giovedì 29 aprile 2010

"Agora" per la regia di Alejandro Amenábar

"..credo nella filosofia" così Ipazia risponde all'assemblea cittadina che la interroga sulla sua fede.
Siamo ad Alessandria d'Egitto nel IV secolo d.C.
La città del faro illumina di conoscenza, con la sua magnifica biblioteca e gli illustri uomini che vi insegnano, il mondo conosciuto. Ma la tolleranza e il rispetto delle reciproche diversità, tra i temi appresi dai giovani alessandrini alle lezioni della brillante filosofa ed astrologa Ipazia, sono all'improvviso messi in discussione.
La felice convivenza religiosa si trasforma con l'appoggio di Roma in aperta lotta armata e i cristiani, fidando nel braccio armato dei parabolani, finiscono per imporsi sui pagani prima -ridotti al silenzio e costretti alla conversione- sugli ebrei poi -massacrati ed esiliati- e sugli stessi cristiani infine, rei di non allinearsi alle posizioni del vescovo Cirillo sull'interpretazione delle sacre scritture.
In mezzo a tutto questo c'è lei Ipazia, la cui unica ragione di vita è lo studio, quel cercare nelle stelle un supporto alle teorie antiche finanche da confutare per sfidare ogni giorno se stessa nella comprensione di quel che non si può spiegare. Per la scienza, per la filosofia, per l'astrologia e l'intuizione felice che i pianeti compiono un'ellissi intorno al sole Ipazia sacrifica l'amore devoto di Oreste e alla fine la sua stessa vita. Tacciata di stregoneria da Cirillo che vuole la donna dimessa e silenziosa al cospetto dell'uomo, Ipazia finirà i suoi giorni lapidata ma le sue teorie sono lette e interpretate ancora oggi.
Quello di Amenábar appare chiaramente come un film scomodo, comprensibilmente osteggiato dalla Chiesa sebbene stilisticamente e visivamente non sia un capolavoro. Trae però forza dalla magnetica interpretazione della Weisz, dalla storia raccontata per quella che è: il drammatico affermarsi in ogni epoca e tempo dei fanatismi religiosi e politici. Il vescovo Cirillo sembra un dittatore ante litteram e il cristianesimo delle origini tutto amore, pietà e perdono si inframmezza al sangue degli innocenti e di quanti forti della parola e delle armi si impongono sul libero arbitrio.
Ipazia come simbolo di libertà, di ogni libertà messa a tacere dalla violenza, dal potere.
Un film che costringe a riflettere e il cui messaggio -universale- non si può dimenticare.

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