, la fidanzata. Solo la puttana resiste a prescindere dagli uomini. Siamo come bamboline vudù, in cui conficcare spilli". Fallaci, instupidite dalla sindrome dell'io ti salverò, certe di poter amare anche chi non s'ama, di avere quel che l'uomo non ha e cerca, destinate al sacrificio e per questo deboli, esposte.
La scrittura della Matteucci è mordace. Un pugno nello stomaco, capace di dire quello che tutti pensano ma tacciono per pudore, e timore d'esser accusati di frigidità mentale, anarchia sessuale, spudoratezza. E invece le osservazioni anche sulle abitudini quotidiane, quello che accettiamo per pigrizia, conformismo, buonismo sono originali, deliranti, divertenti. La Matteucci è indisponente, vera, originale.

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