martedì 9 marzo 2010

L'umiliazione

E' un attimo e drammatica in Simon Axler si fa strada la consapevolezza di aver perso la magia.. di stare sul palco, di far presa sulla gente, amare e lasciarsi adulare come è tipico di un protagonista. E' il declino di un attore, di un uomo. Un declino fisico e di più mentale. Al punto che nulla o poco resta se non la fallacia di governare l'arbitrio, di veicolare il destino verso una fine tragica ma scelta: il suicidio. Ma il coraggio manca e allora dopo un mese o poco più di cure in una clinica psichiatrica in cui lasciarsi governare dagli altri e rispecchiare le proprie fragilità in chi il dramma è fortemente più reale, come Sybil Van Buren, una madre che non si perdona la distrazione di aver scelto un mostro pedofilo come compagno di vita, la probabile rinascita ha il volto di una quarantenne lesbica scampata ad una relazione devastante, Pegeen, comparsa un giorno per caso alla porta di casa, bisognosa di attenzioni o forse in cerca di una sfida che finirà per travolgere Simon, succube di un desiderio erotico inquietante, volutamente deciso a lasciarsi vincere dal disastro incombente dell'ennesima relazione finita male, da un ultimo spiraglio di vita strappato via con l'illusione atroce di essere lui necessario a qualcun'altro. Per vincere l'umiliazione del distacco, della perdita, l'unica possibilità è uscire di scena da protagonista, una volta ancora, come in un dramma di Cechov.
Scandalosamente spiazzante, una prosa suadente; il buon vecchio Roth colpisce ancora e inchioda con uno sparuto mucchio di pagine il lettore coinvolgendolo nella devastata psiche del suo protagonista.

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