venerdì 2 aprile 2010

"L'uomo verticale" di Davide Longo

"Sappiamo che conservi le storie, vorremmo ascoltarle".
Il mondo sarà salvato dalla parola. Così ne 'L'uomo verticale' il declino della civiltà in un futuro prossimo annienta le relazioni umane, acuisce i bisogni, disintegra la società lasciando l'uomo nudo al mondo, costretto a degradarsi come tale, farsi aggressivo, disconoscere i sentimenti per sopravvivere e sperare nella salvezza, rappresentata dall'approssimarsi di un confine prima poi dalla semplice speranza ospitata in una nuova vita, dall'istinto naturale dell'uomo di creare una comunità, del bisogno quindi primordiale delle parole, di una storia, quasi come di un pezzo di pane o di un bicchiere d'acqua. Il viaggio in fondo a se stesso e poi in un pregrinare di angoscia, perdizione e riscatto del protagonista Leonardo riesce a coinvolgere e sconvolgere al tempo stesso il lettore, che trova inquietante e realistica l'incombente 'fine' del mondo che l'uomo conosce. Una scrittura potente e qualificata, personaggi forti, descrizioni vivide. Un romanzo estremo che impatta nel lettore per la verosimiglianza del racconto con molti aspetti della società moderna, costellata di assenza di regole e sopraffazione, con l'idea stessa di essere già in un 'day after' costante.
Romanzo difficile da scacciare via dalla testa.

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